Fotografie Ernesto Oliva-ReportageSicilia |
Tornare a Cefalù durante e dopo gli incendi che nei giorni scorsi hanno devastato le colline di Ogliastrillo, Campella, Monte e Sala Verde, uccidendo la 42enne Maria David, morta nel tentativo di salvare i suoi cavalli. Tornare a Cefalù ed accorgersi che i continui roghi degli ultimi decenni - a partire almeno dal 1967 - stanno cancellando la macchia mediterranea, le pinete, i sugheri e gli ulivi delle colline che, insieme al mare ed all'architettura, rendono inconfondibile il paesaggio cefaludese. La devastazione procurata dal fuoco degli incendiari intacca un luogo della Sicilia con una caratterizzazione assai marcata: quella di una città acquattata sotto la rocca di pietra dolomitica, protesa verso il mare e ben marcata dalle due torri che - pure da grande distanza - segnalano ed inquadrano la monumentale facciata del duomo. Nel 1981 - due anni dopo uno dei tanti incendi che attentano ancor oggi al patrimonio ambientale di Cefalù - Steno Vazzana ha così descritto in "Cefalù fuori le mura" ( Edizioni dell'ARNIA, Roma ) la "personalità fisionomica" di questo angolo di Sicilia:
"E' vero perciò che il volto classico di Cefalù è e sarà quello occidentale, che si specchia nei riflessi della piccola baia tra il molo e Santa Lucia, quello diffuso in tutto il mondo come una carta d'identità dalle cartoline illustrate e cari ai cefaludesi stessi, che vi si riconoscono come un ideogramma di significato apertissimo.
La vera personalità fisionomica di Cefalù è questa. Fisionomia così netta e particolare, con quel taglio nitido del promontorio, che si stacca dalle estreme propaggini delle Madonie, e della penisoletta di case che si spinge sul mare, sormontata e guardata dai torrioni della cattedrale, che questo profilo si imprime nella mente anche del turista di passaggio con il piacere che suscita una fisionomia aristocratica inconfondibile. In verità è questa la fisionomia in cui l'hanno riconosciuta i pittori - e direi quasi i ritrattisti - di Cefalù, Passafiume, Moore, Rottmann, Cassas, quella che Luigi I di Baviera volle fissata nel portico del palazzo di Nynphenburg a Monaco tra le più vedute d'Italia, come visione di bellezza goduta una volta, da godere per sempre..."