Dispersi nei secolari cunicoli di una cava di tufo nel maggio del 1968.
A distanza di 46 anni, il sottosuolo di Aspra non ha mai restituito alcuna traccia dei tre amici di nove, dieci ed undici anni
Il mistero della loro scomparsa risale alla sera di giovedì 9 maggio del 1968 e dopo 46 anni non ha trovato ancora soluzione.
Oggi Giuseppe La Licata, Vincenzo Astorino e Domenico D'Alcamo avrebbero rispettivamente 55, 56 e 57 anni.
I tre - all'epoca di nove, dieci ed undici anni - fanno parte di quel gruppo di sei bambini spariti nel nulla nei decenni passati in quella zona della provincia di Palermo compresa fra Aspra, Porticello e Casteldaccia.
Giuseppe, Vincenzo e Domenico furono i primi di questa tragica lista, nella borgata marinara frazione di Bagheria; nel novembre del 1970, nella frazione di Santa Flavia, fu la volta di Giovanni Bellìa di nove anni; il 31 marzo del 1992 si persero invece a Casteldaccia le tracce di Salvatore Colletta, 15 anni, e Mariano Farina di 12.
I tre bambini di Aspra, borgata di pescatori e braccianti agricoli, frequentavano la locale scuola elementare.
Usciti dal doposcuola alle quattro del pomeriggio, erano tornati a casa per posare libri e quaderni ed erano riusciti in strada dicendo ai genitori che sarebbero andati a giocare insieme.
"I tre - scrisse Vittorio Paliotti sulla "Domenica del Corriere" del 28 maggio del 1968, in un reportage dal titolo "Preghiera per tre bambini" - erano inseparabili.
Li chiamavano, mi è stato detto, 'i tre pesci' perché erano abilissimi nel nuoto, e, anzi, avevano anche un quarto amico inseparabile, Ignazio Prezioso, di dieci anni, ma quel pomeriggio, contrariamente al solito, Ignazio non si era unito a loro.
Li chiamavano, mi è stato detto, 'i tre pesci' perché erano abilissimi nel nuoto, e, anzi, avevano anche un quarto amico inseparabile, Ignazio Prezioso, di dieci anni, ma quel pomeriggio, contrariamente al solito, Ignazio non si era unito a loro.
Alle dieci di sera, dunque, visto che i tre ragazzi non erano ancora rientrati nelle abitazioni, i genitori cominciarono a stare in ansia.
Giovanni La Licata, pescatore, padre di Giuseppe, Vincenzo Astorino, muratore, padre di Vincenzo e Clemente D'Alcamo, padre di Domenico, dopo essere andati in giro qua e là per raccogliere notizie, pensarono di rivolgersi al quarto bambino, a Ignazio Prezioso, e domandare a lui se sapesse qualcosa".
Una veduta di Aspra, in una fotografia di ReportageSicilia |
Ignazio fornì un'indicazione che avrebbe d'ora in poi aggiunto un tassello fondamentale nella drammatica vicenda della scomparsa di Giuseppe, Vincenzo e Domenico.
"'Sì, io lo so dove stanno quei tre. Sono andati a esplorare le Grotte dei Saraceni. Volevano portare anche me, ma io ho rifiutato', disse Ignazio. 'Sei sicuro?' 'Sicurissimo. Sono andati perfino a comprare una candela, nella bottega della zia Maria, per farsi luce nelle grotte'.
E zia Maria, che ha proprio un emporio in piazza, confermò: nel primo pomeriggio, Giuseppe La Licata aveva acquistato, pagandolo dieci lire, un lumino".
Le grotte dei Saraceni - così chiamate perchè assicurarono rifugio alla popolazione locale nei secoli delle incursioni barbaresche in Sicilia - si trovano nel territorio fra Aspra e Bagheria; sono conosciute anche con il nome di grotte di S. Isidoro.
Si tratta di un complesso di centinaia di cavità artificiali e naturali sfruttate a partire dal periodo arabo per l'estrazione di pietre di tufo: un intrico di cunicoli collega molte di queste grotte, in condizioni di luce e di aria precarie, tali da renderne difficile la completa esplorazione.
Ad Aspra, correva voce che quarant'anni prima un uomo era impazzito dopo avere tentato di cercarvi quello che un'immancabile voce popolare indicava come un tesoro.
Gli anziani della borgata raccontavano allora che le grotte conducessero sino al mare, o addirittura sino a Palermo, distante da Aspra una quindicina di chilometri.
Qualche altro sosteneva invece che tutti i cunicoli convergessero verso un pozzo profondissimo.
Da un punto di vista tecnico, le grotte dei Saraceni altro non sono quelle che il geologo palermitano Pietro Todaro ha descritto come "muchate": lunghe gallerie di camminamento delle antiche cave di pietra edilizia.
"Ancora oggi - si legge nell'opera "Il sottosuolo di Palermo" ( Dario Flaccovio, 1988 ) - le cave di pietra in Tunisia vengono dette 'mughara' e presentano molte analogie con le 'muchate' palermitane...
Generalmente le coltivazioni venivano ubicate alla periferia della città ed iniziavano con lo scavo di una grande fossa di servizio.
Dal fondo di essa si penetrava nel sottosuolo attraverso galleria orizzontali seguendo l'andamento degli strati calcarenitici idonei ed assumendo perciò forme in pianta varie ed irregolari, spesso estese come grandi sale...
In superficie, pochi pozzi lasciati per la ventilazione, ma forse anche per l'emergenza, segnalano la presenza di queste tetre e buie cave in cui la fatica umana non aveva limiti e la notte e il giorno avevano lo stesso colore della fioca luce delle lampade ad olio posate negli incavi delle pareti...
Da un punto di vista tecnico, le grotte dei Saraceni altro non sono quelle che il geologo palermitano Pietro Todaro ha descritto come "muchate": lunghe gallerie di camminamento delle antiche cave di pietra edilizia.
"Ancora oggi - si legge nell'opera "Il sottosuolo di Palermo" ( Dario Flaccovio, 1988 ) - le cave di pietra in Tunisia vengono dette 'mughara' e presentano molte analogie con le 'muchate' palermitane...
Generalmente le coltivazioni venivano ubicate alla periferia della città ed iniziavano con lo scavo di una grande fossa di servizio.
Dal fondo di essa si penetrava nel sottosuolo attraverso galleria orizzontali seguendo l'andamento degli strati calcarenitici idonei ed assumendo perciò forme in pianta varie ed irregolari, spesso estese come grandi sale...
In superficie, pochi pozzi lasciati per la ventilazione, ma forse anche per l'emergenza, segnalano la presenza di queste tetre e buie cave in cui la fatica umana non aveva limiti e la notte e il giorno avevano lo stesso colore della fioca luce delle lampade ad olio posate negli incavi delle pareti...
Un labirinto intricato di lunghe gallerie squadrate, che il buio rendeva ancora più vaste della realtà, si sviluppa parallelamente al suolo, su uno o due ordini.
Le gallerie erano collegate da rampe inclinate e profonde fino a lambire le acque di falda, che rappresentano il limite massimo dello sfruttamento in profondità..."
Forniti del lumino acquistato da zia Maria, Giuseppe La Licata, Vincenzo Astorino e Domenico D'Alcamo si avventurarono all'interno del budello buio ed insidioso della "muchata".
Forse avevano pensato da tempo a quell'esplorazione, affascinati dalle voci della presenza del tesoro, forse spinti semplicemente da quella curiosità adolescenziale che spesso mischia il coraggio all'incoscienza.
Forse uno di loro si spinse troppo in avanti, e gli altri due tentarono di raggiungerlo, perdendo l'orientamento; e forse il lumino si spense, ed il loro cieco tentativo di ritrovare una via d'uscita ebbe fine dopo la caduta in fondo ad un profondo cunicolo.
"I pescatori di Aspra, quella sera stessa, penetrarono nelle Grotte dei Saraceni.
'Per non rischiare di smarrirmi, dato che quelle grotte sono un autentico labirinto - scrisse ancora Vittorio Paliotti - mi feci legare con una fune lunghissima e, strisciando per terra, percorsi oltre quattrocento metri.
Purtroppo, non trovai traccia dei tre bambini', mi racconta Clemente D'Alcamo, papà di Domenico.
Mentre Clemente D'Alcamo esplorava una grotta, altri pescatori, sempre legati a una fune, che fungeva da filo d'Arianna, ne esploravano altre. Ma dei ragazzi nessuna traccia.
L'indomani mattina, venerdì 10 maggio, furono avvertiti i carabinieri, i vigili del fuoco e gli agenti di pubblica sicurezza.
Ne arrivarono a centinaia, da Bagheria e da Palermo, con i gruppi elettrogeni, con le radio portatili e con i cani poliziotto.
I cani, annusati alcuni indumenti dei tre ragazzi, si diressero verso le grotte, ma non vollero entrare.
I cani, annusati alcuni indumenti dei tre ragazzi, si diressero verso le grotte, ma non vollero entrare.
Vi entrarono invece, con i carabinieri e gli agenti, i vigili del fuoco.
Siccome molte grotte hanno ingressi piccolissimi, furono scelti i vigili più magri.
'Facemmo autentiche cordate, io e i miei colleghi, tenendoci legati ciascuno a cinque metri di distanza dall'altro e per ore ed ore percorremmo strisciando ventre a terra, le grotte.
Poi dovemmo ritirarci, perché ogni tanto il terreno franava: precipitava su di noi terriccio da tutte le parti e più volte rischiammo di rimanere noi stessi seppelliti', mi racconta il brigadiere dei vigili del fuoco Giovanni De Fazio"
Le ricerche di Giuseppe, Vincenzo e Domenico durarono tre giorni e due notti: non diedero alcun risultato, anche se è probabile che non tutte le grotte - alcune delle quali poco conosciute - vennero allora esplorate con attenzione.
Le operazioni di soccorso confermarono le insidie dei cunicoli: tre pescatori di Aspra che si erano uniti ai volontari furono tratti in salvo dai vigili del fuoco dopo essere stati bloccati da una frana.
Soccorritori e forze dell'ordine presero in considerazione anche la possibilità che i tre ragazzini fossero stati portati via da un gruppo di zingari o avessero rubato un'imbarcazione e fossero annegati in mare: anche queste ipotesi non trovarono alcuna conferma.
Senza esito furono anche le verifiche di una segnalazione che indicava la presenza dei tre compagni di scuola a Torino.
Non mancarono neppure i mitomani: un uomo con problemi psichici condusse per cinque ore le ricerche dei carabinieri nelle campagne di Bagheria.
Le operazioni di soccorso confermarono le insidie dei cunicoli: tre pescatori di Aspra che si erano uniti ai volontari furono tratti in salvo dai vigili del fuoco dopo essere stati bloccati da una frana.
Soccorritori e forze dell'ordine presero in considerazione anche la possibilità che i tre ragazzini fossero stati portati via da un gruppo di zingari o avessero rubato un'imbarcazione e fossero annegati in mare: anche queste ipotesi non trovarono alcuna conferma.
Senza esito furono anche le verifiche di una segnalazione che indicava la presenza dei tre compagni di scuola a Torino.
Non mancarono neppure i mitomani: un uomo con problemi psichici condusse per cinque ore le ricerche dei carabinieri nelle campagne di Bagheria.
Anche le voci secondo cui i tre amici avessero scoperto qualcosa che non avrebbero dovuto vedere ( Bagheria è cittadina tristemente nota per vicende di mafia ) non trovarono riscontri; né del resto una tale verità dei fatti sarebbe potuta essere confermata facilmente da qualcuno.
Nei giorni successivi alla scomparsa, Aspra visse una condizione di lutto collettivo.
Il 14 maggio, venne decisa la cancellazione di una processione in onore della Madonna di Fatima.
Oltre duemila persone si raccolsero in preghiera dinanzi l'ingresso delle grotte, manifestando il dolore di un'intera comunità.
Oltre duemila persone si raccolsero in preghiera dinanzi l'ingresso delle grotte, manifestando il dolore di un'intera comunità.
Nei genitori e nei parenti di Giuseppe, Vincenzo e Domenico, l'angoscia lasciava in qualche caso spazio alla speranza; una speranza che l'amore trasformava in illusoria certezza:
"La signora Grazia Brunetto, madre di Vincenzo Astorino, è stata colta da malore. Giace riversa in un letto e ogni tanto domanda: 'sono tornati?'
Le donne che le sono accanto non rispondono, perché non hanno il coraggio di dire che non sono tornati.
Allora lei scatta dal letto:
Allora lei scatta dal letto:
'che cosa fate a fare queste facce di malaugurio?
Io dico che torneranno. Secondo me non sono andati nelle grotte. Hanno fatto l'autostop e sono andati versi il continente.
A dire che sono andati nelle grotte c'è soltanto Ignazio Prezioso.
E Ignazio può avere sbagliato'".
Io dico che torneranno. Secondo me non sono andati nelle grotte. Hanno fatto l'autostop e sono andati versi il continente.
A dire che sono andati nelle grotte c'è soltanto Ignazio Prezioso.
E Ignazio può avere sbagliato'".
All'epoca dei fatti io avevo 16 e conoscevo bene i tre ragazzi alcuni fratelli erano compagni miei di scuola.ma ora io dico xhe nn dare un altra occhiata in queste grotte con le teclogia che si sono adesso penzo che la cosa sarebbe fattibile? almeno x dare "una degno sepultura" nel caso di rivvenimento dei resti dei regazzi??
RispondiEliminaOttimo consiglio
RispondiEliminai genitori sono ancora vivi ? e cosa pensano?
RispondiEliminapoveri bambini...... :(
RispondiEliminapoveri bambini...... :(
RispondiEliminachissà come andarono davvero le cose. Troppe coincidenze e troppi bambini spariti tutti nello stesso periodo!
RispondiEliminaEcco .. era quello che stavo pensando anche io
EliminaÈ una storia talmente triste che sembra inventata.
RispondiEliminaMa hanno chiuso almeno l'ingresso
RispondiEliminaMa hanno chiuso almeno l'ingresso
RispondiEliminaTroppe sparizioni ,non vorrei che ci fosse stato qualche pazzo criminale che magari è ancora vivo!
RispondiEliminastoria triste e affascinante, sembra una sceneggiatura. Tornatore ci starà già fendo un pensierino? Poveri bambini e povere famiglie.
RispondiEliminaA me dispiace un sacco sia per i genitori e sia per i bambini... Da grande andrò a vedere cosa c'è in quelle grotte anche a costo della morte!
RispondiElimina