Pupi all'interno del Museo Internazionale delle Marionette "Antonio Pasqualino" a Palermo. Foto Ernesto Oliva-ReportageSicilia |
"... Gran finale. Arrivano i pupi. Pupi palermitani, catanesi, napoletani, pupi di Bruxelles, pupi di Liegi. C'è una stanza stracolma, sono appesi a delle aste metalliche, un esercito pronto a spettacolari battaglia. Qui resto una buona mezzora e per la prima volta provo il sentimento dell'invidia, sì, un veterotestamentario desiderio di roba d'altri. Infine c'è la sala del teatrino, un'altra meraviglia. A questo punto la mia regressione infantile è arrivata a vette inusitate. Vorrei piantare una grana, costringere il personale del museo ad allestire seduta stante uno spettacolo di pupi tutto per me. Poi mi dico che non è il caso di farsi riconoscere, ma esco dal museo quasi offeso"
Eugenio Murrali - laurea in filologia classica e antropologia dell'antichità, giornalista che si occupa di letteratura e teatro - terminò con silenziosa recriminazione la sua prima visita al Museo Internazionale delle Marionette "Antonino Pasqualino" di Palermo. Rivelò quello stato d'animo nel saggio "Lontananze perdute. La Sicilia di Dacia Maraini" ( Giulio Perrone Editore, 2016, Roma ): un prezioso saggio frutto di un attento viaggio "alla ricerca della Sicilia perduta" narrata nelle opere della scrittrice vincitrice nel 1990 e nel 1999 dei premi Campiello e Strega.
Il Museo oggetto delle attenzioni di Murrali venne fondato nel 1975 dall'Associazione per la conservazione delle tradizioni popolari di Palermo, presieduta dall'eminente clinico ed antropologo Antonio Pasqualino: un progetto da lui portato avanti nella convinzione che "l'interesse verso la cultura popolare tradizionale non deve essere un vagheggiamento nostalgico del passato, quanto piuttosto il mezzo per approfondire la coscienza storica del passato" . Pochi mesi prima, Antonio Pasqualino aveva così lamentato la dispersione del patrimonio di "pupi" storici e la scomparsa dell'arte dei "pupari", ridotta a fenomeno folclorico ad uso di nostalgici del passato o di turisti in cerca dell'oggetto-souvenir destinato a raccontare l'esotico siciliano:
"Anche quest'arte si fa più rara, si perde - si legge in "L'Illustrazione Italiana. Sicilia: popoli e culture", Bramante Editrice-Milano, 1974 - e le rare collezioni, come quella del Museo Etnografico Siciliano Pitré, due negli Stati Uniti, una in Germania, la mia, saranno forse presto l'unico ricordo di tante battaglie e di tutto il furore, l'angoscia, la disperazione con i quali gli spettatori di un tempo rivivevano la propria vita nella vita dei paladini in legno... La decadenza del teatro delle marionette siciliane e il confuso interesse per l'esotico, tipico del gusto contemporaneo, hanno fatto la fortuna del pupo come oggetto decorativo da salotto. Il teatro ha perso contatto con il suo pubblico originario di poveri, per i quali costituiva un efficace strumento di mediazione sul mondo oltre che ( spesso ) l'unico svago possibile. Si banalizza ingegnandosi di piacere ai ricchi di casa e ai forestieri. Le marionette si vendono. Gli acquirenti sono in gran parte emigranti che vogliono riportare nella nuova casa lontana dall'esilio, nel non senso della macchina che li usa e consuma, un segno, un relitto dell'antico senso della vita. Comprano marionette anche i turisti. Ma per loro sono solo immagini esotiche; il gusto artistico contemporaneo si compiace di ingenuità e rozzezze, spesso giungendo a preferire il pezzo che il puparo esperto definirebbe "di mano di spratico" a quello di "mano maestra".
Nell'impossibilità di una filologia che nessuno vorrebbe ascoltare, l'equivoco, che è del resto sempre uno dei principali protagonisti della storia delle arti, trionfa sovrano. Se oggi, comunque, non è difficile acquistare graziose marionette confezionate in modo sbrigativo, le marionette da teatro veramente adatte a camminare e a combattere, con le armature lavorate a regola d'arte in metallo pesante e le balle teste che si scolpivano un tempo, sono ormai rare e preziose..."