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domenica 25 febbraio 2024

LA PANCHINA DI LEONARDO SCIASCIA A TERRASINI

Fotografie
Ernesto Oliva-ReportageSicilia


A Leonardo Sciascia sono state dedicate in passato due emissioni filateliche: la prima nell'ottobre del 2010 - ad opera di Poste Italiane - l'altra nel novembre del 2021, nel centenario della nascita, da parte del Ministero delle Imprese. Nel 2019, una rappresentazione dello scrittore di Racalmuto è stata ritratta all'interno di un francobollo dipinto su una delle cinque "panchine letterarie" realizzate da artisti locali a Terrasini. Quella dedicata a Sciascia - le altre omaggiano Andrea Camilleri, Rosa Balistreri, Giuseppe Tornatore e Giovanni Meli -  è opera di Maria Maniaci. L'opera che ritrae Leonardo Sciascia con alle spalle una rappresentazione della Sicilia è rivolta verso il mare e la costa di Cala Rossa: circostanza che avrebbe fatto sorridere lo scrittore agrigentino, siciliano "terragno", cresciuto e rimasto legato, come molti suoi conterranei, all'entroterra familiare delle zolfare. 



Del rapporto dei siciliani con il mare, Sciascia così scrisse nelle famose pagine del saggio "Rapporto sulle coste siciliane" ( "La corda pazza. Scrittori e cose della Sicilia", Einaudi, 1970, Torino ):

"... E come lo zolfataro altro non era che il contadino strappato alla campagna, in effetti il marinaio altro non è che il contadino costretto al mare dalla necessità: il contadino che più non ritrova alle sue spalle la terra da coltivare, e ha davanti il mare..."

LE CASE DI PANAREA DI IVAN MOSCA

 


domenica 11 febbraio 2024

L'"ARTE DI MARE" DEI TONNAROTI DI SCOPELLO

Mattanza a Scopello.
Fotografia tratta dal saggio
"Le forme del lavoro.
Mestieri tradizionali in Sicilia"
,
edito nel 1986
dall'assessorato regionale ai BB.CC


Le prime notizie documentarie sull'attività della tonnara di Scopello risalgono al 1312. Da quella lontana epoca e sino al 1980, l'attività di pesca dei tonni in questo comprensorio tirrenico del trapanese ha coinvolto generazioni di raisi, tunnaroti, cabbanisti, capiguardia, massari, mascaioli, muciari, mastri calafati e d'ascia, ri bagghiu e ri camparia e di calafato; ed ancora, di mattanzari, parascarmeri, portancoddu, rimurchieri, runchiaturi, sciabbicoti, vardiani, vasciddari, vintuteri, vuttari e semplici "abbintizzi". 



Alcuni di questi artefici della pesca della tonno si tramandarono nei secoli il mestiere di padre in figlio. Più il ruolo specifico richiedeva abilità ed esperienza - ha scritto Rosario Lentini nel saggio di Vincenzo Consolo "La pesca del tonno in Sicilia" ( Sellerio, Palermo, 1986 ), opera da cui abbiamo tratto il glossario - "più la prestazione lavorativa si connotava come "arte" di mare..."



AUTOSTRADA PALERMO-CATANIA, SINTESI DI UNA GENESI SOFFERTA

Cantieri per la costruzione
dell'autostrada Palermo-Catania.
Le fotografie del post
sono tratte dalla rivista
"Sicilia Tempo" del luglio 1970


"Autostrada, dunque. Su questo, i siciliani sono tutti d'accordo. Quando però bisogna decidere da quale parte convenisse cominciarla, sono sorti i contrasti. Palermo voleva cominciare dalla sua parte, e i catanesi temevano che, dopo metà dei lavori, i fondi ( ai quali avrebbero contribuito ) si esaurissero; col risultato che Palermo avrebbe pur sempre avuto un pezzo di autostrada, e attirato insediamenti industriali, mentre Catania sarebbe rimasta al punto di partenza... Il ritardo nella costruzione dell'autostrada danneggia anche le province intermedie; adesso l'ordine cronologico è stato concordato, e l'opera dovrebbe essere finita entro due anni, ma c'è di mezzo l'ANAS, e speriamo che i loro numi tutelari ( arabi, greci e normanni ) assistano i siciliani..."

Così nel novembre del 1965 il giornalista Piero Ottone raccontò la "deprecabile polemica" che negli anni precedenti in Sicilia aveva contribuito a rallentare l'iter per la progettazione e l'inizio della costruzione dell'autostrada Palermo-Catania. Sei mesi prima - il 15 maggio - la campanilistica battaglia per stabilire il luogo dell'avvio dei cantieri si era conclusa a favore della capitale dell'Isola. Da qui, i bulldozer cominciarono un'opera il cui costo iniziale venne indicato in 57 miliardi e 203 milioni di lire: 24 miliardi a carico dello Stato, 29 della Regione, il rimanente della Cassa per il Mezzogiorno. Il prologo all'inizio dei lavori risaliva tuttavia a molti anni prima. 





Nel 1949 la Regione aveva infatti dato vita ad un Consorzio per la costruzione dell'autostrada, con il compito di individuare un percorso che attraversasse l'interno della Sicilia, ricalcando quello delle strade consolari romane. Dieci anni dopo - il 20 gennaio del 1959 - l'ANAS conferì alla Società Italiana per le Strade Ferrate l'incarico di redigere un progetto di massima. Al termine di una lunga serie di trattative con la Regione - conclusesi il 28 agosto del 1962 dopo l'esame di cinque diversi itinerari - il piano fu accettato e cominciò assai lentamente a prendere forma la mattina di quel 15 maggio del 1965, con una progettazione esecutiva affidata alla Direzione dei Lavori dell'ANAS. Sin dall'inizio, il dualismo Palermo-Catania che aveva gravato sull'ideazione dell'intero progetto fu motivo di polemiche fra opposte fazioni amministrative e burocratiche dell'Isola. Nei primi quattro anni e mezzo di attività dei cantieri, furono portati a termine solo trenta chilometri di autostrada, ventuno dei quali nel palermitano. Caddero così le premesse per intitolare la futura arteria viaria "Autostrada della Conciliazione", come prospettato, pare, da alcuni politici regionali.  Oltretutto, l'impresa per congiungere Palermo a Catania si rivelò subito assai complessa da un punto di vista tecnico, tale da spostare la data presunta di termine dell'opera dal 1969 al 1972. Nel corso dei vari sopralluoghi emersero perplessità sulla possibilità di tracciare l'autostrada secondo il progetto stabilito, soprattutto a causa della presenza di complessi movimenti franosi. Una perizia affidata al Servizio Geologico del Ministero Industria e Commercio stabilì infatti "l'assoluta impossibilità" di realizzare l'opera, individuando la maggiore criticità per i lotti 11,12 e 13, progettati su "terreni caoticamente frammisti in profondo scompaginamento". Si trattava del tragitto Scillato-Tre Monzelli, indicato come "la parte più problematica e difficile di tutto l'intero tracciato della Palermo-Catania": una valutazione corretta, come dimostrato dal cedimento del viadotto Himera, nell'aprile del 2015, a causa di un movimento franoso che compromise alcuni piloni. Fu grazie ad alcune varianti al progetto iniziale ed al coinvolgimento di più aziende edili  - dalla Lodigiani alla Sud Strade, dalla Farsura alla Sacug, ed ancora Cifa, Gozzani, Cogeco, Sogene, De Lieto ed Incisa - che l'ANAS riuscì ad accelerare i tempi di completamento dell'autostrada. Nel novembre del 1971 fu aperto al traffico il tratto Motta Sant'Anastasia-Gerbini, in territorio catanese; nel febbraio del 1973, terminarono i cantieri fra Scillato ed Enna. Gli ultimi 26 chilometri necessari per collegare Palermo a Catania furono finalmente completati nel 1975




I costi finali dell'opera sfiorarono i 250 miliardi di lire, ben oltre i 57 preventivati dieci anni prima. Oggi - a quarant'anni dal suo sofferto completamento - l'autostrada Palermo-Catania dimostra tutta la sua età, testimoniata dai numerosi cantieri di ristrutturazione che ne rallentano la viabilità soprattutto nei tratti delle province di Palermo, Caltanissetta ed Enna. Dopo anni di polemiche fra ANAS e Regione, quest'ultima ha commissariato la gestione degli interventi. I più recenti, in ordine di tempo, hanno riguardato la sostituzione dei giunti su entrambe le carreggiate del viadotto Ponte Cinque Archi, eliminando così uno dei restringimenti che rallentano ancora la percorrenza fra le due città che si contrapposero sulla genesi dei primi cantieri dell'autostrada.  

lunedì 5 febbraio 2024

LE TROPPE INCOGNITE CHE GRAVANO SULL'AGRICOLTURA DEL BELICE

Contadini ed allevatori
del Belìce.
Fotografie
Ernesto Oliva-ReportageSicilia 


Per il Belìce, l'agricoltura, la pastorizia e l'allevamento degli animali costituiscono da sempre la più importante forma di economia: l'unica possibile anche dopo la devastazione materiale, sociale e demografica seguita al terremoto del gennaio del 1968. Migliaia di famiglie di un territorio che comprende le province di Palermo, Trapani ed Agrigento vivono grazie al lavoro sui campi, che si basa ancora sui saperi tramandati dai nonni e dai genitori. 



Questa identitaria espressione di conoscenze e di sussistenza economica rischia da qualche anno di essere compromessa dagli eventi naturali e dalle scelte produttive a più ampio respiro territoriale. Siccità, innalzamento delle temperature, carenze infrastrutturali - strade ed opere idrauliche per l'irrigazione - rincari dei costi di produzione e crollo dei prezzi di vendita delle colture, concorrenza dei prodotti extraeuropei ed interessi delle grandi aziende alimentari stanno soffocando l'attività dei piccoli produttori belicini. 



Si chiedono rimedi alla politica - regionale, nazionale ed europea - e si manifesta sulle strade, percorse da colonne di trattori, come accaduto oggi a Santa Margherita del Belìce. Il timore è che dopo i danni provocati dal terremoto, fra qualche anno gli effetti di questa crisi produttiva possano dare il definitivo colpo di grazia ad un pezzo di economia e di società siciliana.  

venerdì 2 febbraio 2024

LA SCOPERTA DELLA SURA DEL CORANO DI CALATAFIMI

Fotografia
Ernesto Oliva-ReportageSicilia


Prima dell'anno Mille, il territorio trapanese di Calatafimi era punteggiato da casali islamici e magazzini agricoli dove la preghiera era pratica quotidiana. E' da questa area che potrebbero provenire i frammenti di una pergamena di pecora manoscritta con caratteri cufici che la traduzione riconduce ad una Sura del Corano intitolata a "Le Api", che celebra la bellezza della creazione:

"... Muli e asini v'ha dato perché li cavalchiate, ornamento bello, e sta creando ancora cose che voi non saprete... E' Dio che vi mostra la via e c'è chi se ne allontana! Ma, se avesse voluto, v'avrebbe certo guidati tutti assieme. E' lui che fa scendere acqua dal cielo per voi, e ne bevete, e ne crescono gli alberi fra i quali spingete a pascolare gli armenti e ne fa crescere per voi il frumento..." 

Secondo recenti studi delle Università di Milano e di Cambridge, questa pergamena - conservata all'interno dell'Archivio Diocesano di Trapani -  sarebbe la più antica testimonianza manoscritta del periodo arabo in Sicilia. Singolare è la storia del suo ritrovamento, avvenuto nel 1984, ma compreso per la sua importanza - grazie a moderni sistemi di studio - soltanto negli ultimi mesi. La pergamena era infatti stata riutilizzata nel 1542 come copertina di un registro di annotazioni matrimoniali in una chiesa di Calatafimi, poi depositato nel fondo dell'Archivio Diocesano di Trapani. 






Nel 2007 un riordino dei 5.000 registri ecclesiastici custoditi nell'Archivio aveva suscitato l'interesse degli studiosi per il documento, la cui datazione è ora stimata fra il IX ed il X secolo dopo Cristo: ipotesi che potrebbe trovare definitiva conferma da nuovi esami di laboratorio.  La pergamena - che insieme ai versi del Corano conserva due scritte in latino volgare tuttora oggetto di studio - attende nel frattempo un'opera di restauro, per conservarne l'indubbio fascino evocativo del testo vergato in caratteri cufici.