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domenica 20 novembre 2022

LUOGHI COMUNI E STORIA DEL PANE CA' MEUSA A PALERMO

Locandina
nel quartiere palermitano di Ballarò.
Foto
Ernesto Oliva-ReportageSicilia


La maggior parte dei palermitani non ha mai mangiato il pane con la milza - localmente detto "pane cà meusa" - né si sognerebbe mai di farlo. Eppure, per la maggior parte dei turisti e dei viaggiatori che visitano Palermo - complici il passaparola e le indicazioni gastronomiche presenti in rete e sulle guide cartacee della città - l'untuoso gusto del pane con la milza è accostato al vivere quotidiano dei palermitani. Come il pane e panelle, le arancine e gli arancini, la cassata, i cannoli, la caponata, la pasta al forno, le brioches con il gelato e tutto il resto dell'immaginario gastronomico isolano che spesso costituisce pretesto di un viaggio in Sicilia. L'argomento "pane cà meusa" è così diventato oggetto di folclore turistico cittadino, da qualche anno alimentato dalla globalizzante qualifica di "street food". Il giornalista e scrittore Gaetano Savatteri è però andato oltre questa narrazione di maniera del pane con la milza, facendoci scoprire le sue origini storiche: un rimando all'infinita mescolanza di genti e culture che hanno generato Palermo ed i palermitani.

"Gli storici del gusto - ha scritto Savatteri in "Non c'è più la Sicilia di una volta" ( Editori Laterza, Bari, 2017 ) - dicono che la milza è un lascito degli ebrei che vivevano a Palermo nel quartiere Meschita e macellavano le carni col metodo kasher. Non potendo, per una serie di divieti, ricevere denaro in pagamento, gli ebrei venivano stipendiati con le frattaglie di risulta. Una volta sbollentate, quelle interiora venivano rivendute ai palermitani che cominciarono ad apprezzarle. Nel 1492, per ordine di Ferdinando il Cattolico, in base all'editto voluto dall'inquisitore Torquemada, gli ebrei vennero espulsi da tutti i territori dell'impero spagnolo, Sicilia compresa. L'uso di cucinare milza e frattaglie passò allora ai così detti cacciuttari palermitani che, in un calderone pieno di sugna bollente, friggevano milza, trachea, polmone e ricotta. Il pane cà meusa, insomma, ha un lungo passato..."

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