Venditore di "melloni" ( le italiane angurie ) a Palermo. La fotografia è di Melo Minnella ed è tratta dall'opera "Libro di Palermo", edito da S.F.Flaccovio nel 1977 |
Titolo e testo del post contengono un evidente errore ortografico: il "mellone" siciliano oggetto di queste righe, in italiano si scrive e si pronuncia più correttamente "melone".
Gli errori, però, non si fermano qui.
Il termine è infatti impropriamente utilizzato in Sicilia per definire ciò che per la botanica ( e per il resto degli italiani ) è in realtà un'anguria.
L'equivoco campeggia senza possibilità di correzione in tutte le insegne che, specie durante i mesi estivi, richiamano l'attenzione verso le cataste di "melloni" vendute e servite nelle strade dei quartieri popolari di Palermo o Catania.
Figura di riferimento di questo commercio è il "mellonaro", che armato di lunghi coltelli taglia e divide in fette l'anguria.
Di solito, l'acquirente si fida ciecamente della sua esperienza, affidandogli il compito di scegliere per lui il "mellone" più fresco e gustoso: una fiducia quasi sempre ben riposta, grazie al tipico orgoglio siciliano che impedisce anche ai commercianti di macchiare la propria reputazione con smaccate fregature ai clienti.
Il consumo di "melloni" - coltivati a pieno campo soprattutto nella piana di Catania e nelle serre ragusane e siracusane - appartiene alla tradizione gastronomica ed ai costumi dell'isola, al punto che può contare anche su alcuni detti popolari del tipo "mancia, vivi e ti lavi la faccia" ( "mangia, bevi e ti lavi la faccia", con riferimento al suo alto contenuto d'acqua ), oppure su quello che suggerisce "doppu u miluni vinu a sdirrupuni", ( "dopo il mellone vino a volontà" ).
Naturalmente, la bontà estiva del "mellone" trova celebrazione anche nella cucina dei dolci.
Una delle preparazioni più diffuse in Sicilia - ed oggetto di frequente stupore per i non siciliani - è il "gelo di mellone", una sorta di budino freddo da servire con una guarnizione di fiori di gelsomino.
ReportageSicilia non ospita di norma ricette isolane ( per queste vi sono competentissimi siti e blog ); l'equivoca storia del "mellone" siciliano merita però l'epilogo della riproposizione di quanto scritto da Franca Colonna Romano nel libro "Sicilia in bocca", edito da "Il Vespro" nel 1976:
"E' una gelatina di polpa d'anguria setacciata che, nel colorito dialetto siciliano, viene impropriamente chiamata 'gelu di miliuni': impropriamente perchè va servita fredda ma non ghiacciata.
Per ogni chilo di polpa occorrono 200 grammi di zucchero e 80 grammi di amido puro.
Mescolate bene gli ingredienti sino ad avere una miscela liscia ed omogenea. Aromatizzatela con essenza di gelsomini, che potrete preparare voi stessi, immergendo un pugno di questi profumatissimi fiori in poca acqua e lasciando riposare per due o tre ore.
Versate in un tegame la miscela e, a fuoco lento, lasciate addensare, mescolando continuamente.
Quando sarà raggiunta la densità giusta, toglietela dal fuoco e versatela in tante formette quanto ne occorreranno per esaurire il gelo; guarnite con dadini di cioccolato, pezzi di pistacchio e zuccata e ponete in frigo le formette".
Nessun commento:
Posta un commento