Da qualche settimana ormai in Sicilia le arance - le agrigentine "riberelle", le ovali della valle del Torto e del siracusano, le tarocco, le sanguinelle e le moro catanesi - sono tornate a riempire mercati e negozi di frutta.
Il loro costo è alla portata di tutte le tasche ed i benefici sono talmente noti da essere da anni oggetto delle campagne di promozione di associazioni mediche. Nel suo ultimo saggio intitolato "Conca d'oro" ( Sellerio, 2012 ) Giuseppe Barbera fornisce numerose e spesso sorprendenti indicazioni sulla storia delle coltivazioni agricole a Palermo.
Apprendiamo così che la prima varietà di agrumi ad essere introdotta in Sicilia fu quella dei cedri e che nei pressi del palazzo normanno della Cuba crescevano aranci amari che i palermitani di allora chiamavano "arangia": la loro presenza in città sarebbe stata segnalata per la prima volta nel 1094.
"E' in un giardino alla Guadagna, nel 1487 - scrive Barbera - che si registra una presenza eccezionale: 'arangis dulcibus', che darebbero alla Conca d'Oro il primato della coltivazione dell'arancio dolce nel Mediterraneo, cinquant'anni prima di quella che comunemente si ritiene essere l'epoca dell'introduzione a opera dei portoghesi".
Nel secolo XIX, le arance e gli agrumi isolani hanno conosciuto la loro maggiore diffusione sui mercati internazionali, anche per la scoperta delle loro proprietà mediche nella cura dello scorbuto.
"Le 'melarance' dirette nell'Italia settentrionale - si legge in "I prodotti dell'Isola del Sole', di Ettore Costanzo e Mario Liberto, edito dalla Regione Siciliana nel 2001 - venivano messe nelle casse 'tipo Genova', quelle dirette in Inghilterra e nel Nord Europa nelle 'casse inglesi' ed ancora quelle dirette oltre oceano nelle casse 'tipo America'. Anche le scorze. le essenze e il succo ( agrocotto ) degli agrumi erano oggetto di esportazione".
Scrittori e poeti e hanno nei secoli scritto delle arance, mentre disegnatori e pittori ne hanno fatto oggetto di opere che rimandano subito ad un'immagine oggi oleografica della Sicilia.
A quest'ultima categoria di artisti appartiene il palermitano Luigi Di Giovanni ( 1856-1938 ), osservatore del mondo popolare e contadino del suo tempo e del quale ReportageSicilia ripropone un disegno a pastello che ritrae un'aranciaia.
Una perfetta lettura della storia palermitani di questi agrumi si deve infine ancora alla scrittura di Giuseppe Barbera.
"Le lodi dei poeti siciliani di lingua araba - si legge in "Conca d'oro" - rimangono insuperabili nell'esprimere il valore loro assegnato: le arance sono guance dei rami, stelle degli alberi, sfere lucenti, fuoco ardente su rami di smeraldo, seni di belle ragazze e il limone che matura alla Favara "pare avere il pallore di un'amante, che ha passato la notte dolendosi per l'angoscia della lontananza".
Sono gli alberi che forniranno eterna identità estetica alla Conca d'oro, alla città 'sdraiata in una lussuria di giardini', gli ultimi ad arrendersi al 'crollo della sua umana civilità, scriveranno il garibaldino Giuseppe Cesare Abba e Vincenzo Consolo...".
Nel secolo XIX, le arance e gli agrumi isolani hanno conosciuto la loro maggiore diffusione sui mercati internazionali, anche per la scoperta delle loro proprietà mediche nella cura dello scorbuto.
"Le 'melarance' dirette nell'Italia settentrionale - si legge in "I prodotti dell'Isola del Sole', di Ettore Costanzo e Mario Liberto, edito dalla Regione Siciliana nel 2001 - venivano messe nelle casse 'tipo Genova', quelle dirette in Inghilterra e nel Nord Europa nelle 'casse inglesi' ed ancora quelle dirette oltre oceano nelle casse 'tipo America'. Anche le scorze. le essenze e il succo ( agrocotto ) degli agrumi erano oggetto di esportazione".
Raccolta di arance nelle campagne palermitane. La fotografia è tratta dal I volume dell'opera "Sicilia", edita nel 1962 da Sansoni e dall'Istituto Geografico De Agostini |
Scrittori e poeti e hanno nei secoli scritto delle arance, mentre disegnatori e pittori ne hanno fatto oggetto di opere che rimandano subito ad un'immagine oggi oleografica della Sicilia.
A quest'ultima categoria di artisti appartiene il palermitano Luigi Di Giovanni ( 1856-1938 ), osservatore del mondo popolare e contadino del suo tempo e del quale ReportageSicilia ripropone un disegno a pastello che ritrae un'aranciaia.
Una perfetta lettura della storia palermitani di questi agrumi si deve infine ancora alla scrittura di Giuseppe Barbera.
"Le lodi dei poeti siciliani di lingua araba - si legge in "Conca d'oro" - rimangono insuperabili nell'esprimere il valore loro assegnato: le arance sono guance dei rami, stelle degli alberi, sfere lucenti, fuoco ardente su rami di smeraldo, seni di belle ragazze e il limone che matura alla Favara "pare avere il pallore di un'amante, che ha passato la notte dolendosi per l'angoscia della lontananza".
Sono gli alberi che forniranno eterna identità estetica alla Conca d'oro, alla città 'sdraiata in una lussuria di giardini', gli ultimi ad arrendersi al 'crollo della sua umana civilità, scriveranno il garibaldino Giuseppe Cesare Abba e Vincenzo Consolo...".
Nessun commento:
Posta un commento