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lunedì 12 dicembre 2016

STROMBOLICCHIO, LA SICILIA DELLA COMMOZIONE

La "spaventosa bellezza" del torrione roccioso eoliano in una pagina scritta nel 1949 dallo storico palermitano  Gaetano Falzone


Gita all'isolotto di Strombolicchio
in una fotografia pubblicata
dal mensile "L'Italia" nel luglio del 1966 


Il blocco di terra siciliana più a Nord dell'Isola è l'isolotto basaltico di Strombolicchio, un miglio al largo da Stromboli.
Con la naturale bellezza dei luoghi, quest'irta roccia affiorante dal blu del Tirreno racconta una delle infinite Sicilie.
Di queste, Strombolicchio è l'Isola dalla natura ancora sovrana, in un paesaggio incorrotto, creato dalla furia vulcanica e dominato dalla forza del mare e del vento.
Dopo i suoi viaggi a vela alle Eolie, Jules Verne non a caso ambientò in quest'angolo terrestre l'epilogo del romanzo "Viaggio al centro della terra".
Più tardi, l'uomo avrebbe tentato di imporre la sua presenza sul torrione svettante di affilatissime guglie.
Si cominciò dapprima ad aggiungere gradini ai piedi dello scoglio, riprendendo un percorso vecchio di secoli; quindi, ripiano dopo ripiano, nel 1929 l'esplosivo dei genieri riuscì a spianare la vetta di Strombolicchio, accorciandone altezza dai 56 ai 43 metri.
Qui, le bombe salvarono un magnifico artificio della natura: una roccia con una testa d'animale variamente attribuita ad un cavallo o ad un ippocampo.
La costruzione di un faro non impedì negli anni successivi ai primi gruppi di turisti delle Eolie - circa 500, nel 1952 - di affrontare al tramonto la scalinata verso la vetta.




Si racconta che Strombolicchio divenne allora in quegli anni luogo notturno di incontri amorosi, con la prezzolata complicità dei pescatori di Stromboli.      
Per questi ultimi, l'isolotto era già da tempo un tumultuoso luogo di pesca, così descritto dalla "Guida Rossa" del TCI del 1919:


"Ai piedi dello scoglio sono altri scogli subacquei; le acque sono limpidissime ed in certe luci assumono colorazioni inverosimili.
Gli scogli subacquei servono anche ad ancorarvi reti verticali, che si vedono inclinarsi anche a 45 gradi per la corrente, mentre l'acqua gorgoglia battendo contro le corde tese alla superficie del mare ed i galleggianti"


Molte sono le descrizioni di Strombolicchio tramandate da viaggiatori del passato più o meno recente.
Fra le più capaci di cogliere lo spirito di questo singolarissimo angolo di Sicilia vi è quella Gaetano Falzone, pubblicata nell'ottobre del 1949 dal mensile del TCI "Le Vie d'Italia":
 
"E' a Strombolicchio che la commozione raggiunge la sua più intensa espressione.
A un miglio da Stromboli - si legge nell'articolo "Viaggio nelle isole Eolie"si erge come un tozzo castello questo scoglio basaltico che sembra essere stato squadrato da artisti con il guanto di ferro. 
Ha di contro il mare e il vento, ma a tutto fa petto con la nuda compattezza della sua roccia.


Gli uomini nei secoli hanno cercato di dominarlo e conquistarne la vetta che irride alle saette, ma invano.
Cominciarono con lo scalpellarne la base per aprirvi dei gradini.
Dovettero più volte abbandonare e riprendere la fatica.
Solo vent'anni addietro, dopo sette anni di perseverante e faticoso lavoro, una scala è stata aperta nella roccia e una terrazza sulla piattaforma, nonché collocato un faro sulla vetta.
Attraverso duecento gradini la gioventù eoliana e gli animosi turisti oggi possono ascendere alla splendida terrazza, intrecciare danze, spaziare sul mare, investigare negli anfratti del torrione dove albergano i gabbiani o germina il selvaggio fico d'India.
Spaventosamente bella deve essere l'alta roccia allorché nelle notti di tempesta si erge proterva contro gli assalti del mare.
I flutti più alti si frangono contro l'impassibile muraglia e ricadono vinti, mentre il potente faro continua a investigare la notte.
Forse non è nel Mediterraneo più terribile bastione, forse non è segno della natura più ribelle?" 




fotografie da "l'Italia" luglio 1966 

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