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domenica 5 ottobre 2014

LUOGHI TRAPANESI PRIMA DEI CAMPER

Castellammare del Golfo, Guidaloca, Scopello e San Vito Lo Capo: un tour di immagini che rimanda al volto intoccato di un lontano passato

L'originaria edilizia di Castellammare del Golfo,
in perfetta simbiosi con le millenarie attività commerciali e di pesca.
Le immagini del post risalgono ad almeno una cinquantina di anni fa 

e sono tratte dal volume "Sicilia",
edito nel 1982 da Edicultura per la collana "Regioni d'Italia"

Castellammare del Golfo, Guidaloca, Scopello, lo Zingaro e San Vito Lo Capo sono mete molto frequentate del turismo siciliano.
Questo litorale per lo più roccioso ad Est di Trapani è ancora ai nostri giorni fra i più belli dell'isola, specie se si abbia l'accortezza di non visitarlo nelle settimane più affollate dell'estate.
La scoperta delle attrattive di questa costa - terra di secolari tonnare - risale ad una quarantina di anni fa e vi ha certo contribuito la costruzione dell'autostrada Palermo-Mazara del Vallo.
La "colonizzazione turistica" ebbe una matrice prevalentemente palermitana e fu sostenuta da una massiccia attività immobiliare: residence, seconde case da vacanza, alberghi ed attività di ristorazione destinate a incrementare le attività economiche locali, non senza beneficio per qualche prestanome ed imprenditore in odor di mafia. 
Negli anni precedenti, luoghi come il baglio e i faraglioni di Scopello, la lunghissima spiaggia di San Vito Lo Capo e le solitarie spiaggette dello Zingaro - queste ultime rimaste integre grazie alla mancata realizzazione di una "strada panoramica" - riservavano la visione di una Sicilia lontana da ogni superflua forma di "industria del turismo".
Gli abitanti di quelle remote località vi lavoravano come pescatori, pastori o contadini; la loro vita spesso si concludeva senza avere mai messo piede a Trapani o Palermo
I pochissimi viaggiatori che sino agli inizi degli anni Settanta si spingevano sino a questi luoghi avevano l'opportunità di conoscere un volto della Sicilia sfrondato da qualsiasi tipo di godimento che non riguardasse semplicemente la bellezza della natura terrestre e marina.
Le fotografie riproposte da ReportageSicilia furono pubblicate nel volume "Sicilia" edito nel 1982 da Edicultura per la collana "Regioni d'Italia"; sono immagini di qualche decennio più vecchie e testimoniano l'aspetto di quelle località negli anni della loro esclusione dalle frequentazioni dei viaggiatori in Sicilia.     

La spiaggia sabbiosa del porto di Castellammare,
con la massiccia struttura del vecchio castello

Nel 1953, lo scrittore e saggista Giovanni Comisso - viaggiatore che amava esplorare paesaggi fuori dai consueti tour - si spinse sino al villaggio di Scopello.
La sua descrizione offre un quadro perfetto della realtà sociale ed ambientale di quest'angolo di costa trapanese:

"Scopello, un piccolo paese ignorato - si legge in "Sicilia" ( Pierre Cailler, Ginevra ) - si rivela oltre gli olivi, con le sue poche case attorno ad una fontana.
Non ha chiesa, non ha municipio, è l'ultimo centro abitato prima della solitudine del Capo San Vito che si protende nel mare.
Ha i suoi quattro vicoli tutti segnati con un nome memorabile come le grandi città e ha anche il suo ciabattino indispensabile, solo artigiano della piccola comunità umana.
Poi giù ha un mare azzurro come la genziana e una torre antica e faraglioni dorati, irti e bizzarri che formano la sua rada.
Siamo in una parte della Sicilia ancora intoccata, dal tempo in cui Enea doppiava quel Capo per veleggiare verso le foci del Tevere.
Dalla porta di una casa padronale avanza una vecchia signora sorretta da una donna per scrutare contro la luce del sole il forestiero arrivato, sembra che prima di morire voglia imprimersi nello sguardo questa novità eccezionale"

Basta leggere le note dedicate a Scopello della Guida Rossa della Sicilia edita dal TCI nel 1968 per rendersi conto di quanto lo straordinario paesaggio del borgo fosse allora ancora tratteggiato con toni quasi visionari.
La scarna descrizione del luogo - a poca distanza dal "seno di Guidaloca, con poche case" - sottolinea la sua appartata lontananza dalle folle di turisti che oggi fotografano il baglio e la baia: il primo affollato di negozi e locali, la seconda da uno sciame di bagnanti: 

"Pittoresco villaggio di pescatori, in un paesaggio fantastico , dominato da antiche torri e con la vista in basso dei magnifici faraglioni, che sorgono dalle acque trasparentissime dalle insenature ghiaiose"   

Il paesaggio della spiaggia di Guidaloca,
lungo la strada che conduce a Scopello.

A stento, si contano strutture turistiche
o seconde case 

Sopra e sotto,
l'inconfondibile scenario della tonnara di Scopello,

che lo scrittore e saggista Giovanni Comisso
descrisse nel 1953


Lo stesso isolamento di Scopello ha riguardato in passato San Vito Lo Capo, oggi meta di camper con targhe di tutte le città italiane.
"Scoperta" all'inizio da gruppi di palermitani, da qualche anno è diventata la spiaggia isolana più conosciuta e frequentata dai non siciliani.
Ancora la Guida Rossa del 1968 descriveva così un paese privo di qualsiasi "struttura turistica" e dove una natura assolata e dai colori accesi scandiva con l'alternarsi delle stagioni l'attività dei suoi abitanti:

"Abitato da pescatori e contadini, in una piccola baia sabbiosa tra il capo S.Vito e la Punta di Solanto, dominato da SE dal caratteristico picco roccioso del monte Monaco e frequentato per bagni.
Verso il mare è un Santuario, massiccia costruzione quadrata con aspetto di fortezza. Al di là del paese si protende, per chilometri 1.5 circa, il capo S.Vito, su cui sorge il faro, con luce a metri 44 e portata di 18 miglia" 

Sopra e sotto,
l'appartata bellezza di San Vito Lo Capo.
La Guida Rossa della Sicilia del 1968
vi dedicava poche righe,
indicandolo come luogo
"abitato da pescatori e contadini e frequentato per bagni"  


Castellammare del Golfo è stato già l'argomento di un precedente post di ReportageSicilia, nel quale si sottolineavano le contraddizioni che hanno segnato il suo sviluppo urbano e turistico.
Le fotografie di questo post ripropongono il volto perduto di una cittadina un tempo fortemente caratterizzata dal rapporto di simbiosi con il porto e dalla presenza architettonica del vecchio castello e della Chiesa Madre.
Il progresso, naturalmente, è il motore inarrestabile dell'azione dell'uomo e nessuno si sognerebbe di cristallizzare l'evoluzione strutturale ed economica di un centro abitato per salvarne il vecchio aspetto.
Eppure, nel caso di Castellammare del Golfo, l'impressione è che l'azione dell'uomo abbia finito con lo stravolgere l'impronta originaria di un luogo con una millenaria storia di emporio commerciale:   

"Pittoresca cittadina in fondo al golfo omonimo - si legge ancora nella Guida Rossa del 1968 - adagiata a reticolato in pendio verso il mare e dominata a S dallo scosceso Pizzo dello Stagnone. 
E' dotata di un porto che ha un discreto traffico d'esportazione di prodotti agricoli, specialmente vino, e vi fiorisce l'industria del marmo; più modeste quelle del crine vegetale e del pesce salato" 









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