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venerdì 11 aprile 2014

PIONIERISTICHE ESCURSIONI SULL'ETNA

Ascensioni sul cratere tra la fine del secolo XIX e lo scorso secolo nelle fotografie di una monografia edita nel 1907 dall'Istituto Italiano d'Arti Grafiche di Bergamo

Escursionista sulle nevi perenni
dell'Etna nei pressi del cono centrale.
Lo scatto è attribuito ad Alinari
e venne pubblicato nella monografia
"Etna" edita dall'Istituto Italiano d'Arti Grafiche
di Bergamo nel 1907.
Il volume faceva parte della collana "Italia Artistica"
e contiene un testo del geologo e naturalista
Giuseppe De Lorenzo

Fu nel 1907 che l'Istituto Italiano d'Arti Grafiche di Bergamo dedicò il numero 36 della collezione "Italia Artistica" all'Etna.
Il volume faceva parte di una collana che aveva già visto la pubblicazione delle monografie illustrate dedicate a Girgenti, Catania, Taormina - e, in unico numero - Nicosia-Sperlinga-Cerami-Troina ed Adernò.
Il libro dedicato all'Etna conteneva 150 fotografie e tre tavole, oggi piuttosto interessanti per gli appassionati di vulcanologia e di storia locale perché documentano alcune eruzioni avvenute tra il 1883 e gli inizi del secolo XX.



Sopra e sotto, due fotografie
realizzate sul ciglio del cratere centrale,
a circa 3300 metri di quota.
Gli scatti vennero realizzati da Carlo Brogi

Non meno singolari sono poi quelle fotografie in cui vengono ritratti ricercatori o semplici escursionisti impegnati nello studio o nella visita del vulcano.
La monografia contiene inoltre un lungo testo di Giuseppe De Lorenzo, geologo e naturalista lucano ( 1871-1957 ), che studiò da vicino l'Etna a partire dal 1891. 
Le sue osservazioni scientifiche e le numerose citazioni storiche e mitologiche arricchirono un volume che seguì di qualche decennio la descrizione del vulcano fatta dal geografo francese Elisée Reclus nell'opera "La Sicilia e la eruzione dell'Etna nel 1865".



Sopra e sotto,
escursioni in località Montagnola sul piano del Lago.
Entrambe le fotografie sono attribuite ad Alinari


Al contrario di Reclus, che nel suo reportage racconta l'ascensione sino alla bocca del cratere centrale ( "raggiunsi infine la sommità del cratere... è impossibile immaginare spettacolo che disgradi in bellezza e maestà quello offerto dai tre mari Jonio, Africano e Sardo, che colle loro onde più azzurre del cielo circondano il vasto triangolo delle montagne Sicule sparse di città e di fortezze... La massa immensa del vulcano, il cui diametro non è minore di quindici leghe, si dispiega largamente sotto al cratere sovrano colle sue zone concentriche di nevi, di scorie, di verzura, di villaggi e di città...)   De Lorenzo non fa cenno alle escursioni da lui compiute sulle pendici vulcaniche.


Sopra e sotto,
escursione con muli sul vulcano
e fumarole della colata del 1892.
Gli scatti sono attribuiti a Riccò


Lo studioso di Lagonegro indulge piuttosto sulla citazione delle opere letterarie in cui l'Etna è stato nel corso dei secoli protagonista - da Eschilo a Pindaro, sino ai latini Lucilio, Orazio, Virgilio ed Ovidio - per arrivare alle pagine di Goethe.
De Lorenzo, infine, offre anche una complessa ricostruzione filologica del nome Etna:

"Deriva dalla radice indoeuropea 'idh=aidh', che significa ardere, da cui deriva il latino 'aestus' e l'indiano 'indhas', che significa il legno per far fuoco, e 'indra', il fiammeggiante. 
Il nome si è formato con l'elemento verbale 'aidh' ed un suffisso nominale primario, anch'esso indoeuropeo, 'na', che originariamente aveva significato di participio perfetto. 
Così che, se si assume 'aidhna' come la forma fondamentale di Etna, tale parola significa arso, oppure ardente, come ben si conviene ad un vulcano, e come è avvenuto pure per altri vulcani, come il Vesuvio, il Fuji, i cui nomi hanno il medesimo significato di fuoco e di fiamma.
Non è possibile però dire, se un tale nome derivi da un popolo italico o da uno greco, e se quindi lo abbiano trovato i primi navigatori greci, o se questi lo abbiano ricevuto in retaggio dagli antecessori Siculi o Sicani...".



Sopra e sotto,
l'osservatorio etneo
danneggiato dalle esplosioni del 1899
e la cantoniera sotto la Montagnola, a 1182 metri di quota.
La prima fotografia è attribuita a Matteucci,
la seconda a Carlo Brogi



Notazioni filologiche a parte, l'opera di De Lorenzo si distingue appunto per il suo apparato fotografico, che ReportageSicilia ripropone parzialmente nel post.
La selezione delle immagini ha preferito puntare l'attenzione sulla presenza di quegli escursionisti che tra la fine del secolo XIX e gli inizi del XX, per studio o per passione, si cimentavano nella pionieristica ascensione del vulcano.
A questo proposito, qualche anno dopo la pubbicazione della monografia, la Guida Rossa del TCI della Sicilia edita nel 1919 forniva queste preziose indicazioni:

"L'ascensione all'Etna, una delle più grandi attrazioni non solo sicule ma italiane, non deve essere tralasciata da nessun turista, che possa fisicamente affrontarla.
Ben preparata, essa non presenta affatto, da Nicolosi e col mulo, fatiche particolari e può essere fatta anche da signore svelte.
Essa non presenta alcuna difficoltà nella stagione estiva, da luglio a metà ottobre, salvo s'intende quanto è in dipendenza dalla sua lunghezza e dall'altitudine.
Ma, quasi tutti gli anni, lunghi periodi di bel tempo permettono di fare l'ascensione, non solo in primavera ed autunno molto avanzato, ma anche durante l'inverno.
Il CAI sezione Catania ha un corpo di guide, poche sono adatte per l'ascensione invernale. D'inverno le difficoltà inerenti alla neve sono aumentate dalla lunghezza del percorso, che rende l'impresa molto faticosa e talora impossibile. I muli, d'inverno, arrivano ordinariamente da Nicolosi solo alla Cantoniera.



Sopra e sotto,
il fianco occidentale e quello orientale
del cratere centrale dell'Etna.
Le fotografie sono attribuite
ancora una volta a Carlo Brogi


Sulla montagna, specie verso la cima, spirano di frequente fortissimi venti, specialmente da Ovest; la temperatura si mantiene molto bassa anche nei mesi più caldi, talora scende sotto lo zero nelle notti estive; è necessario perciò equipaggiamento adatto. 
Le calzature, debbono essere forti, per le lave aspre e taglienti: munirsi di occhiali da auto contro la cenere vulcanica assai molesta, specialmente sul cratere, e che, talora, rende penosissima l'ascensione del gran cono. 
In inverno ed in primavera, gli occhiali siano colorati per le nevi; l'equipaggiamento deve allora essere come per una ascensione alpina...". 


          

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