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Turismo a Taormina. Fotografie di Alfredo Camisa tratte dall'opera "Lo Stretto di Messina e le Eolie" edita a Roma nel 1960 da "L'Editrice dell'Automobile" |
Considerata come una delle mete internazionali più note della Sicilia, Taormina ha da tempo l'aspetto delle località quasi completamente adattate ai bisogni dell'industria del turismo. Quasi tutto, a Taormina, è pensato e pianificato in funzione dei servizi da offrire al viaggiatore, italiano o straniero che sia. Alla bellezza ambientale del paesaggio - il litorale lambito dal mar Jonio, l'orizzonte segnato dalla mole dell'Etna - ed alle suggestioni architettoniche - in primo luogo, il teatro antico - si aggiunge la scansione urbana di alberghi, B&B, ristoranti, negozi di lusso o di più semplice merceologia destinati ad una clientela non locale. Taormina ha insomma un'immagine forzatamente patinata che può risultare artefatta agli occhi di un siciliano ed ai più attenti fra i turisti di nazionalità italiana.
Lo straniante adattamento della cittadina messinese alla sua dimensione turistica - e l'irreparabile perdita della sua "grazia paesana" - fu segnalato già nel luglio del 1967 dal giornalista Carlo Gaudenzi sul "Corriere della Sera":
"Ciò implica - si legge nel reportage intitolato "Folclore ambiguo a Taormina" - che sull'insegna delle farmacie sia scritto "Apotheke"; che presso i librai più distinti possiate trovare il giornale di Oslo ma non quello di Messina; che il bugigattolo della cucitrice esponga la dicitura "Sarta e modista" in sei lingue, con l'omissione dell'italiana. Queste cose non feriscono soltanto gli ipernazionalisti: Taormina può apparire come uno stand di aeroporto, dove le commesse offrono chincaglierie, souvenirs di alabastro, bambole, e gomme da masticare. Non ci si può sottrarre al fascino di Taormina, né, in una qualche misura, all'irritazione per Taormina.
L'architettura della città ha particolati preziosi, fulgidi paliotti intarsiati. Ma perché si è accolti, all'ingresso di Taormina, da uomini e bambine con le labbra dipinte, vestiti in costume da cavalleria rusticana, con tamburi, zufoli e nacchere, con gesti e capriole da saltimbanchi, danzando la tarantella? La tarantella non è siciliana: si dedica ai forestieri un ambiguo folclore. Nessuna strada ha tanti negozi di antiquariato come il corso di Taormina, ed è abbastanza curiosa ( tranne che in alcuni casi ineccepibili ) l'accezione taorminese del vocabolo "antiquario". Sono vendute, come antichità degne di venerazione, sponde di carretti siciliani, che un'accorta industria produce. Per il resto, trionfano piatti e portacenere di terracotta, con impresse frasi di augurio e sentenze. Anche gli zufoli di canna, accuratamente pitturati, sono in vendita. Si direbbe che i taorminesi abbiano l'antiquariato nel sangue; ma senza dubbio esistono negozi meno gradevoli, a Taormina, delle botteghe di antiquariato. Le mercerie, sul corso, espongono calzoncini e fiori, le pizzicherie si gloriano del loro "scatolame internazionale".
Il casinò è ancora chiuso, forse rimarrà chiuso a lungo; però esistono "night clubs" con orchestre proprie, e trattorie "poliglotte". Una specie di supermercato, che l'anno scorso non c'era, è stato aperto. Taormina è mutata negli ultimi anni, né so ritrovarne la grazia paesana. Cerco amaramente i sigilli di questa fedeltà, i residui.Quei pochi che rintraccio hanno il sapore di morte: sono gli avvisi dei lutti familiari che ingialliscono al sole..."