Fotografie e numeri della costruzione dell'elettrodotto che nel 1955 unì Capo Faro alla Calabria.
Il materiale documentario è tratto da un'opera edita tre anni dopo dalla Società Generale Elettrica della Sicilia
In un clima tempestoso, il 27 gennaio del 1952 nei pressi di capo Faro venne posato il primo masso di una scogliera di protezione.
L'operazione - di per sé non particolarmente impegnativa - fu il primo atto della costruzione dell'elettrodotto che poco meno di quattro anni dopo avrebbe unito la costa calabrese a quella siciliana.
Il collegamento - approvato dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici nel dicembre del 1951 - venne completato con una tempistica tutto sommato celere.
Montaggio dei tralicci sul versante messinese di Capo Faro |
L'impianto entrò in servizio il 27 dicembre 1955 ed il 15 maggio dell'anno successivo ebbe luogo l'inaugurazione ufficiale.
Un esame approfondito della progettazione e dell'esecuzione della colossale opera è contenuto nel libro "L'attraversamento elettrico dello Stretto di Messina", edito nel 1958 per conto della Società Generale Elettrica della Sicilia da Libreria DEDALO Editrice di Roma.
La rarità del libro - stampato in 1500 copie fuori commercio, ricco di fotografie e di indicazioni storiche e fisico-matematiche - ha spinto ReportageSicilia ha farne oggetto del post.
Il volume è ancor oggi uno strumento prezioso di consultazione per comprendere molti aspetti della realizzazione dell'opera, grazie anche alla pubblicazione di numerose tabelle e grafici di carattere tecnico.
Ai contenuti scientifici del testo, poi, si aggiungono poi notizie sull'andamento dei lavori che attestano la complessità e pericolosità del progetto: basti guardare le fotografie degli operai in canottiera in cima ai tralicci per avere un'idea del pionierismo che 60 anni fa accompagnò l'impresa.
I lavori delle due fondazioni dei tralicci iniziarono nell'estate del 1952; sulla sponda siciliana - a Torre Faro - furono compiuti dalla Ferrocemento, su quella calabrese - a Caporafi - dalla Cosiac.
Le operazioni di sollevamento dell'equipaggiamento di sospensione sul versante messinese |
Funambolismi per la sistemazione di un anello di amarro, utilizzato per porre in linea i cavi elettrici |
Una parte fondamentale del progetto riguardò gli studi preliminari di carattere topografico, geologico, geo-marino e meteorologico, in considerazione anche della delicata situazione sismica dell'area dello Stretto.
L'analisi di tutti i dati portò i costruttori ad escludere l'ipotesi di un collegamento elettrico tramite cavi sottomarini.
Il dettaglio di una scarpa a cingolo. Sullo sfondo, la costa calabrese |
Fasi del montaggio delle mensole, durante le fasi finali di assemblaggio del traliccio a Capo Faro |
Una vista del traliccio messinese al termine dei lavori di costruzione |
"La soglia tra il Tirreno e lo Jonio - si legge nel libro - estende fra punta Pezzo e Ganzirri con una profondità massima di circa 110 metri; a Nord ed a Sud di tale soglia il terreno subacqueo si inabissa rapidamente sino a raggiungere dopo pochi chilometri la profondità di 300 metri.
A Nord il fondo si stabilizza a tale profondità, procedendo con lento declivio fino a raggiungere i 400 metri in mare aperto, a Sud esso seguita a sprofondare fino a superare i 1000 metri di profondità al traverso di Reggio Calabria.
All'inizio del secolo venne posato un primo gruppo di cavi telegrafonici sul tracciato punta Pezzo-Ganzirri, che allora sembrò il più conveniente.
Dalla sommità del traliccio di Capo Faro lo sguardo spazia sullo Stretto e sulla spiaggia messinese |
Questi cavi furono abbandonati dopo pochi anni per il deleterio effetto delle correnti, le quali, sulla soglia, dove la Sezione dello Stretto è minima, si manifestano con la massima intensità e quasi uniformemente su tutta la sezione.
Nuovi cavi furono posti su tracciati meno tormentati dalle correnti; a Nord, su lunghezze di 15 chilometri e profondità massime di 400 metri, con acqua tranquilla, e a Sud, dove alla minor lunghezza, da 6 a 9 chilometri, fa riscontro una maggiore profondità e una ancora sensibile azione delle correnti.
Qualcuno dei cavi settentrionali dovette venire abbandonato, ma molti di più ne furono abbandonati nella zona meridionale, dove l'azione delle correnti, pur attenuata per la maggiore sezione, permane violenta...".
I cantieri per la costruzione dell'elettrodotto operarono sino all'estate del 1953; le operazioni furono difficili nel messinese, dove le fondazioni del traliccio furono realizzate su un terreno sabbioso e richiesero la messa in opera di quattro enormi pilastri in cemento precompresso e acciaio a 20 metri di profondità.
Il progetto dell'elettrodotto siculo-calabrese venne realizzato dalla Società Generale Elettrica della Sicilia, sulla base di uno studio dell'ingegnere Ferrando elaborato nel 1921 ed aggiornato dall'ingegnere Enrico Vismara.
Vista da Caporafi verso la costa messinese |
L'opera - il cui costo fu preventivato in un miliardo e 200 milioni di lire - ebbe all'epoca lo scopo di incrementare la disponibilità di energia elettrica nell'isola, i cui consumi, nel 1950, risultavano triplicati rispetto ai dati del 1938.
Tecnicamente, l'elettrodotto avrebbe lavorato con una tensione pari a 220 chilovolt e la capacità di trasporto delle due terne alla tensione definitiva sarebbe stata di 300.000 chilovolt ampere.
Gli edifici del terminale di Capo Faro |
Un tecnico alle prese con un oscillografo. Il costo di costruzione dell'elettrodotto fu di almeno un miliardo e 200 milioni di lire |
L'impresa fece registrare allora numeri da record per complessità di esecuzione e impiego di materiale.
Le due torri - ciascuna dal peso di 450 tonnellate - raggiunsero l'altezza di 224 metri e furono costruite per resistere ad un terremoto del 10 grado della scala Mercalli e a raffiche di vento sino a 150 chilometri orari.
I singoli pezzi furono costruiti a Milano ed assemblati sul posto da una squadra di 25 operai.
"Eccezionale ardimento - si legge ne "L'attraversamento elettrico dello Stretto di Messina" - è stato dimostrato dai tecnici e dalle maestranze della SAE ( Società Anonima Elettrificazione ) cui si deve il rapido e spettacolare montaggio delle torri, eseguito sotto la personale direzione dell'Ing.Bianchi.
Il lavoro è stato eseguito in due fasi: in un primo tempo è stato montato il fusto col metodo del falcone sospeso, in un secondo tempo sono state montate le mensole con un sistema di doppi falconi, che rappresentava una assoluta novità nel campo delle costruzioni metalliche.
Anche le operazioni di tesatura dei cavi si svolsero in due tempi.
Un primo mese, il giugno 1955, occorse per mettere a punto il macchinario, costruito dalla AGUDIO e un secondo mese fu impegnato in una prima serie di tentativi.
Dopo un mese di sosta e di preparazione, venne effettuato il secondo tentativo che vide il successo finale appena 22 giorni dopo l'inizio, il 22 settembre dello stesso anno".
L'area dello Stretto di Messina in una rara fotografia a colori antecedente la costruzione dell'elettrodotto. L'immagine è tratta dagli archivi dell'Ente Provinciale al Turismo di Reggio Calabria |
Il cavo conduttore dell'elettrodotto, anch'esso costruito a Milano, misurava 3653 metri e fu posto ad un'altezza minima di 70 metri per consentire il transito lungo lo Stretto di navi di grandi dimensioni.
Per l'allacciamento dei cinque conduttori elettrici, il traffico marittimo venne bloccato dal 21 a 2 agosto, non senza incidenti.
Agli inizi di luglio, gli operai in servizio sulla sponda siciliana furono costretti a mollare alcuni cavi per evitare un urto con una petroliera norvegese.
Sei anni dopo - ad impianto già funzionante - una nave brasiliana colpì con l'alberatura i cavi che erano stati abbassati sulla sponda siciliana per sostituire due conduttori: le pesanti funi precipitarono a terra danneggiando alcune case di pescatori.
Il 7 luglio del 1970, infine, l'incidente più grave nella storia dell'elettrodotto sullo Stretto: quattro operai persero la vita, sempre nella zona di Torre Faro, per la rottura di un tirante d'acciaio.