Le geniali soluzioni costruttive adottate all'interno del teatro da Gian Battista Filippo Basile in un saggio celebrativo pubblicato nel 1947 dalle Industrie Riunite Editoriali Siciliane
E' cognizione comune di una certa generazione di palermitani - in prevalenza, gli "over 60" - che il teatro Massimo vanti un'acustica d'eccellenza europea.
E' cognizione comune di una certa generazione di palermitani - in prevalenza, gli "over 60" - che il teatro Massimo vanti un'acustica d'eccellenza europea.
Tale giudizio è condiviso anche da quanti non sono estimatori dell'opera lirica e gratifica una citta' che certo non conta molte altre eccellenze edilizie databili agli ultimi 150 anni del suo moderno sviluppo urbano.
L'encomio delle virtù acustiche del teatro realizzato da Gian Battista Filippo Basile e dal figlio Ernesto trovò precisa e tecnica descrizione nel volume "I cinquant'anni del Teatro Massimo", edito nel 1947 a Palermo da Industrie Riunite Editoriali Siciliane.
Pianta comparativa dei principali teatri europei tratta da "I cinquant'anni del Teatro Massimo", opera citata |
Il saggio - scritto dal musicologo Ottavio Tiby e dal musicografo Ignazio Ciotti - venne commissionato dall'Ente Autonomo Teatro Massimo proprio per celebrare l'anniversario dell'apertura del monumentale edificio di fine Ottocento.
Già nella prefazione del volume, la storica dell'arte Maria Accascina trovò modo di sottolineare l'eccellente progettazione del teatro da parte di Gian Battista Filippo Basile:
"Quando il Basile presentò il suo progetto, erano già sorti, da tempo o da poco, quelli che sono i più grandi teatri dell'Ottocento, dall'antica Opera italiana di Londra (1818) al Carlo Felice di Genova (1827), all'Opéra di Parigi (1861-75), al Covent Garden di londra.
Molti ne vide e ne studiò il Basile, e non vi fu esperienza anche nel campo scientifico acustico luminoso che egli non conoscesse, e non vi fu negatività che egli non riuscisse a cogliere per averle presenti nell'attimo della creazione.
Fra le tre parti del teatro: vestibolo, sala, palcoscenico, egli riuscì infatti ad un rapporto preciso, per cui il fasto del vestibolo non sminuisce la grandiosità della sala, e la grandiosità della sala non sminuisce il valore del palcoscenico, riuscendo a porre il teatro fra l'Opera di Parigi e il mistico teatro di Bayreuth; il rapporto fra l'altezza e l'ampiezza della sala e l'altezza e l'ampiezza del palcoscenico è anche talmente perfetto da ottenere il miracolo di una sala e di un palcoscenico in cui gli spettatori agli artisti e gli artisti agli spettatori costituiscono gli uni per gli altri una visione di eccellente gaudio.
Da altri teatri egli aveva potuto trarre il motivo della sala a ferro di cavallo, compromesso felice fra la sala circolare romana e l'anfiteatro classico e le piante ellittiche borrominiane, trovandosi già attuata quella forma nel teatro Carlo Felice e nel teatro di Lipsia e di Amsterdam.
Ma qui, nella sensibilissima differenza dei rapporti, nella controllatissima decrescenza della curva fino ad immettersi nel proscenio rettilineo, è proprio qui l'affermazione reale del classico genio di Filippo Basile, qui la trasformazione della sua cultura architettonica vasta e profonda in arte, che è creazione viva ed eterna..."
A svelare i segreti delle ottime qualità acustiche del teatro - frutto dell'originaria collocazione del proscenio e dell'orchestra rispetto alla sala - furono invece Tiby e Ciotti:
"In tutti i teatri italiani - si legge nelle pagine del saggio - il proscenio si protende (o si protendeva) verso la sala con una curva molto accentuata; l'orchestra viene così spinta verso gli spettatori e i palchi di proscenio si aprono sulle tavole del palcoscenico, tanto che può accadere che chi siede in quei palchi rimanga alle spalle del cantante.
In epoca a noi vicina è stato necessario procedere comunque al taglio delle ribalte, non solo per ovviare l'inconveniente cui abbiamo accennato, ma anche per guadagnare spazio all'orchestra.
Il Basile invece scelse pel suo teatro la soluzione opposta: pose l'orchestra sotto l'arco armonico e sotto i palchi di proscenio (che divennero così palchi d'orchestra), retrocesse la ribalta verso il palcoscenico e fece la sua curva di modica saetta.
Ma perché in passato si cercava di spingere quanto più era possibile cantanti e orchestre verso la sala?
Essenzialmente per migliorare le condizioni acustiche, riducendo il disperdimento dei raggi sonori che poteva avvenire in palcoscenico.
Il Basile procede invece per altre vie, ed è questa, senza dubbio, la parte più geniale della sua concezione: portando verso il palcoscenico orchestra e ribalta, egli guadagna spazio per la sala; contemporaneamente escogita le più acconce disposizioni per una buona acustica.
L'acustica delle sale di pubblico spettacolo soltanto in epoca recentissima è stata studiata con procedimenti scientifici, valendosi di delicati e modernissimi mezzi d'indagine; soltanto ora si sono enunciati principi e leggi alle quali chiunque può riferirsi con la certezza di una buona riuscita.
All'epoca in cui il Basile progettò il Massimo, non c'era da rifarsi alle leggi generali di fisica; per il resto, era l'empirismo.
Gli accorgimenti che il nostro artista usò per risolvere questo delicato problema, fondamentale per un teatro d'opera, furono i seguenti: anzitutto, la superficie dell'intradosso dell'arco armonico è quella di un conoide di rivoluzione, con le generatrici inclinate di tanto, che i raggi provenienti dal palcoscenico non si riflettano nella parte bassa della sala, dove, incontrandosi con differenze di tempo con quelli diretti provenienti dal proscenio stesso, potrebbero dar luogo a dannosi prolungamenti e confusioni di suoni.
Poi il soffitto della sala è inclinato verso la bocca d'opera del 6 per cento, sempre allo scopo di allontanare dal basso i raggi riflessi, e al di sopra di questo soffitto è una vastissima camera di risonanza.
Infine i tramezzi dei palchi sono tracciati in modo da offrire un minimo ostacolo alla propagazione delle onde sonore che si diramano dalla scena.
Aggiungiamo che, tanto nell'intradosso come nelle pareti della sala, i fenomeni di eccessiva riflessione sono evitati da una superfice elastica di sottili tavolette di tiglio, stirate su telai di castagno.
Che codesti provvedimenti abbiano valso a raggiungere lo scopo, è dimostrato dalle superbe condizioni acustiche del teatro.
Un violinista, un modesto violinista di fila d'una grande orchestra italiana venuta molti anni or sono a Palermo, diceva dopo una prova al Massimo:
'E' curiosa: mi pare che oggi il violino mi suoni più forte in mano!'
Da altri teatri egli aveva potuto trarre il motivo della sala a ferro di cavallo, compromesso felice fra la sala circolare romana e l'anfiteatro classico e le piante ellittiche borrominiane, trovandosi già attuata quella forma nel teatro Carlo Felice e nel teatro di Lipsia e di Amsterdam.
Ma qui, nella sensibilissima differenza dei rapporti, nella controllatissima decrescenza della curva fino ad immettersi nel proscenio rettilineo, è proprio qui l'affermazione reale del classico genio di Filippo Basile, qui la trasformazione della sua cultura architettonica vasta e profonda in arte, che è creazione viva ed eterna..."
A svelare i segreti delle ottime qualità acustiche del teatro - frutto dell'originaria collocazione del proscenio e dell'orchestra rispetto alla sala - furono invece Tiby e Ciotti:
"In tutti i teatri italiani - si legge nelle pagine del saggio - il proscenio si protende (o si protendeva) verso la sala con una curva molto accentuata; l'orchestra viene così spinta verso gli spettatori e i palchi di proscenio si aprono sulle tavole del palcoscenico, tanto che può accadere che chi siede in quei palchi rimanga alle spalle del cantante.
In epoca a noi vicina è stato necessario procedere comunque al taglio delle ribalte, non solo per ovviare l'inconveniente cui abbiamo accennato, ma anche per guadagnare spazio all'orchestra.
Il Basile invece scelse pel suo teatro la soluzione opposta: pose l'orchestra sotto l'arco armonico e sotto i palchi di proscenio (che divennero così palchi d'orchestra), retrocesse la ribalta verso il palcoscenico e fece la sua curva di modica saetta.
Ma perché in passato si cercava di spingere quanto più era possibile cantanti e orchestre verso la sala?
Essenzialmente per migliorare le condizioni acustiche, riducendo il disperdimento dei raggi sonori che poteva avvenire in palcoscenico.
Il Basile procede invece per altre vie, ed è questa, senza dubbio, la parte più geniale della sua concezione: portando verso il palcoscenico orchestra e ribalta, egli guadagna spazio per la sala; contemporaneamente escogita le più acconce disposizioni per una buona acustica.
L'acustica delle sale di pubblico spettacolo soltanto in epoca recentissima è stata studiata con procedimenti scientifici, valendosi di delicati e modernissimi mezzi d'indagine; soltanto ora si sono enunciati principi e leggi alle quali chiunque può riferirsi con la certezza di una buona riuscita.
All'epoca in cui il Basile progettò il Massimo, non c'era da rifarsi alle leggi generali di fisica; per il resto, era l'empirismo.
Gli accorgimenti che il nostro artista usò per risolvere questo delicato problema, fondamentale per un teatro d'opera, furono i seguenti: anzitutto, la superficie dell'intradosso dell'arco armonico è quella di un conoide di rivoluzione, con le generatrici inclinate di tanto, che i raggi provenienti dal palcoscenico non si riflettano nella parte bassa della sala, dove, incontrandosi con differenze di tempo con quelli diretti provenienti dal proscenio stesso, potrebbero dar luogo a dannosi prolungamenti e confusioni di suoni.
Poi il soffitto della sala è inclinato verso la bocca d'opera del 6 per cento, sempre allo scopo di allontanare dal basso i raggi riflessi, e al di sopra di questo soffitto è una vastissima camera di risonanza.
Infine i tramezzi dei palchi sono tracciati in modo da offrire un minimo ostacolo alla propagazione delle onde sonore che si diramano dalla scena.
Aggiungiamo che, tanto nell'intradosso come nelle pareti della sala, i fenomeni di eccessiva riflessione sono evitati da una superfice elastica di sottili tavolette di tiglio, stirate su telai di castagno.
Che codesti provvedimenti abbiano valso a raggiungere lo scopo, è dimostrato dalle superbe condizioni acustiche del teatro.
Un violinista, un modesto violinista di fila d'una grande orchestra italiana venuta molti anni or sono a Palermo, diceva dopo una prova al Massimo:
'E' curiosa: mi pare che oggi il violino mi suoni più forte in mano!'