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domenica 13 luglio 2014

DISEGNI DI SICILIA


SALMON, strumenti di pesca del corallo a Trapani,
da "Lo stato presente di tutti i popoli", Venezia, 1740-1766

venerdì 11 luglio 2014

LE AMATE SCOGLIERE LAVICHE DI ERCOLE PATTI

Una fotografia di Pedone illustra il mare di Pozzillo descritto nelle pagine dello scrittore catanese


"Questa piccola baia è sempre silenziosa; nelle giornate di calma il mare vi si stende liscio e trasparente e fa un leggerissimo rumore che è come un respiro calmo fra gli scogli.
Se il mare è poco mosso o il passaggio di un motoscafo manda fin qui quattro o cinque onde lunghe, allora si sente come un delicato fragore e un poco di spuma nasce fra uno scoglio e l'altro.
Ma è questione di attimi, subito dopo torna la calma e si rivedono i pesciolini correre fra una macchia e l'altra di alghe".
Era l'agosto del 1969 quando lo scrittore catanese Ercole Patti descrisse così in "Diario Siciliano" ( Bompiani ) un angolo delle "nere scogliere di Pozzillo", nate sulla costa dello Ionio dalla lava incandescente precipitata in mare secoli fa.
La descrizione di Patti - che a Pozzillo aveva casa, ritornandovi spesso dalla sua residenza romana ( "la mia vecchia casa si trova in mezzo a un giardino di limoni, a mezza strada tra Catania e Taormina" ) - sembra trovare un preciso rimando documentario nella fotografia riproposta da ReportageSicilia.
L'immagine di un piccolo golfo catanese di pietra lavica su un mare simile a vetro trasparente venne scattata dal fotografo Pedone.
Il suo scatto venne pubblicato nel 1965 nell'opera "Sicilia" per la collana "Italgeo", edita da Bonetti editore Milano.  

SICILIANDO














"I siciliani sono gli unici eccentrici italiani.
E la differenza starebbe in quella forma mentale che si chiama insularità, un atteggiamento dello spirito, un carattere, un modo di vedere le cose per estremi, prima di essere un dato geografico"
Stefano Malatesta

giovedì 10 luglio 2014

IL MISTERO DELLA FIAT "SICULO POP" DI SALVATORE FIUME

Nel 1967 l'artista comisano decorò una Fiat 124 con i motivi decorativi tradizionali dei carri dell'isola. Oggi di quel prezioso esemplare sembra non esservi più traccia

Salvatore Fiume all'opera sul cofano della Fiat 124
dipinta con i motivi storici dei pittori di carretto.
Le fotografie riproposte da Reportagesicilia
sono di Aldo Patellani ed illustrarono
un articolo di Franco Bandini pubblicato
il 4 luglio del 1967 dalla "Domenica del Corriere"

Salvatore Fiume lasciò Comiso nel 1935 all'età di 20 anni, trasferendosi a Milano e sviluppando lontano dall'isola il suo mutevole talento di artista: pittore, scultore, scenografo, scrittore e commediografo. 
La sua vita si colloca insomma nella distinzione teorizzata dallo storico direttore del giornale "l'Ora" Vittorio Nisticò fra i siciliani "di alto mare" e quelli "di scoglio"
Secondo questo assunto, i primi decidono di lasciare l'isola e riescono a sviluppare il proprio talento lontano dal luogo di origine, come appunto nel caso di Salvatore Fiume
I secondi invece sono incapaci di abbandonare la Sicilia e di sviluppare altrove la pratica della propria arte: una  categoria di isolani rappresentata fra i siciliani da un altro comisano, Gesualdo Bufalino
La produzione artistica di Fiume è stata ricchissima ed è oggi rappresentata e documentata in numerose città italiane.  
Meno conosciuta è invece l'opera da pittore prestata da Fiume per la Fiat, a fini probabilmente promozionali. 
L'artista comisano prese infatti in mano i pennelli per decorare due nuovi modelli di autovetture - la 124 e la 126 - messi in commercio fra il 1967 ed il 1972.
Da un punto di vista artistico, le due iniziative rientrarono nel solco di analoghe esperienze decorative dalla vena "pop" e psichedelica che presero piede in quegli anni negli Stati Uniti e in alcuni Paesi europei.
Questa estetica si opponeva al disegno razionalista degli oggetti industriali e nel campo del design valorizzò il recupero dei motivi iconografici delle tradizioni popolari e l'utilizzo di materiali naturali, con un gusto che oggi rimanda al "kitsch".


Nella seconda metà degli anni Sessanta, in Francia la moda delle automobili firmate da pittori e decoratori fu ad esempio alimentata dalle attrici Perrette Pradier e Tessa Beaumont. 
In Inghilterra, il caso forse più noto del fenomeno riguarda John Lennon. 
Il "beatle" fece dipingere di giallo cromo una Rolls Royce "Silver Panthom V", aggiungendovi ampie volute "neoliberty".


Le immagini della Fiat 124 bianca decorata da Salvatore Fiume - riproposte nel post da ReportageSicilia - portano la firma di Aldo Patellani e furono pubblicate dal settimanale "Domenica del Corriere" il 4 luglio del 1967.
Nell'articolo, il giornalista Franco Bandini spiegava che la Fiat consegnò l'auto a Fiume assegnandogli un tema libero con il quale decorare la berlina di nuova produzione.
"Fiume ricordandosi, forse con un poco di nostalgia, delle sue origini siciliane - scriveva Bandini - ha trasformato la 124 in uno straordinario carretto a quattro ruote".
L'artista comisano ispirò i suoi disegni allo storico ciclo dell'"Orlando Furioso" presente nel teatro dei pupi e nei pittori di carri dell'isola, entrambi all'epoca espressione di una cultura popolare da tempo in declino.
Come documentano le fotografie di Patellani, Salvatore Fiume lavorò sulla carrozzeria all'interno di una villa "appena fuori Milano", ponendo la sua firma in ogni componente della vettura.
A distanza di 47 anni da quella singolare opera d'arte, resta un mistero la sorte della 124 dipinta sull'esempio dei pittori delle botteghe di "carradori" di Bagheria. 
Oggi quella Fiat riletta in chiave "siculo-pop" avrebbe un valore ovviamente molto superiore a quello vantato sul mercato delle auto storiche da una normale vecchia 124.
Certamente, la vettura - munita all'epoca di targa CO192757 - circolò regolarmente in strada, incuriosendo passanti ed automobilisti. 
Forse l'auto è stata di proprietà di un funzionario della casa torinese. 
E forse, è poi finita nel salone di un eccentrico collezionista privato, che l'ha acquistata assicurandosi un prezioso "pezzo unico" nella produzione di auto della Fiat.
Sarebbe interessante, oggi, conoscere il destino di quella singolare opera di Salvatore Fiume, assente nel catalogo dell'artista di Comiso ma ben viva nella curiosità di ReportageSicilia.   

sabato 5 luglio 2014

UNO SCORCIO PERDUTO DI CONCA D'ORO

Il volto dell'entroterra di Palermo in un'immagine del fotografo Pedone realizzata 50 anni fa da monte Cuccio
 


Il fotografo Pedone ci offre una prospettiva inusuale di ciò che è stata la Conca d'oro di Palermo prima delle devastazione del suo patrimonio agricolo.
L'immagine venne pubblicata nel 1965 nell'opera "Italgeo-Sicilia", edita da Bonetti editore Milano; la fotografia venne scattata dalle pendici di monte Cuccio, in direzione Nord-Est, rompendo la consuetudine di documentare la Conca dai tornanti di monte Pellegrino o dalle colline di Santa Maria di Gesù.
Alla perdita della Conca d'oro - che proprio nel periodo dello scatto di Pedone subiva l'assalto della speculazione edilizia - ReportageSicilia ha dedicato in passato il post http://reportagesicilia.blogspot.it/2012/11/lignorata-devastazione-della-conca-doro.html.
"Bestioni di cemento travolgono un paesaggio raccontato nei secoli con dispendio di aggettivi", e la sua storia, ha scritto Francesco Erbani il 22 ottobre del 2012 su "La Repubblica", rimarrà "anche una storia letteraria, una mitografia, un repertorio fra quelli che meglio documentano quanto la natura correttamente manipolata dall'uomo possa dare materiali alla facoltà dell'immaginazione. Ed è la storia di un simbolo mediterraneo, di una comunità vegetale la cui unità è fornita dal rapporto di diverse colture, perché solo la diversità, la complessità del disegno e delle produzioni assicurano benessere, prosperità, bellezza ed armonia".

mercoledì 2 luglio 2014

I PESCI DELLO STRETTO

Spatole, aragoste, sauri, aragoste, tonni e pesce spada fotografati da Alfredo Camisa nel 1960 per l'opera "Lo Stretto di Messina e le Eolie", edita dall'ACI


"Nello Stretto si pescano circa centocinquanta varietà di pesci, ma ben più numerose sono le specie che si incontrano in questo tratto di mare, che è via di migrazioni periodiche della fauna ittica ed è più ricco di plancton dei mari contigui.
Talvolta la corrente montante getta sulle spiagge di Ganzirri i pesci del mar profondo, fosforescenti e di forme inconsuete".
Questa didascalia accompagna le fotografie di Alfredo Camisa pubblicate nel 1960 nel volume "Lo Stretto di Messina e le Eolie" edito dall'Automobile Club d'Italia per la collana "Italia Nostra".




Le immagini di Camisa - riproposte nel post da ReportageSicilia - offrono una rassegna delle specie ittiche ancora oggi presenti nel braccio di mare che separa la Sicilia dalla Calabria: tonni, spatole, sauri ed aragoste.
Nel volume, sono inoltre presenti alcune fotografie di pesce spada e di barche utilizzate dai pescatori di Ganzirri per la cattura di questa pregiata specie ittica.




Nelle didascalie, si spiega che "lo spada vive in acque profonde, ma al tempo della riproduzione, da aprile all'estate, sale verso la superficie e si avvicina alla costa. 
I pescatori credono che a primavera passi lo Stretto tenendosi sotto la costa calabra e che più tardi ritorni seguendo l'opposta riva.
Un emigrato rimpatriato dal Mar dei Caraibi ha fatto cambiare negli ultimissimi anni il metodo di caccia allo spada.



Sino a poco tempo addietro, l'antenniere arrampicato sulla vertiginosa antenna della feluca, vigilava le acque e guidava a voce il moto di una più piccola lancia a remi, che pure aveva un uomo in vedetta, il fariere, in cima ad un palo. 
Spettava a questi, avvistato a sua volta il pesce, di condurre la barca a tiro di fiocina dalla preda.
Oggi le feluche portano in prora una passerella, un gigantesco becco lungo più della barca.
Allorché la vedetta, sull'antenna, avvista la preda a fior d'acqua, pilota la barca sino a portare l'estremità della passerella ove sta il fiociniere al disopra dell'ignaro pesce spada.




Le barche dotate di passerella si sono moltiplicate, negli ultimi quattro anni, con sbalorditiva progressione, e da meno di dieci che erano sono ora più di quattrocento.
Lo spada, che forse è il più veloce dei pesci, misura in genere due metri e più di lunghezza e pesa dai settanta ai duecento chili; una barca riesce a catturare anche quattro, cinque esemplari durante una giornata fortunata. 
Al termine della faticosa battuta il pescatore trattiene per sé la parte interna della coda, la 'stringa', boccone prelibato...".