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sabato 21 giugno 2014

CARLO LEVI AD ACI TREZZA


Nel 1951 lo scrittore torinese ed il fotografo Federico Patellani visitarono il borgo descritto da Verga e Visconti.
Due anni dopo, quel reportage sarebbe stato pubblicato da "L'Illustrazione Italiana"

Decorazioni su una barca di pescatori ad Aci Trezza.
Le fotografie del post risalgono al 1951
e portano la firma di Federico Patellani.
Gli scatti illustrarono un articolo
dello scrittore torinese Carlo Levi.
Il loro reportage venne pubblicato
nell'aprile del 1953
dalla rivista "L'Illustrazione Italiana"

Le fotografie di Aci Trezza riproposte da ReportageSicilia vennero pubblicate sulla rivista mensile "L'Illustrazione Italiana" nell'aprile del 1953.
Le immagini portano la firma di Federico Patellani - all'epoca uno dei maestri del fotogiornalismo italiano - e corredarono uno dei reportage compiuti in quegli anni nell'isola dallo scrittore e pittore Carlo Levi.
L'autore di "Cristo si è fermato ad Eboli" avrebbe raccolto le sue narrazioni su fatti e personaggi della Sicilia del secondo dopoguerra nel 1955, nel libro "Le parole sono pietre - Tre giornate in Sicilia" ( Einaudi ). Nell'introduzione, lo stesso Levi invitava il lettore a cercarvi cose "semplici e modeste delle cose di laggiù, come possono cadere sotto l'occhio aperto di un viaggiatore senza pregiudizi...".
I racconti così descrivevano alcuni episodi salienti della inquieta realtà sociale dell'isola: le lotte dei braccianti agricoli per la terra, le rivendicazioni dei minatori, il sindacalismo braccato dalla mafia; un periodo ricco di fermenti e di spinte conservatrici, insomma, in un contesto storico segnato dal ricordo del caso Giuliano.
Il reportage di Levi ad Aci Trezza risale al 1951; in quelle stesse settimane lo scrittore avrebbe avuto modo di osservare e poi descrivere il ritorno del sindaco di New York Vincent Impellitteri ad Isnello, suo paese natale.
Levi visitò il borgo marinaro reso famoso tre anni prima da Luchino Visconti in "La terra trema"; in quel viaggio siciliano avrebbe scritto anche dell'Etna e di Bronte.


Nella didascalia che accompagna la fotografia si legge:
"Sotto il grigioazzurro del cielo il porticciolo di Aci Trezza
appare come la sede di un piccolo paradiso.
Ad ogni passo si ha l'impressione
di incontrare i personaggi di Giovanni Verga"

Proprio il richiamo al film è presente sia nel titolo dell'articolo - "La terra dei Malavoglia" - che nell'incipit del pezzo:
"Ci eravamo fermati, appena scesi dall'automobile, sotto le prime gocce di pioggia, sulla piazza di Aci Trezza, a guardare la facciata della chiesa di San Giovanni. 
Sembrava, nel vero, più piccola di quanto appaia in 'La terra trema', e nell'umido grigio azzurro del cielo il suo bianco sembrava diverso da quello indimenticabile, tenero e livido di alba, con cui essa appare al principio del film di Visconti...'.
Di quella Aci Trezza - ben lontana oggi dall'immagine che ne diede "La terra trema", e dove difficilmente si potrebbe rivedere quello che Levi avrebbe descritto come "l'incanto di questo paese così legato all'arte che ne è nata, il colore dell'aria, del mare e della terra, le case rosate, modeste e civili..." - lo scrittore poteva ancora affermare: "mi pare che qui tutto debba sempre essere stato così e che sempre sarà così".
Una delle tre fotografie scattate da Patellani si lega alla descrizione delle numerose barche di pescatori allora ancora attive ad Aci Trezza:
"Eravamo scesi intanto tra le barche, sulla riva: erano come fiori colorati, come carri siciliani senza ruote, con i santi dipinti e le scritte sui bordi. 
Quasi tutte avevano i due Santi: San Francesco da Paola, il Santo dei marinai ( come la 'Provvidenza' dei Malavoglia, 'con quella bella fascia rossa lungo il bordo e sulla poppa il San Francesco colla barba che pareva di bambagia' ), e il San Giovanni della chiesa di Aci Trezza.
Alcune portavano scritte curiose: 'sono bella perché mi faccio i fatti miei'. Molte, nel nel profilo allungato della prua, assomogliavano a un pesce, a un grande pesce spada, e a fare la somiglianza più forte, era dipinto a prua come sulla guancia del pescatore di Cnosso, un occhio aperto che è quello del pesce".
Nel suo reportage, Carlo Levi avverte che i tempi del film di Visconti sono ormai lontani, e con essi anche "i sogni e le strane speranze che ne erano nate".


Ozio e conversazione su una panchina

Quindi lo scrittore torinese chiuderà il suo viaggio ad Aci Trezza affidando ai lettori dell'"Illustrazione Italiana" una comparazione fra l'opera letteraria di Verga e quella cinematografica di Visconti:
"La visione di Verga era interna al suo mondo, si identificava a quella del pescatore, della comare, del nonno o della figlia e al loro comune, paziente e oscuro destino. Perciò dovevano scomparire, fino all'alba dell'ultima pagina, e il mare e la campagna e gli aspetti individuali degli uomini. L'opposto avviene in Visconti, che partecipa delle cose e le comprende senza immedesimarvisi, ed è perciò tutto occhi, visione e immagine.
E' l'epica moderna che si contrappone al romanzo verghiano. Romanzo impossibile e perciò tanto più singolare, di un mondo che di per sé repugna al romanzo, di un mondo di epica antica.
Così queste poche case e questo piccolo popolo di marinai ha fatto nascere due opere esemplari, e rappresentative l'una del secolo scorso l'altra del nostro...".      




  
  

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