Mare a Siracusa. Foto Ernesto Oliva-ReportageSicilia |
"La "mia" Siracusa è un'altra: è fatta di palazzi, di chiese, di strade, di piazze, nati in tempi più recenti, frutto di una civiltà in tono minore, ma altrettanto capace di suggestioni e dotata di un linguaggio accessibile; è fatta anche di feste popolari, di frutta e di dolci caratteristici, dei colori pittoreschi dei quartieri più intensamente abitati..."
Autore nel 1945 per la storica libreria Mascali del saggio "Che cos'è questa Sicilia?", il siracusano Sebastiano Aglianò - un letterato ed italianista trasferitosi in Toscana - descrisse il suo legame con la città di origine in un articolo pubblicato nell'aprile del 1954 dalla rivista "Sicilia", edita a Palermo da Flaccovio.
Mosso dall'intento di non narrare la Siracusa raccontata "in una guida qualsiasi e nella vasta letteratura di interesse turistico", Aglianò iniziò il suo scritto dalla descrizione della piazza S.Lucia, fra il 13 ed il 20 dicembre.
E' il periodo della festa della patrona della città, allorché:
"Vi si svolge quasi una sagra degli agrumi, e l'aria sa di bergamotti e di aranci e di cedri e di mandarini; e a sbucciarli, nella brezza fresca dell'imbrunire, par di sentire l'aroma e il brivido stesso della terra che li ha generati..."
Piazza Duomo appare ad Aglianò:
"Di modeste dimensioni e asimmetrica, letteralmente dominata dai suoi palazzi e chiese, come la base di un irregolarissimo anfiteatro. Quantunque sia molto frequentata, piazza Duomo sembra appartata e distante, in una sua aristocratica ritrosia. Io consiglierei di soffermarvisi verso il tramonto, nell'ora più propizia per sentire il fascino di un fasto decaduto, tutta la malinconia di una grazia e di un lusso, rimasti come imbalsamati nell'aria cristallina..."
Di Siracusa, esalta la bontà sensoriale delle bevande e di un dolce con un nome antico:
"L'aranciata, la cedrata e soprattutto la "giuggiulena", il croccante pastoso e resistente al palato, dolcissimo e nello stesso tempo tonico, che contiene una vasta gamma di sapori e sa suscitare tante sensazioni diverse. Io vorrei raccomandare ai turisti che visitano Siracusa durante l'inverno, di non mancare di far conoscenza con questo capolavoro della pasticceria siracusana..."
Infine, le pagine di Aglianò dedicate alla natia Siracusa si chiudono nel ricordo del suo continuo aprirsi al mare, "il più primigenio che io conosca":
"Il mare è onnipresente nella vita della città, e l'aria stessa che si respira è aria marina; direi che dell'azzurra distesa circostante risentano anche i pensieri e le sensazioni.
Certo nessuna cosa colpisce a Siracusa quanto questa possibilità di incontri col mare, questa visione aperta che ti viene incontro agli sbocchi delle strade o alle finestre di abitazioni private, e sorride fra casupole cadenti.
A osservarlo dal muraglione della parte orientale di Ortigia, sembra di navigare su un enorme transatlantico, con tutte le finestre che ti nascono dalle case e dai palazzi circostanti, di una città alta sul mare..."
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