Il vecchio porto di Cefalù negli anni Cinquanta. La fotografia è tratta da una pubblicazione dell'Ente Provinciale per il Turismo di Palermo edita dopo il 1951 |
"Iri terra terra, comu la varca di Cefalù"
Si dice di chi si accontenta di poco, ma un tempo aveva un significato letterale: le barche di Cefalù per entrare ad una certa ora nel porto, durante la festa del patrono della città - San Salvatore - bordeggiavano lungo la spiaggia, "terra terra", appunto.
L'espressione venne ricordata nel 1957 da Calogero Di Mino in "Miti e leggende, usanze, proverbi e canti della marina di Sicilia", in "Etnografia e Folklore del mare" ( Napoli ), ed oggi è quasi del tutto dimenticata anche fra una buona parte dei cefaludesi.
La frase, così, ricorda il periodo remoto in cui le pratiche marinare dei paesi costieri siciliani finivano con lasciare traccia nel comune riferire di fatti e abitudini locali.
Tempi in cui i modi dire, i proverbi e le credenze costruite sull'arte della navigazione e della pesca costituivano - ricordava il compianto Sebastiano Tusa nel 2009 - "il corollario sovrastrutturale che ci fa percepire la ricchezza e la complessità di una civiltà che affonda le sue radici remote in un passato millenario che travalica anche la storia scritta"
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