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Manifestazione di Danilo Dolci per il ventennale della strage di Portella della Ginestra dinanzi Montecitorio. La fotografia è tratta dall'opera "Mafia, ieri e oggi" di Enza Berardi, edita nel 1976 da Paravia |
Il 1 maggio del 1947 a Portella della Ginestra si consumò un eccidio di contadini e braccianti che viene considerato da molti storici come la prima "strage di Stato" dell'Italia repubblicana.
Ancor oggi, non è noto il contenuto di alcuni atti giudiziari che dovrebbero essere conservati negli archivi del Tribunale di Palermo: documenti relativi al ruolo nella feroce sparatoria di alcuni capimafia del palermitano e alle ultime dichiarazioni rese da Gaspare Pisciotta prima del suo avvelenamento.
Malgrado gli appelli per la verità rivolti alla stessa Presidenza della Repubblica, storici e familiari delle vittime di Portella della Ginestra non hanno mai ottenuto risposte sul reali mandanti dell'eccidio.
La sparatoria iniziata verso le 10.30 durò poco più di dieci minuti e, come si legge in "Mafia e banditismo nella Sicilia del dopoguerra. La sentenza del processo di Viterbo per i fatti di Portella della Ginestra", a cura di Francesco Petrotta, La Zisa, Palermo, ( 2003 ):
"Finiti gli spari, a gran voce, ognuno chiamò i propri congiunti ed insieme od anche isolatamente, si avviarono per far ritorno al proprio paese, utilizzando, a tale scopo, ogni mezzo.
I feriti furono raccolti e con carri, carretti, biciclette, quadrupedi, furono accompagnati a Piana degli Albanesi o a San Giuseppe Jato, donde furono avviati verso Palermo per farli ricoverare negli ospedali della città.
Il bilancio di quella giornata, che doveva essere di festa, fu il seguente: undici i morti trovati sul terreno, ventisette i feriti più o meno gravemente"
Ricorda lo stesso Francesco Petrotta, in "La strage e i depistaggi, il castello d'ombre su Portella della Ginestra", Ediesse, ( 2009 ) che:
"Persero la vita Margherita Clesceri, Giorgio Cusenza, Giovanni Megna, Vito Allotta, Serafino Lascari, Francesco Vicari, Vincenza La Fata, Giovanni Grifò, Giuseppe Di Maggio, Castrenze Intravaia e Filippo Di Salvo, mentre rimasero feriti da colpi di arma da fuoco Giorgio Caldarella, Giorgio Mileto, Antonino Palumbo, Salvatore Invernale, Francesco La Puma, Damiano Petta, Salvatore Caruso, Giuseppe Muscarello, Eleonora Moschetto, Salvatore Marino, Alfonso Di Corrado, Giuseppe Fratello, Pietro Schirò, Provvidenza Greco, Cristina La Rocca, Marco Italiano, Maria Vicari, Salvatore Renna, Maria Calderera, Ettore Fortuna, Vincenza Spina, Giuseppe Parrino, Gaspare Pardo, Antonina Caiola, Castrenze Ricotta, Francesca Di Lorenzo e Gaetano Di Modica.
Ai dati ufficiali, desunti dalle sentenze di Viterbo e Roma, vanno aggiunti la dodicesima vittima Vita Dorangricchia da Piana degli Albanesi, che morì nove mesi dopo il 31 gennaio 1948 in conseguenza del tragico eccidio, e tre feriti: Michelangelo Castagna, Vincenzo Cannavò e Giorgio Bovì, colpito di striscio ad una gamba da un proiettile"