Alla fine degli anni Cinquanta l’obiettivo
del fotografo trapanese Pane fissa l’immagine di un uomo che trasporta il suo
gregge di pecore a bordo di una barca lungo la costa fra le saline di Trapani e
lo stagnone di Marsala.
E’ una fotografia che racconta un
momento di vita quotidiana trascorsa fra la terra ed il mare, secondo quella
tradizione che ha assegnato a tanti umili siciliani il ruolo insieme di pastore, contadino, barcaiolo e pescatore: quella che oggi viene chiamata “flessibilità”, per il
siciliano è stata spesso la capacità di sapersi guadagnare da vivere sia sul
mare che sulla terra.
Lo scatto riproposto da
ReportageSicilia offre anche l’occasione di ricordare le parole che di quell’angolo
di Sicilia scrisse 43 anni fa lo storico dell’arte Cesare Brandi.
“Trapani è
città gentile – si legge in “Sicilia mia”, edito da Sellerio nel 2003 - e si
trova ai margini dello straordinario paesaggio delle Saline. Di lì a Marsala
che ci vuole, un nulla: poiché la strada è liscia e il cielo s’abbassa sul
piano premurosamente come se si richiudesse un coperchio, ma azzurro chiaro, ma
limpido come l’Africa…”.
A distanza di oltre quattro
decenni, il paesaggio delle Saline non è cambiato molto; sono invece diminuiti
i pastori con esperienze da contadino, barcaiolo e pescatore: personaggi di una Sicilia
del passato, nell’incertezza di un presente e nei timori di un futuro dove per
vivere dignitosamente potrebbe essere inutile anche il sapere andare per mare e per terra.
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