Vicolo Madonna della Volta, nel quartiere palermitano di Ballarò. Foto REPORTAGESICILIA |
ReportageSicilia è uno spazio aperto di pensieri sulla Sicilia, ma è soprattutto una raccolta di immagini fotografiche del suo passato e del suo presente. Da millenni, l'Isola viene raccontata da viaggiatori, scrittori, saggisti e cronisti, all'inesauribile ricerca delle sue contrastanti anime. All'impossibile fine di questo racconto, come ha scritto Guido Piovene, "si vorrebbe essere venuti quaggiù per vedere solo una delle più belle terre del mondo"
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giovedì 7 luglio 2011
SICILIA DI IERI
SICILIANDO
"Non esiste una cultura siciliana, ma esiste una profonda sfumatura siciliana che arricchisce la vita del nostro paese e che dev'essere salvata e compresa da tutti"
Eugenio Montale, 'Il Mondo', 7 luglio 1945
MEMORIA DI SALAPARUTA
Ricordo a stento quel terremoto: era la notte fra il 15 ed il 16 gennaio del 1968, ed a Palermo le scosse fecero svegliare e riversare in strada centinaia di migliaia di persone.
Ciò che non ho dimenticato sono i lunghi cortei di automobili, cariche di famiglie, di thermos e di coperte e di oggetti portati via da casa, più per timore dei furti che delle conseguenza del sisma. In via Leonardo da Vinci ed in viale Michelangelo – che allora conservavano ancora qualche area libera dai palazzi tirati su dall'edilizia mafiosa – si formarono dei piccoli accampamenti di persone, raccolte intorno ad improvvisati fuochi.
Nessuno – negli anni in cui non esistevano né i telefoni cellulari né internet – ebbe percezione che quelle scosse, nelle vicine province di Trapani e di Agrigento, avessero provocato una catastrofe: quello che d’ora in poi sarebbe stato indicato come il terremoto del Belìce.
In quella notte palermitana di bivacchi, furono rase al suolo Montevago, Gibellina e Salaparuta; gravi i danni a Santa Ninfa, Santa Margherita Belìce, Poggioreale, Partanna e Menfi; le vittime furono 232, i feriti 623, 40.000 i senza tetto. Alla devastazione ed ai lutti, come scrisse Vittorio Nisticò in ‘Accadeva in Sicilia, gli anni ruggenti dell’”Ora” di Palermo’, si aggiunsero le “vastissime aree di territorio agricolo all’improvviso paralizzate e svuotate di tante giovani energie che si affrettano a riprendere le vie dell’emigrazione”.
Il corso principale di Salaparuta, in una fotografia realizzata da Angelo Oliva nel 1964. Quattro anni dopo, l'intero centro agricolo trapanese venne completamente devastato dal terremoto |
Soltanto il giorno dopo, avuta notizia che il suo paese era ridotto ad un ammasso di macerie, mio padre partì per Salaparuta: un viaggio con la pena e con l’ansia nel cuore, aumentate di minuto in minuto dalle numerose deviazioni stradali, causate dall’inagibilità della strada provinciale che dalla SS113 conduceva ai centri del Belìce. Al suo ritorno a Palermo, aveva ancora negli occhi lo sfacelo della casa dei miei nonni, dove avevo avuto il tempo di trascorre un paio di estati: pochi giorni in tutto, dei quali conservo il ricordo di una cucina rustica ma luminosa, con le graste piene di mandorle e le bottiglie di vetro pronte ad accogliere il loro favoloso latte.
Partendo da quei fatti personali – e dal recupero di alcune vecchie fotografie realizzate da mio padre in paese negli anni precedenti alla sua distruzione – REPORTAGESICILIA offre alcune immagini inedite di Salaparuta.
Per una volta, il recupero di queste immagini non offre la possibilità di una comparazione con luoghi e paesaggi della Sicilia di oggi.
Amarcord di un calcio di altri tempi a Salaparuta: è il settembre del 1935, ed i giocatori di pallone si apprestano a calcare un terreno di gioco fatto più di pietre che di terra |
Volti di persone e scorci di luoghi scomparsi raccontano semplicemente un pezzo di ambiente dell’isola persi per sempre; senza che il Belìce – nel frattempo, 43 anni dopo – abbia trovato occasione di un vero rilancio della sua storia.
domenica 3 luglio 2011
SICILIA DI OGGI
SICILIA DI IERI
SICILIANDO
"Il fatto è che un viaggio in Sicilia rappresenta un viaggio totale alle radici nere e vermiglie del mondo. Un viaggio necessario com'è necessaria la pubertà per crescere in uomini"
Gesualdo Bufalino, 'Il fiele ibleo', Avagliano Editore, 1995
sabato 2 luglio 2011
MONDELLO, L'ESTATE DI PALERMO
In un sabato di luglio, in una Roma dal cielo che già ricorda certe giornate di fine estate – quelle di un azzurro smorto e sfrangiato da biancastre nuvole – mi arriva una telefonata da Palermo. Si parla del tempo e soprattutto del mare; ovviamente di quello di Mondello, che per tutti i palermitani – anche quelli che sono lontani dall’isola – è un luogo che entra nel proprio vissuto personale, regalando sensazioni che fanno parte della percezione stessa dell’estate: l’acqua che per decine di metri ti permette di toccare il fondo sabbioso con i piedi, per poi sprofondare nel blu; l’odore di legno impregnato di salmastro delle vecchie cabine, o quello dolciastro dell’acqua delle docce; e le grida dei venditori di ‘pollanche’ e birre ghiacciate che ogni giorno calpestano chilometri di sabbia rovente, dando invisibili occhiate alle ragazze in due pezzi sdraiate sui teli, immobili come lucertole al sole.
“Luciana G.” – una di quelle ragazze della Mondello degli anni Settanta, mi informa un fratello – “ci ha chiamati a casa; ci ha detto di essere appena tornata in città dopo avere tentato inutilmente di trovare un posto libero per sé e per la figlia, alla spiaggia attrezzata di Valdesi: alle 10 non c’era più neppure una sdraio disponibile, addirittura c’era una lista di prenotazioni! Insomma, hanno mangiato una brioche col gelato in piazza e sono andati via…”.
Luciana G. Ricordo la dolcezza dei suoi sorrisi e soprattutto il dono di un suo disegno che per anni campeggiò nella stanza di adolescente, in omaggio al mio segno zodiacale: una vignetta di Jacovitti con un sbeffeggiante ‘capricorno’ dalle corna spezzate. Da qualche parte, conservo ancora una fotografia di me ragazzino in acqua, a Mondello, con il gruppo di amici di mio fratello e di Luciana G: sullo sfondo si distinguono le boe di ferro rosse e bianche che erano allora il punto di arrivo delle lunghe nuotate dalla spiaggia al mare aperto.
Luciana G. Ricordo la dolcezza dei suoi sorrisi e soprattutto il dono di un suo disegno che per anni campeggiò nella stanza di adolescente, in omaggio al mio segno zodiacale: una vignetta di Jacovitti con un sbeffeggiante ‘capricorno’ dalle corna spezzate. Da qualche parte, conservo ancora una fotografia di me ragazzino in acqua, a Mondello, con il gruppo di amici di mio fratello e di Luciana G: sullo sfondo si distinguono le boe di ferro rosse e bianche che erano allora il punto di arrivo delle lunghe nuotate dalla spiaggia al mare aperto.
Ritratto fotografico in bella posa sulla sabbia di Mondello per una ragazza senza nome: lo scatto è stato eseguito da Angelo Oliva negli anni Trenta dello scorso secolo |
Da quella chiacchierata telefonica – e dal desiderio di mitigare la delusione di Luciana G. e della figlia, cui REPORTAGESICILIA dedica queste righe – mi è venuta voglia di postare qualche vecchia fotografia di una Mondello che non esiste più; una Mondello che tuttavia – nel ricordo che ne ho da Roma, in un sabato in cui assisto a distanza al caotico assalto all’incolore mare di Ostia e Fregene – rimane pur sempre, cara Luciana, la ‘nostra’ bellissima spiaggia palermitana…
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