Pubblicate nel 1930 dall'opera del francese Gabriel Faure intitolata "En Sicile", tre fotografie ricordano l'attività marittima nella cittadina oggi stravolta dal petrolchimico
Ci sono vecchie fotografie dell'isola che restituiscono l'immagine perduta di un territorio e delle attività umane che un tempo vi si svolgevano.
Il dato riguarda soprattutto quelle zone della Sicilia che hanno subìto radicali trasformazioni ambientali, legate alla creazione di aree industriali; luoghi come Augusta, Priolo, Termini Imerese o Gela, nei tempi remoti scelti dai colonizzatori greci per la loro naturale feracità e lo scorso secoli devastati dalle aziende del petrolio e della chimica.
Le tre fotografie riproposte da ReportageSicilia offrono così un sorprendente volto di Gela, oggi neanche immaginabile a causa del permanente ( e nauseabondo ) impatto del petrolchimico, sorto dal 1960 al 1965.
Le immagini rivelano il mondo perduto delle attività ittiche e navali gelesi, che ancora nei primi decenni del secolo XX sostentavano l'economia locale.
La flotta di Gela comprendeva allora sia barche da pesca - soprattutto "paranze" e vascelli per la raccolta delle spugne - che velieri mercantili diretti con grano, cotone, vino e scope nei porti di Malta, della Tunisia e della Libia http://www.gelacittadimare.it/pesca.html.
Di quell'attività commerciale rimane una traccia statistica nel II volume dell'opera di A.Brunialdi e S.Grande "Il Mediterraneo" ( UTET, 1922 ), secondo cui a Gela "nel 1914, 438 navi stazzanti 81.075 tonnellate ne importarono 4.927 e ne esportarono 9.004 di merci diverse".
Gli scatti delle imbarcazioni tirate in secca sulla spiaggia di Gela portano la firma "Pasta Milano" e vennero pubblicati nell'opera dello scrittore francese Gabriel Faure ( 1877-1962 ) "En Sicile", edita da B.Arthaud-Grenoble nel 1930.
Nel volume - che faceva parte di una collana intitolata "Les beaux pays", dedicata a Paesi e regioni del Mediterraneo - gli unici riferimenti alle vicende locali sono quelli di natura storica ( "Terranova, qui vient de reprendre son antique nom de Gela, était, jadis, après Syracuse et Agrigente, la plus florissante des villes grecques..." ).
Durante il suo reportage, Faure non poteva immaginare che quel territorio siciliano assai simile ad un pezzo di costa africana sarebbe diventato un luogo la lavorazione del petrolio e gli incancellabili guasti ambientali avrebbero garantito poche decine d'anni di sviluppo.
Le tre fotografie riproposte da ReportageSicilia aggiungono così qualche altro dubbio circa le conseguenze a lungo termine del cieco sviluppo delle attività petrolchimiche in Sicilia.
"Si assiste oggi al risultato evidente di due diverse politiche rivolte alla soluzione dei problemi, ognuna con i mezzi a sua disposizione.
Da una parte - scriveranno nel 1968 Errico Ascione e Italo Insolera - le soluzioni chiare ed organiche dettate dalla necessità della efficienza industriale, affrontate con la esperienza e i mezzi disponibili ed acquisibili, dall'altra il disperato tentativo condotto dagli individui e dalla collettività locale senza mezzi e senza esperienze, e, soprattutto, con la incapacità di trovare interessi comuni.
La città con la sua disordinata espansione, conseguenza dello sviluppo economico e demografico provocato dalla presenza della grande industria, è stretta da ogni lato da strutture efficienti e funzionali che la costringono quotidianamente ad un mortificante confronto, aggravato ancora più dal fatto di non potere partecipare, socialmente ed economicamente, ai processi di rinnovamento messi in moto dall'industria.
Gela è paradossalmente diventata la periferia dei suoi dintorni".