Una fotografia di Enzo Sellerio ricorda lo storico ristorante palermitano di via Messina Marine, riproponendo volto e costume della città di sessant'anni fa
Il ricordo del ristorante Spanò in via Messina Marine si conserva nella memoria dei palermitani più anziani al pari dell'odore di alghe e salsedine che sino a mezzo secolo fa riempiva ancora l'aria di quest'angolo di costa, alla periferia orientale della città.
Il ricordo del ristorante Spanò in via Messina Marine si conserva nella memoria dei palermitani più anziani al pari dell'odore di alghe e salsedine che sino a mezzo secolo fa riempiva ancora l'aria di quest'angolo di costa, alla periferia orientale della città.
Luogo di appagamento gastronomico e di incontro informale per professionisti, intellettuali, boss mafiosi e viaggiatori stranieri, Spanò offriva freschissimo pesce e frutti di mare con l'oleografica vista sul monte Pellegrino disteso su Palermo e sul suo golfo.
Costruito su palafitte di legno, il locale - ha scritto il giornalista Francesco La Licata - fu "un antichissimo esempio di abusivismo demaniale tollerato da tutti i palermitani che andavano da Spanò per una 'botta di vita' tanto rara da potere essere raccontata per lungo tempo. Era il ristorante dove da bambino ti portavano gli zii d'America".
La fotografia del locale di Enzo Sellerio riproposta da ReportageSicilia risale al 1954, anno in cui lo scrittore James Reynolds ricordò nell'opera "Pageant of Italy" ( Putnam's Sons, New York ) un mirabile cuscus consumato proprio su un tavolo di Spanò.
Lo scatto - tratto dall'opera "Enzo Sellerio - Fotografie 1950-1989", Federico Motta Edizioni, 2000 - rievoca la semplice ospitalità offerta da questo ristorante di legno: i tavoli apparecchiati con i piatti in ceramica con il logo "Spanò" ed i tovaglioli sistemati all'interno dei bicchieri, il posacenere e la saliera in acciaio, gli 'scuri' aperti alla brezza del mare e con la vista su monte Pellegrino.
L'immagine di Sellerio è oggi un frammento di memoria di una Palermo capace di offrirsi ancora ai palermitani ed ai viaggiatori come città di mare: nel gusto dei piatti, negli odori del suo litorale allora quasi integro e nel colpo d'occhio offerto dal paesaggio.
Ancora nel 1956 la guida "Palermo" di Gaetano Falzone ( Azienda Autonoma di Turismo per Palermo e Monreale ) raccomandava la passeggiata lungo la via Messina Marine ( "località molto frequentata da bagnanti, per gli stabilimenti che vi sorgono ogni estate, e da buongustai attratti tutto l'anno da alcune trattorie sul mare, di ottima fama..." ).
Oltre al ristorante Spanò, pesce e frutti di mare erano infatti la base dei menù offerti da Di Filippo, da Santa Rita e dall'altro locale più noto della zona, Renato.
Qualche decennio dopo, la spartana accoglienza di Spanò non sarebbe stata più gradita dai clienti della Palermo ingrassata dalla speculazione edilizia mafiosa, dai traffici di droga e dall'ascesa economica di una potente classe di burocrati regionali.
Pranzi e incontri d'affari avrebbero trovato più esibito decoro e tono nei lussuosi ristoranti del centro città, come il Charleston di piazzale Ungheria: luogo anch'esso scomparso da tempo dalla storia di Palermo, città che sembra avere smarrito ogni memoria del suo passato e - purtroppo - anche la strada del suo futuro.
L'immagine di Sellerio è oggi un frammento di memoria di una Palermo capace di offrirsi ancora ai palermitani ed ai viaggiatori come città di mare: nel gusto dei piatti, negli odori del suo litorale allora quasi integro e nel colpo d'occhio offerto dal paesaggio.
Ancora nel 1956 la guida "Palermo" di Gaetano Falzone ( Azienda Autonoma di Turismo per Palermo e Monreale ) raccomandava la passeggiata lungo la via Messina Marine ( "località molto frequentata da bagnanti, per gli stabilimenti che vi sorgono ogni estate, e da buongustai attratti tutto l'anno da alcune trattorie sul mare, di ottima fama..." ).
Oltre al ristorante Spanò, pesce e frutti di mare erano infatti la base dei menù offerti da Di Filippo, da Santa Rita e dall'altro locale più noto della zona, Renato.
Qualche decennio dopo, la spartana accoglienza di Spanò non sarebbe stata più gradita dai clienti della Palermo ingrassata dalla speculazione edilizia mafiosa, dai traffici di droga e dall'ascesa economica di una potente classe di burocrati regionali.
Pranzi e incontri d'affari avrebbero trovato più esibito decoro e tono nei lussuosi ristoranti del centro città, come il Charleston di piazzale Ungheria: luogo anch'esso scomparso da tempo dalla storia di Palermo, città che sembra avere smarrito ogni memoria del suo passato e - purtroppo - anche la strada del suo futuro.
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