Il centro di Niscemi in una fotografia pubblicata nel 1965 dal IV volume di "Italia Nostra", edito da Federico Motta Editore |
Al Centro per Migranti di piazza Sant'Ambrogio 3 - un vecchio edificio di Milano oggi adibito a caserma della polizia - una mattina di marzo del 1963 si presentarono in qualche decina.
Erano uomini forti e secchi, dal volto bruno e dagli occhi scintillanti, malgrado le ore di un lunghissimo viaggio in treno cominciato da Siracusa dopo un trasferimento in pullman dalla provincia di Caltanissetta.
Ai dirigenti del Centro, il gruppetto di persone - 56 in tutto, d'età compresa fra i 25 ed i 40 anni - spiegò di essere arrivato a Milano da un paese chiamato Niscemi: una cittadina all'epoca di 26.000 abitanti affacciata sulla piana agricola e sul golfo di Gela.
Il motivo di quel trasferimento di gruppo dalle coste siciliane che guardano l'Africa alla metropoli lombarda si spiegava con una lettera recapitata qualche settimana prima a Niscemi.
Un compaesano appena emigrato a Milano aveva scritto al figlio di avere subito trovato un lavoro come manovale; e nella lettera, l'uomo quindi lo esortava a fare anche lui i bagagli per raggiungerlo in tempi brevi, che molti erano gli operai richiesti e pagati puntualmente in una città in piena crescita industriale.
La voce di quel prezioso suggerimento paterno si era sparsa in poche ore a Niscemi, correndo dai tavoli dei bar sino alle abitazioni di numerose famiglie del paese.
Dopo una breve discussione con genitori, fratelli, mogli e figli, in 56 appunto avevano deciso di risalire tutta l'Italia, occupando un'intera carrozza di treno per cercare fortuna ed un lavoro stabile a Milano.
Molti di loro decisero di investire nell'impresa vendendo i pochi averi di un qualche valore: mobilio, vecchi attrezzi da lavoro agricolo, i pochi oggetti d'oro di famiglia conservati gelosamente come i più preziosi dei tesori.
Le aspettative dei niscemesi furono presto soddisfatte.
Ottenuto un libretto di lavoro, nel giro di pochi giorni riuscirono a trovare occupazione come manovali ed operai in fonderia, soprattutto nella zona di Cinisello Balsamo.
Milano aveva accolto quel gruppo di siciliani facendoli diventare subito "milanesi".
Questo caso di emigrazione in comitiva gli affibbiò allora la qualifica di "i 56 di Niscemi": una notorietà amplificata dall'attenzione di una stampa nazionale all'epoca impegnata nel racconto - non sempre così lineare - dell'emigrazione di massa dal Sud al Nord dell'Italia.
Ai dirigenti del Centro, il gruppetto di persone - 56 in tutto, d'età compresa fra i 25 ed i 40 anni - spiegò di essere arrivato a Milano da un paese chiamato Niscemi: una cittadina all'epoca di 26.000 abitanti affacciata sulla piana agricola e sul golfo di Gela.
Il motivo di quel trasferimento di gruppo dalle coste siciliane che guardano l'Africa alla metropoli lombarda si spiegava con una lettera recapitata qualche settimana prima a Niscemi.
Un compaesano appena emigrato a Milano aveva scritto al figlio di avere subito trovato un lavoro come manovale; e nella lettera, l'uomo quindi lo esortava a fare anche lui i bagagli per raggiungerlo in tempi brevi, che molti erano gli operai richiesti e pagati puntualmente in una città in piena crescita industriale.
La voce di quel prezioso suggerimento paterno si era sparsa in poche ore a Niscemi, correndo dai tavoli dei bar sino alle abitazioni di numerose famiglie del paese.
Dopo una breve discussione con genitori, fratelli, mogli e figli, in 56 appunto avevano deciso di risalire tutta l'Italia, occupando un'intera carrozza di treno per cercare fortuna ed un lavoro stabile a Milano.
Molti di loro decisero di investire nell'impresa vendendo i pochi averi di un qualche valore: mobilio, vecchi attrezzi da lavoro agricolo, i pochi oggetti d'oro di famiglia conservati gelosamente come i più preziosi dei tesori.
Le aspettative dei niscemesi furono presto soddisfatte.
Ottenuto un libretto di lavoro, nel giro di pochi giorni riuscirono a trovare occupazione come manovali ed operai in fonderia, soprattutto nella zona di Cinisello Balsamo.
Milano aveva accolto quel gruppo di siciliani facendoli diventare subito "milanesi".
Questo caso di emigrazione in comitiva gli affibbiò allora la qualifica di "i 56 di Niscemi": una notorietà amplificata dall'attenzione di una stampa nazionale all'epoca impegnata nel racconto - non sempre così lineare - dell'emigrazione di massa dal Sud al Nord dell'Italia.
Birthplace of my father.
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