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sabato 5 ottobre 2019

L'IMPALPABILE INCANTO DI UNA MILANESE A PALAZZO ADRIANO

Palazzo Adriano dalle falde di monte delle Rose.
Fotografia Ernesto Oliva-ReportageSicilia
Alla fine degli anni Cinquanta dello scorso secolo, Palazzo Adriano era uno dei tanti paesi dei monti Sicani quasi del tutto ignorati da viaggiatori e narratori di Sicilia.
La fama della sua scenografica piazza Umberto I sarebbe venuta solo molti anni dopo, grazie al film di Giuseppe Tornatore "Nuovo Cinema Paradiso".
Nel 1958, quella stessa piazza non aveva suscitato particolare ammirazione in uno dei pochi cronisti che all'epoca si spinsero fino a Palazzo Adriano, alla fine di un viaggio in auto iniziato a Palermo e completato - attraversando Misilmeri, Mezzojuso e la Rocca Busambra - dopo "un apocalittico crescendo di dossi torreggianti e asperrime rocche". 
Delfina Pettinati - questo il nome della narratrice ( piemontese di adozione, milanese di nascita, vincitrice nel 1977 del Premio Gozzano ) - riportò così le sue impressioni su Palazzo Adriano sulle pagine del quotidiano "La Stampa" pubblicato il 22 febbraio del 1958:
  "La sera è scesa quando giungiamo a Palazzo Adriano.
E' un paese tutto aperto sull'alto.
'Quasi una cittadina', postilla con un certo orgoglio il signorotto paesano che ci accoglie con cortesia.
Sa che vengo da Torino, e, mettendosi con vivacità al volante, scopre il suo desidero di farmi apprezzare le bellezze del suo paese, il suo progresso civile...
Ma in verità tali bellezze si riassumono per me nell'impalpabile incanto delle tacite strade che, allungate sotto la luna, sembrano scie di luce che raggiungono il cielo.
S'apre nel mezzo una piazza come tante, dove la gioventù dorata paesana, uomini vestiti di scuro con gli occhi neri, e brillanti, sono raccolti a conversare.
Alcune ragazze passeggiano, compostamente allineate, godendosi la sera.
Oltre questo fulcro di vita domestica, il paese appare deserto.
Il signorotto mi indica qualche villetta, qualche costruzione moderna. 
'Abbiamo tre ospedali', dice con un'ombra di compiacimento, 'e anche un castello...'
Con ingenuo rammarico depreca che sia diroccato, e anche non si dà pace che a me, venuta dal continente, le strade presentino un volto sgretolato, tutto roso dai camion.
Ma a me piacciono così: sotto la luna che le arabesca, sembrano le selci di una città dissepolta..."


  

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