Fotografia Ernesto Oliva-ReportageSicilia |
Fra i troppi angoli di costa siciliana resi inaccessibili da cancelli, accessi privati e altri abusi accettati come un immutabile dato di fatto c'è il promontorio cefaludese della Calura.
Il luogo - una cortina di rocce color carne ammassate in millenario equilibrio le une sulle altre - venne raggiunto a fatica già nel 1976 dallo storico e ricercatore Salvatore Mazzarella, alla ricerca della omonima torre della fine del Cinquecento:
"Si può raggiungerla... attraversando una proprietà privata, ben difesa da cancelli, cani molossi e proprietari diffidenti. Il posto, che fino a due decenni addietro, era uno splendido lembo vergine di costa, ormai è stretto in una scriteriata morsa da villini e alberghi..." ( S. Mazzarella - R. Zanca, "Il libro delle torri", Sellerio editore Palermo, 1985 )
Anni dopo - nel saggio "Cefalù", pubblicato nel 1999 da Bruno Leopardi Editore di Palermo - solo il raffinato lessico evocativo di Vincenzo Consolo sarebbe riuscito a descrivere la solitaria e per sempre perduta verginità ambientale della Calura:
"Oltre Santo Stefano delle fornaci, delle giare maronali, oltre Torremuzza, Tusa, Finale, Pollina, per innumeri tornanti sopra precipizi, lungo una costa di scogliere e cale, di torri di guardie e di foci di fiumare, s'arrivava prossimi alla Rocca.
Ed erano prima la cala scoscesa e il promontorio della Calura, lo sconquasso primordiale dei massi che, come precipitati dall'alto, da Testardita, dalla Ferla, sul mare s'erano arrestati..."
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