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Sopra e sotto, due vedute palermitane di una Conca d'Oro ancora sostanzialmente integra realizzate tra il 1952 ed il 1957 dal fotografo Leonard Van Matt; gli scatti - realizzati dalla zona di Altofonte, verso la piana di Palermo e le verso le campagne di Monreale - sono tratti dall'opera 'La Sicilia Antica', edito da Stringa Editore Genova |
Conca d’Oro: una denominazione territoriale che richiama subito alla memoria Palermo e la Sicilia , diffusasi nella città spagnola del secolo XVI ed oggi consegnata alle memorie di vecchi cronisti o viaggiatori; come l’archeologo e scrittore americano William Agnew Paton, che, nel 1902, poteva descrivere l’”incantevole distesa” di quasi 100 chilometri quadrati di aranceti, ulivi, mandorli, gruppi di agavi, di yucche e di palme.
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Sono molte le panoramiche di Palermo pubblicate in libri e saggi; per lo più, si tratta di fotografie scattate dal versante di monte Pellegrino che guarda verso il porto. Una di queste - piuttosto rara perchè a colori e risalente ai primi anni Cinquanta dello scorso secolo - mostra ancora la predominanza delle aree agricole su quelle edificate.
L'immagine - del fotografo Patrice Molinard - è tratta dal volume 'La Sicile', edito in Francia da 'del Duca' per la collana 'Couleurs du Monde' |
Ancora alla fine del secolo XIX, il geografo Fisher paragonava la conca palermitana ad un enorme gabbiano, le cui ampie ali si distendevano – da Est ed Ovest - da Capo Mongerbino a Capo Gallo; la coda – spiegava Fisher - si insinuava tra i monti di Monreale e di Altofonte, mentre la testa sembrava inabissarsi vero il mare.
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Una manieristica veduta della Conca d'Oro da Gibilrossa, luogo prediletto di osservazione della distesa di agrumeti, uliveti, mandorleti e vigneti oggi in gran parte cancellati dalla speculazione edilizia. Solo tra il 1953 ed il 1966, Palermo vide aumentare del 125 per cento la superfice edilizia urbana. La foto - a firma TCI - è pubblicata in 'Sicilia', collana 'Attraverso l'Italia', edito dal Touring Club Italiano nel 1933 |
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Sopra e sotto, due scatti della Conca d'Oro di Italo Zannier; il primo è realizzato da Monreale verso capo Zafferano, il secondo dalle pendici di monte Pellegrino verso l'area della piana dei Colli, che da lì a qualche anno sarebbe stata invasa dalle lottizzazioni di viale Strasburgo. Le foto sono stratte dall'opera 'Le Coste d'Italia - La Sicilia', ENI Milano, 1968 |
Sino alla metà del Novecento, l’area verde aveva conservato la sua vocazione agricola, secondo una varia distribuzione di piante: vigneti a Pallavicino e Bonagia, uliveti a Tommaso Natale, San Lorenzo e Cardillo, agrumeti a Ciaculli, Bonagia e Falsomiele e colture erbacee a Romagnolo ed Acqua dei Corsari.
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Sopra, un'eloquente documento della vertiginosa crescita edilizia urbana di Palermo, negli anni di quello che nelle cronache mafiose è rimasto alla memoria come "il sacco" della città: i classicheggianti volumi del Teatro Massimo, ed, alle spalle, il grattacielo dell'INA, con la sua vicina gemmazione di palazzi. La fotografia è tratta da 'Le Vie d'Italia' del maggio del 1960, nel periodo in cui lo slogan del sindaco Salvo Lima era "Palermo è bella, facciamola ancora più bella". In questa foto, una lottizzazione nel quartiere Malaspina, alla fine degli anni Cinquanta, in un'area che sino a qualche anno prima era dominata dagli aranceti |
Molti decenni più tardi – nel 1960, in piena epoca del così detto ‘sacco edilizio’ di Palermo, che avrebbe cancellato gran parte di quella ricchezza floreale, dalla Piana dei Colli a Bagheria, da Monreale a Ciaculli – Guido Di Stefano avrebbe scritto che la conca “è un organismo completo e indissociabile, una vera e propria unità territoriale e comunitaria che deve essere tenuta presente sia negli studi sia nella progettazione urbanistica”: un giudizio – quello di Di Stefano –incredibilmente miope dello scempio ambientale e paesaggistico allora in atto, complice la colata di cemento che negli anni Sessanta e Settanta mutò volto al territorio palermitano: quella selvaggia speculazione edilizia che a Palermo, solo fra il 1953 ed il 1966, fece aumentare del 125 per cento la superfice edilizia urbana.
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L'area degli impianti sportivi, nella zona del Parco della Favorita, in una Palermo in cui il verde della Conca d'Oro spaziava sino alle falde del monte Pellegrino. Da sinistra verso destra, lo stadio di atletica delle Palme, l'ex stadio di calcio 'la Favorita' - oggi 'Renzo Barbera' - e l'ippodromo. La scatto è di Fotocielo ed è stato pubblicato in 'Sicilia' collana 'Attraverso l'Italia' , edito dal Touring Club Italiano nel 1961 |
La stima di quanto sia stato costruito è ardua: fonti della Ripartizione Urbanistica del Comune valutano tuttavia in 300 milioni i metri cubi di edifici residenziali edificati a Palermo dal dopoguerra sino agli anni Novanta dello scorso secolo.
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L'edilizia urbana all'assalto della Conca d'Oro, nell'area che dal centro di Palermo guarda verso le pendici di Gibilrossa: la fotografia, realizzata da Fotocielo, è pubblicata in 'Sicilia' collana 'Attraverso l'Italia' , edito dal Touring Club Italiano nel 1961 |
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Sopra, il progetto di lottizzazione del quartiere di Borgo Nuovo, nell'area della Conca d'Oro denominata Passo di Rigano.
Il piano regolatore di Palermo del 1962 diede il via ad un'imponente opera di cementificazione della città, abbandonando ogni ipotesi di ristrutturazione del centro storico, gravemente danneggiato dalle bombe del 1943.
La speculazione edilizia di quegli anni, affidata dalla politica a costruttori legati alla mafia, non ha tenuto conto della tutela del grande patrimonio ambientale rappresentato dalle vecchie zone agricole suburbane.
Sotto, una foto del boom edilizio palermitano realizzata dal fotografo Josip Ciganovic |
La costruzione di nuovi edifici, da un lato, venne incontro dall’esigenza di recuperare i 70.000 vani del centro storico distrutti dai bombardamenti del 1943; dall’altro, i nuovi palazzi costruiti nelle periferie ebbero la funzione di accogliere l’ingente massa di siciliani che trovò lavoro nella città divenuta capitale dell’immensa macchina burocratica della Regione Siciliana. A compiere lo scempio edilizio che decretò la perdita della Conca d’Oro, ci pensarono materialmente i costruttori legati alle famiglie mafiose ed i politici, che dalla mafia ottennero i voti per guidare le amministrazioni locali, a cominciare dal Comune; agli atti della Commissione Parlamentare Antimafia rimangono numerose testimonianze sul numero record di licenze edilizie concesse da Salvo Lima – autore dello slogan edilizio-elettorale ‘Palermo è bella, facciamola ancora più bella’ - e da Vito Ciancimino.
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L'"ammasso assurdo di case" costruito nell'area di quella che un tempo ormai lontano poteva chiamarsi Conca d'Oro, secondo la definizione data nel 1982 dalla scrittrice Camilla Cederna; la fotografia è ancora una volta di Italo Zannier |
Nel 1982, gli effetti di una simile politica urbanistica fecero scrivere a Camilla Cederna che il capoluogo dell’isola era diventato “un ammasso assurdo di case, una attaccata all’altra, di tutte le forme e colori…una cancrena che si è mangiata la capitale: una città così sfigurata non può che essere una città malata…”.
Per comprendere il valore della perdita della Conca d’Oro, infine, si può ancor oggi sintetizzare quanto scrisse nove anni prima della Cederna nel saggio ‘Il paesaggio e l’estetica’ il filosofo nisseno Rosario Assunto: di quel paesaggio – considerò Assunto - “non si può non sentire il rimpianto, come di una luce che si sia spenta sul mondo”.
Comunque il periodo passato alla storia come "il sacco di palermo", non comprende solo la cementificazione della Conca D' oro, ma anche la demolizione di tutti quei villini stile liberty che in quel periodo popolavano la città,soprattutto in certi quartieri come Via Libertà.
RispondiEliminaUn villino poco conosciuto, che proprio in quel periodo fu demolito per opera di Vito Ciancimino,fu Villino Deliella. Quest' ultimo sorto a Piazza Croci al posto dell'odierno parcheggio-autolavaggio Panno.