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Uno scorcio del paesaggio industriale di Augusta nella metà
degli anni Sessanta dello scorso secolo.
La fotografia è di Italo Zannier ed è tratta dall’opera
“Coste d’Italia-Sicilia”, edita nel 1968 dall’ENI.
Lo sviluppo delle attività petrolchimiche, avviato nel 1950 da Angelo Moratti, ha radicalmente cambiato l’economia e gli stessi costumi sociali
di questa zona della provincia siracusana.
“Non si tratta di un processo ordinato e senza scosse – scrisse nel 1962 il giornalista Mario Farinella - bensì tumultuoso, a sprazzi, e per di più costoso, non solo nel campo strettamente economico, ma anche in quello della psicologia sociale ed individuale, per l’insorgere di squilibri e traumi prima sconosciuti”
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"E' solo qui ad Augusta che si ha il primo vero incontro con una Sicilia avviata verso i più impensati cambiamenti: sono bastati dieci anni per trasformare un popolo di zappatori angariati, di pescatori affamati da tempo immemorabile, in lavoratori consapevoli del proprio ruolo, coscienti della propria dignità, liberi, altamente qualificati.
Dodicimila operai mandano avanti gigantesche imprese come la Rasiom, la prima raffineria d'Italia e d'Europa, le Cementerie, la Petrolchimica, la Sincat che produce fertilizzanti, la Celene che fabbrica materie plastiche, la vasta centrale elettrica Tifeo.
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Gli impianti della Rasiom, la società petrolifera diretta da Angelo Moratti che per prima, nel 1950, impiantò le sue strutture industriali ad Augusta.
Secondo il giornalista Giuseppe Fava, le prime attrezzature della Rasiom furono trasferite in Sicilia da una vecchia raffineria smantellata nel Texas.
La fotografia - attribuita Publifoto - è tratta dal II volume dell'opera "Sicilia" edita nel 1962 da Sansoni e dall'Istituto Geografico De Agostini
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"Anche solo a guardare la gente, avverti che sono in corso cambiamenti rapidi negli interessi, nei costumi, persino nei sentimenti; che nascono nuovi pensieri e nuovi rapporti fra gli uomini e le cose, fra uomo e uomo; che mutano le dimensioni del presente e le prospettive dell'avvenire.
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Una foto panoramica di Augusta riferibile alla metà degli anni Cinquanta dello scorso secolo. L'immagine - anche questa tratta dal II volume della già citata opera "Sicilia" ed attribuita al fotografo Armao - documenta gli anni della trasformazione del territorio siracusano, con il progressivo passaggio da una realtà agricola a quella industriale |
"Ecco dunque. il rapido mutare delle cose e degli uomini è di questa zona l'aspetto più essenziale, quel che ne domina l'atmosfera, laddove l'immutabilità o al lentezza delle mutazioni è stata la dominante caratteristica della Sicilia e lo è ancora in tante altre sue parti.
Ma, si badi, non si tratta di un processo ordinato e senza scosse, bensì tumultuoso, a sprazzi, e per di più, costoso, non solo nel campo strettamente economico, ma anche in quello della psicologia sociale e individuale per l'insorgere di squilibri e traumi prima sconosciuti.
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Non solo ciminiere, impianti in ferro ed acciaio
e navi-cisterna alla fonda nel porto.
In questa fotografia di Armao – anch’essa pubblicata nel II volume dell’opera “Sicilia” edita da Sansoni e dall’Istituto Geografico De Agostini – il soggetto è una casa colonica, residua testimonianza di un’economia basata un tempo sulle attività agricole e pastorali
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E' il costo di ogni progresso, tanto più alto quanto più rapidamente si avanza. E la zona industriale di Augusta è forse, oggi, l'angolo d'Italia che avanza più rapidamente".
Così il giornalista nisseno Mario Farinella agli inizi degli anni Sessanta dello scorso secolo descrisse la rivoluzione industriale che dal 1950 stava cambiando l’aspetto e la società di Augusta.
Le fotografie riproposte in questo post da ReportageSicilia – tratte da alcune opere editoriali del periodo – tentato di documentare appunto quelle trasformazioni.
Sino agli inizi del secolo XX, la rada della cittadina siracusana – posta su un’isola tra due porti fra capo Santa Croce e la penisola Magnisi - era servita per lo scalo di piccoli bastimenti commerciali diretti verso altri porti siciliani, Malta ed il Mediterraneo orientale.
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In questa fotografia realizzata ancora da Armao nelle campagne di Augusta e pubblicata nel II volume dell’opera “Sicilia” si documenta la tradizionale preparazione delle conserve di pomodoro.
La ‘rivoluzione industriale’ che allora stava cambiando la società non riuscì a cancellare del tutto abitudini e consumi frutto
di una secolare cultura contadina
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La costa limitrofa era punteggiata da spiagge spesso malariche, mentre il mare ospitava triglie, pesce azzurro e soprattutto pescespada e tonni diretti a Sud, verso la punta di Pachino.
A terra, le campagne erano percorse da pastori e contadini che traevano sostentamento da folti uliveti e mandorleti.
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Negli anni del rapido sviluppo industriale, ad Augusta sopravvivono forme tradizionali di religiosità legate soprattutto alle festività di Pasqua. L'immagine ritrae una processione del Cristo morto, che dalla mezzanotte di giovedi e sino all'alba del venerdi mobilitava il paese: alcuni operai in camice bianco detti "babbalucche" trasferivano sino al Calvario - nei pressi del mare - la bara del Cristo. Ad aprire la processione erano bambine vestite da monache con il capo contornato di spine. Anche questa fotografia riproposta da ReportageSicilia - attribuita a Foto Galleria - è tratta dal II volume dell'opera "Sicilia" edita da sansoni e dall'Istituto Geografico De Agostini |
Durante la II guerra mondiale, l’ampio porto di Augusta – grazie ai suoi fondali profondi e sicuri – divenne uno dei luoghi strategici per la Marina Militare Italiana, esponendosi così alle incursioni alleate.
Quindi, a conflitto terminato, questo tratto di costa siciliana lungo 20 chilometri conobbe lo stravolgimento subìto da altre zone litoranee isolane.
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Come mostrato ancora da una fotografia di Armao, negli anni dell’industrializzazione, Augusta conservava
gli impianti delle sue storiche saline.
Ai nostri giorni, secondo una recente denuncia di “Italia Nostra”, la salvaguardia dell’area è minacciata dalla realizzazione di un nuovo lungomare:
l’opera avrebbe provocato la chiusura dei vecchi canali
che riforniscono le saline di acqua marina
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L’acciaio, il ferro ed il fuoco degli impianti petroliferi e chimici di proprietà di multinazionali straniere ed italiane mutarono per sempre ambiente e costumi locali: la corsa al lavoro in fabbrica fece aumentare redditi e consumi familiari, impoverendo però il lavoro agricolo e le colture frutticole ed orticole fra Augusta, Melilli, Lentini, Carlentini e Francofonte.
La prima industria fu appunto la Rasiom del petroliere milanese Angelo Moratti.
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In questa seconda fotografia di Zannier - tratta dalla già citata opera "Le Coste d'Italia-Sicilia", il centro abitato di Augusta si staglia in un paesaggio che conserva ancora evidenti tracce della sua matrice rurale.
Nel periodo della sua massima attività industriale, la popolazione operaia della cittadina siracusana raggiunse le 12.000 unità
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“Comperò a credito una vecchia Liberty da diecimila tonnellate che il governo americano svendeva purchè liberassero i suoi porti da questi relitti – scrisse Giuseppe Fava nel suo saggio “I Siciliani” – ci caricò una vecchia raffineria del Texas, poco più di un gigantesco sfasciume venduto a peso di rottame, una montagna di tubi, bulloni e caldaie. Reclutò dieci tecnici per montare quel ferrovecchio e farlo funzionare, fece un contratto per l’importazione di greggio ed un altro per la fornitura di benzine raffinate…”.
Negli anni successivi, gli insediamenti industriali avrebbero trasformato il porto di Augusta in uno specchio di mare costellato da decine di navi-cisterna, al punto da farne il terzo scalo navale italiano dopo Genova e Marghera.
Alla fine degli anni Settanta dello scorso secolo, gli effetti sull’ambiente marino sarebbero stati drammatici. Gli scarichi industriali avrebbero provocato l’abnorme crescita delle alghe, causando l’asfissia di pesci, crostacei e molluschi; i tonni dirottarono la loro linea di migrazione verso il largo e la tonnara di Santa Panagia chiuse per sempre l’attività. A terra, invece, luoghi come Marina di Melilli, al centro del golfo fra Siracusa ed Augusta, sarebbero stati resi insalubri dall’inquinamento dell’aria.
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Una foto aerea della penisola di Augusta attribuita alla Regia Aeronautica Militare e pubblicata nel volume del TCI "Sicilia", collana Attraverso l'Italia, edita nel 1933. Prima dello sviluppo industriale del secondo dopoguerra, l'economia locale era basata su un limitato traffico commerciale del porto e sulle attività agricole e della pesca |
Se negli ultimi anni la crisi delle attività industriali nel settore petrolifero e chimico ha ridotto ad Augusta il peso di queste attività – riducendo anche il numero degli occupati – le conseguenze negative sull’ambiente non sono cessate.
Secondo la recente denuncia della locale sezione di “Italia Nostra” http://www.italianostraaugusta.it/, poi, dopo la realizzazione di un nuovo lungomare l’area delle storiche Saline versa in stato di degrado: l’opera ha infatti richiesto la chiusura degli antichi canali che permettevano l’ingresso dell’acqua marina nei pantani durante le maree.
Il futuro di Augusta intanto potrebbe essere segnato dalla promozione di nuovi lavori portuali, grazie ad un finanziamento europeo da 100 milioni di euro. L’aspettativa è quella di potenziare la funzione commerciale della cittadina siracusana. Se ciò accadrà, nei prossimi anni assisteremo a nuove trasformazioni economiche e sociali del territorio; la speranza è che gli effetti dei cambiamenti siano meno traumatici rispetto a quanto accaduto sessant’anni fa con la comparsa dei fuochi dei primi impianti petroliferi.