Un reportage del giornalista de "l'Ora" pubblicato cinquant'anni fa dalla rivista "Sicilia" svela le memorie di antica vita quotidiana a Pantelleria
"Questa baia di Gadir invita a fantasticare.
Scena di vita estiva a cala Gadir, a Pantelleria. Le fotografie del post sono tratte dalla rivista "Italia", edita dall'ENIT nell'ottobre del 1968 |
"Questa baia di Gadir invita a fantasticare.
Nere di lava e bianche di calce le case scendono giù verso il mare che ribolle di sorgenti calde; i crostacei che vi incappano si cuociono diventando rossi.
Una barca approda e ne scendono gitanti che si fermano per arrostire sulla brace il pesce appena pescato.
Un asino passeggia solo e libero sulla spiaggia, con un passo di ballerina sulle punte.
Tutto è come amalgamato dal sole, che invita a bagni memorabili in queste mitiche acque non turbate ancora dalla speculazione e dalla folla dei turisti di professione"
Poche pagine superstiti di uno squinternato numero della rivista "Sicilia" restituiscono un reportage che il giornalista de "l'Ora" Beppe Fazio scrisse tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni del decennio successivo ( nell'articolo, intitolato "Pantelleria", si fa riferimento ai voli dell'ATI sull'isola ).
Il centro di Pantelleria con la struttura del castello Barbacane, opera citata |
Il racconto di Fazio - di cui Piero Violante ha ricordato di recente un ricettario di cucina povera siciliana pubblicato sulle stesse pagine di "Sicilia" ( in "Swinging Palermo", Sellerio, 2015 ) - è ricco di testimonianze di vita pantesca raccolte allora fra gli isolani:
"Si susseguono i piatti locali di pesci e di frutti di mare e il sindaco calmo e solenne come un re dei Feaci ( non senza una certa ironia siciliana da attore che recita bene la sua parte ) racconta storie della sua terra: dei pirati musulmani che rapivano le donne di Pantelleria, per cui le case si facevano tutte con le aperture rivolte verso l'interno per non mostrare le luci.
Qualcuno dei più vecchi anzi ricorda rapimenti avvenuti nella sua parentela.
Ma in realtà la distinzione tra pirati e commercianti arabi era incerta fino a un secolo e mezzo fa e a Pantelleria ritrovi spesso l'Africa vicina, in alcuni vocaboli, in alcune abitudini.
Il sindaco ricorda i tempi dell'isolamento quasi totale, quando i battelli toccavano l'isola, sì e no ogni quindici giorni e l'approdo era molto rischioso.
La notizia della morte di Umberto I si seppe con tanto ritardo che si dovettero annullare varie sentenze e ordinanze emanate in nome del defunto re"
E poi, altri ricordi popolari di eventi legati alla dimensione isolana di Pantelleria:
"Si racconta delle grandi pesche miracolose e delle grandi mangiate ancor più miracolose, del vento che porta di notte il suono delle orchestrine delle navi che passano al largo"
"Negli anni di siccità si sfruttava persino il vapore endogeno.
Gli abitanti di Pantelleria mettevano dinanzi ai getti di vapore ( le 'favare' di Recale ) delle frasche e poi si utilizzavano le gocce di acqua che vi si raccoglievano sopra.
Per questa straordinaria gente è stato uno dei tanti modi di amare la vita, di non scoraggiarsi, di continuare a lottare nella propria terra, prima che arrivassero le comodità più essenziali della vita"
Fazio illustra l'architettura dei "dammusi", suggerendo di cercarli non nel centro di Pantelleria, deturpato dalle bombe della guerra e dall'edilizia moderna, ma fra le piccole comunità di contadini e pescatori: a Scauri, a Kamma, a Tracina.
Questa descrizione delle tradizionali abitazioni pantesche è fra le più appropriate e complete nella vasta pubblicistica dedicata all'isola:
"Il cubo dell'abitazione mediterranea ne è la base plastica, ma la casa si organizza in un insieme coerente di parallelepipedi che seguono il declivio.
Tutto è vivificato dal variare delle quote, dalle costruzioni esterne, come i servizi, forni, cucine all'aperto, scalette incorporate nell'edificio o scavate nella roccia, dalle terrazze e dai 'giardini' circolari, e su tutto, come nota dominante e straordinariamente musicale, la cupola ribassata delle coperture senza tegole, che si ripete su ogni vano, liscia e viva come un dorso di carne, alle volte con un lieve disegno di striature nere di pece, altre volte di un bel colore rosa pallido.
L'acqua, il più prezioso elemento dell'isola, vi scorre sopra e poi si raccoglie nelle cisterne per l'estate.
E' una fase di quella tenace e ingegnosa ricerca dell'acqua che crea questa tipica forma strutturale"
Nel suo reportage, Beppe Fazio ricorda la data del 17 ottobre 1891, giorno dell'ultimo evento vulcanico che testimonia la natura di Pantelleria.
Nel ricordo del remoto episodio, Fazio diventa cronista del passato:
"Al largo dell'isola un fuoco misterioso sorgeva dalla profondità subacquee, un fuoco che il mare non spegneva.
Dalla costa Nord-Ovest di Pantelleria gli abitanti del luogo e i pochi detenuti a domicilio coatto sostavano sulle nere scogliere.
Illuminati dai bagliori dell'eruzione si indicavano l'un l'altro, sbigottiti, lo strano fenomeno.
Blocchi di lava incandescente, dopo un volo di alcuni metri, ricadevano sulla superficie marina, fischiando e lanciando vapori rossastri, alcuni rimanevano a galleggiare per un pò e poi scoppiavano in una densa nube di fumo e faville.
Per Pantelleria fu l'ultima eruzione"
In questa isola forgiata dal fuoco, della quale Fazio elenca le aspre rocce di cossiriti, trachiti, rioliti, pomici, ossidiane e basalti, è possibile ammirare le virtuosistiche creazioni della natura.
Un mondo che Beppe Fazio descrive con ammirazione e che lo spinge a concludere il suo reportage con un invito rivolto ai lettori:
"L'isola riposa, in una sonnolenza olimpica, nella distesa d'azzurro.
Il mare ha ripreso il sopravvento sul fuoco. Ma Pantelleria è pur sempre un vecchio vulcano spento ed è questa sua natura ignea che la caratterizza.
una montagna di rocce effusive in mezzo al mare, a metà strada tra Africa ed Europa, una montagna coi suoi fiumi antichi e recenti di lava, col suo complesso di 'cuddìe' - le piccole colline vulcaniche - con i suoi laghi di cenere o i suoi crateri trasformati in laghi - il delizioso Bagno dell'Acqua - con le sorgenti calde e i getti di vapore, e con quella variatissima gamma di colori che roccia e fuoco riescono insieme a creare.
Un'isola lontana e fascinosa a un'ora di volo dalla Sicilia resiste ancora alla falsa civiltà dei juke-box.
Avviciniamola col rispetto e l'amore che compete alle cose autentiche"
"Si susseguono i piatti locali di pesci e di frutti di mare e il sindaco calmo e solenne come un re dei Feaci ( non senza una certa ironia siciliana da attore che recita bene la sua parte ) racconta storie della sua terra: dei pirati musulmani che rapivano le donne di Pantelleria, per cui le case si facevano tutte con le aperture rivolte verso l'interno per non mostrare le luci.
Qualcuno dei più vecchi anzi ricorda rapimenti avvenuti nella sua parentela.
Cala Cinque Denti, lungo la costa nord-orientale dell'isola, opera citata |
Ma in realtà la distinzione tra pirati e commercianti arabi era incerta fino a un secolo e mezzo fa e a Pantelleria ritrovi spesso l'Africa vicina, in alcuni vocaboli, in alcune abitudini.
Il sindaco ricorda i tempi dell'isolamento quasi totale, quando i battelli toccavano l'isola, sì e no ogni quindici giorni e l'approdo era molto rischioso.
La notizia della morte di Umberto I si seppe con tanto ritardo che si dovettero annullare varie sentenze e ordinanze emanate in nome del defunto re"
E poi, altri ricordi popolari di eventi legati alla dimensione isolana di Pantelleria:
"Si racconta delle grandi pesche miracolose e delle grandi mangiate ancor più miracolose, del vento che porta di notte il suono delle orchestrine delle navi che passano al largo"
"Negli anni di siccità si sfruttava persino il vapore endogeno.
Gli abitanti di Pantelleria mettevano dinanzi ai getti di vapore ( le 'favare' di Recale ) delle frasche e poi si utilizzavano le gocce di acqua che vi si raccoglievano sopra.
Per questa straordinaria gente è stato uno dei tanti modi di amare la vita, di non scoraggiarsi, di continuare a lottare nella propria terra, prima che arrivassero le comodità più essenziali della vita"
Il lago di Venere in una giornata di bonaccia, opera citata |
Fazio illustra l'architettura dei "dammusi", suggerendo di cercarli non nel centro di Pantelleria, deturpato dalle bombe della guerra e dall'edilizia moderna, ma fra le piccole comunità di contadini e pescatori: a Scauri, a Kamma, a Tracina.
Questa descrizione delle tradizionali abitazioni pantesche è fra le più appropriate e complete nella vasta pubblicistica dedicata all'isola:
"Il cubo dell'abitazione mediterranea ne è la base plastica, ma la casa si organizza in un insieme coerente di parallelepipedi che seguono il declivio.
Tutto è vivificato dal variare delle quote, dalle costruzioni esterne, come i servizi, forni, cucine all'aperto, scalette incorporate nell'edificio o scavate nella roccia, dalle terrazze e dai 'giardini' circolari, e su tutto, come nota dominante e straordinariamente musicale, la cupola ribassata delle coperture senza tegole, che si ripete su ogni vano, liscia e viva come un dorso di carne, alle volte con un lieve disegno di striature nere di pece, altre volte di un bel colore rosa pallido.
L'acqua, il più prezioso elemento dell'isola, vi scorre sopra e poi si raccoglie nelle cisterne per l'estate.
E' una fase di quella tenace e ingegnosa ricerca dell'acqua che crea questa tipica forma strutturale"
Pescatore a cala Gadir, opera citata |
Nel suo reportage, Beppe Fazio ricorda la data del 17 ottobre 1891, giorno dell'ultimo evento vulcanico che testimonia la natura di Pantelleria.
Nel ricordo del remoto episodio, Fazio diventa cronista del passato:
"Al largo dell'isola un fuoco misterioso sorgeva dalla profondità subacquee, un fuoco che il mare non spegneva.
Dalla costa Nord-Ovest di Pantelleria gli abitanti del luogo e i pochi detenuti a domicilio coatto sostavano sulle nere scogliere.
Illuminati dai bagliori dell'eruzione si indicavano l'un l'altro, sbigottiti, lo strano fenomeno.
Blocchi di lava incandescente, dopo un volo di alcuni metri, ricadevano sulla superficie marina, fischiando e lanciando vapori rossastri, alcuni rimanevano a galleggiare per un pò e poi scoppiavano in una densa nube di fumo e faville.
Per Pantelleria fu l'ultima eruzione"
Raccolta di zibibbo, opera citata |
In questa isola forgiata dal fuoco, della quale Fazio elenca le aspre rocce di cossiriti, trachiti, rioliti, pomici, ossidiane e basalti, è possibile ammirare le virtuosistiche creazioni della natura.
Un mondo che Beppe Fazio descrive con ammirazione e che lo spinge a concludere il suo reportage con un invito rivolto ai lettori:
"L'isola riposa, in una sonnolenza olimpica, nella distesa d'azzurro.
Il mare ha ripreso il sopravvento sul fuoco. Ma Pantelleria è pur sempre un vecchio vulcano spento ed è questa sua natura ignea che la caratterizza.
una montagna di rocce effusive in mezzo al mare, a metà strada tra Africa ed Europa, una montagna coi suoi fiumi antichi e recenti di lava, col suo complesso di 'cuddìe' - le piccole colline vulcaniche - con i suoi laghi di cenere o i suoi crateri trasformati in laghi - il delizioso Bagno dell'Acqua - con le sorgenti calde e i getti di vapore, e con quella variatissima gamma di colori che roccia e fuoco riescono insieme a creare.
Un'isola lontana e fascinosa a un'ora di volo dalla Sicilia resiste ancora alla falsa civiltà dei juke-box.
Avviciniamola col rispetto e l'amore che compete alle cose autentiche"