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martedì 6 marzo 2018

LO SCONGIURATO SCEMPIO DI UNA RAFFINERIA A CASTELLUZZO

Il rilievo trapanese del monte Cofano,
lungo la costa fra Castelluzzo e Macari.
Le fotografie del post sono di ReportageSicilia


La costa trapanese fra Scopello e il rilievo di monte Cofano è ancora oggi uno degli scenari più affascinanti ed integri dell'Isola.
E' nota la mobilitazione ambientalista che, agli inizi degli anni Ottanta, salvò dalla costruzione di una strada e dall'inevitabile lottizzazione il litorale della Riserva dello Zingaro ( da allora periodicamente devastata dagli incendi dolosi ).
Meno noto - perché più lontano nel tempo - è ciò che rischiò di accadere un decennio prima lungo la costa compresa fra la piana di Castelluzzo e monte Cofano: un golfo in seguito miracolosamente scampato alle speculazioni edilizie ed oggi considerato come uno dei pochi "fiori all'occhiello" del paesaggio marino siciliano. 
Avvenne che agli inizi degli anni Settanta, nell'ultima fase di massiccio  sviluppo dell'industria petrolchimica, l'ISAB ( Industria Siciliana Asfalti e Bitumi ) fece richiesta alla Regione Siciliana ed allo Stato per impiantare in quel tratto di costa una raffineria ed un centro siderurgico.
L'iniziativa, come quelle già attuate in altri siti siciliani, avrebbe potuto contare sulla disponibilità dei fondi agevolati della Cassa per il Mezzogiorno.



Il progetto - destinato a trasformare in quadrato il triangolo industriale isolano costituito dagli impianti di Gela, Augusta e Milazzo - prevedeva la costruzione di una raffineria con una capacità di lavorazione annua di oltre sette tonnellate di greggio. 
L'ISAB - fondata dagli armatori genovesi Cameli e poi ceduta a Riccardo Garrone - aveva in precedenza installato in Sicilia il polo industriale di Marina di Melilli.
La creazione di quegli impianti stravolse in pochi anni il volto ambientale locale, sino ad allora consegnato a mal sfruttate risorse agricole e ad una natura incorrotta.
Pochi mesi dopo, un'inchiesta della Procura di Siracusa mise sotto accusa la regolarità di una variante al piano regolatore industriale del sito; furono chiamati in causa per l'elargizione di tangenti dirigenti aziendali e politici regionali di vari schieramenti.
La costruzione del nuovo impianto di Castelluzzo - secondo l'ISAB - avrebbe dovuto impiegare sino a 2500 unità lavorative, per due o tre anni; in seguito, i cicli di produzione avrebbero assicurato lavoro a 300 dipendenti, con stipendi e salari annui stimati in un miliardo e mezzo di lire.


La torre della tonnara del Cofano,
una delle testimonianze architettoniche
di Castelluzzo che corse il rischio
di essere inglobata dalle strutture del petrolchimico



L'industria ligure assicurò che la vista dello stabilimento sarebbe stata coperta da un rimboschimento e che gli impianti sarebbero stati dotati di dispositivi di depurazione, limitando così l'inquinamento terrestre e marino del golfo del Cofano.
Le preoccupazioni ambientali dell'ISAB furono in realtà strumentali. 
Seguirono infatti una campagna di stampa regionale e nazionale che evidenziò i rischi arrecati dalle annunciate attività del petrolchimico in una delle più integre zone della Sicilia.
L'impatto sul territorio di Castelluzzo sarebbe stato mortale e avrebbe avuto conseguenze su più larga scala: gli oppositori al progetto sottolinearono infatti che le correnti marine della zona di Capo San Vito, muovendosi da Ovest verso Est, avrebbero potuto trasportare gli elementi inquinanti sino alla provincia di Palermo.
Sull'onda poi dello scandalo giudiziario di Marina di Melilli, contro l'installazione della raffineria a Castelluzzo si pronunciarono in sede di governo sia il partito comunista che quello liberale.
Il senatore Ludovico Corrao presentò un'interrogazione ai ministri della Pubblica Istruzione e della Marina Mercantile.
Nel documento si ricordava anche che il presidente della vicina Tunisia, Habib Burghiba, aveva rinunciato alla progettazione di impianti petroliferi costieri, considerando l'ambiente ed il turismo più redditizi rispetto a qualsiasi altra attività economica.
A difesa del territorio di Castelluzzo si esposero poi le voci della cultura.
Cesare Brandi,  storico dell'arte e dirigente di "Italia Nostra", scrisse sul "Corriere della Sera":


"I comuni di San Vito lo Capo e Custonaci che si rallegrano, sono i tapini di questo cavallo di Troia che verrebbe ad essere introdotto in tale zona vergine e splendente; ne uscirebbe invece che il benessere, proprio come dalla pancia del cavallo funesto, la distruzione, e certo si inserirebbe un nuovo elemento di fascino per chi, affacciandosi dal belvedere di Erice, potesse scorgere una nuvola giallo-rossastra come quella che staziona a Marghera e invia i suoi profumi a Venezia..."




Sulle colonne del "Giornale di Sicilia", Giuseppe Quatriglio analizzò invece così la questione:


"Impianti petrolchimici e complessi alberghieri e residenziali certo non vanno molto d'accordo insieme nonostante tutti gli accorgimenti che la moderna tecnica consente di mettere in atto per ridurre al minimo l'incidenza degli inquinanti.
Sono prospettive davvero poco allegre non soltanto se si vuole puntare sul turismo, ma anche per l'attuale economia della zona.
Proprio lungo l'arco di costa adiacente all'area della progettata raffineria, ha avuto inizio uno sviluppo turistico modesto, in tono minore ma non meno gradito.
Sono sorti ristoranti noti per il pesce fresco che viene portato giornalmente dalle barche, ed è stato impiantato qualche albergo in attesa di iniziative di ricettività turistica di più vasto respiro.
Purtroppo, abituati come siamo a non dare il giusto valore al nostro patrimonio, non ci rendiamo spesso conto del bene costituito da un angolo di territorio suggestivo aperto a prospettive meno oscure e drammatiche di quelle che l'umanità sta predisponendo altrove.
Lasciamo perciò che sia uno straniero sensibile, lo storico inglese Steven Runciman, autore della 'Storia delle Crociate', a ripeterci che 'poche isole sono state favorite dalla natura come la Sicilia'.
Con tenacia continuiamo ad alterare l'armonia delle coste, a distruggere gli antichi equilibri e le testimonianze del passato, a pretendere insediamenti industriali nelle zone archeologiche, vedi il caso della penisoletta di Magnisi, nella baia di Augusta, sede della preistorica colonia di Thapsos"


Grazie a quel movimento d'opinione - e nella sopravvenuta considerazione che la redditività dell'industria petrolchimica era ormai in via di esaurimento - il progetto dell'ISAB a Castelluzzo rimase inattuato.
Oggi il golfo del Cofano conserva così quella bellezza che è stata cancellata in tutti i luoghi costieri siciliani sacrificati negli anni Cinquanta e Sessanta da un temporaneo e devastante modello di sviluppo economico del territorio.




A distanza di mezzo secolo dall'ipotesi della creazione di una raffineria a Castelluzzo, rimane fortunatamente attuale la descrizione di quei luoghi contenuta nella "Guida alla Natura della Sicilia" di Fulco Pratesi e Franco Tassi ( Arnoldo Mondadori, 1974 ):
  
"Di tutto il promontorio di San Vito, il luogo più suggestivo dal punto di vista panoramico, anche senza presentare eccezionali valori naturalistici, è la solitaria pianura che da Castelluzzo scende in lievissimo pendio a mare.
Un triangolo erboso, del tutto privo di insediamenti umani, chiuso a Sud-Ovest dalla austera mole del Monte Cofano, , in cui l'unica presenza è data da greggi pascenti sullo sfondo del mare lontano e da qualche averla o grillaio in attesa sui fili del telefono"
 










  

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