Sorgevano fra gli uliveti, ora sopravvivono nell'area di un vasto parcheggio urbano: le immagini di ReportageSicilia documentano l'oblio di un pezzo di ambiente locale a Cefalù
Resistono ancora al rischio di una demolizione, ultimi esempi di un'edilizia agricola un tempo diffusa nell'immediata periferia occidentale di Cefalù, tra le colline dell'interno e la linea di costa sempre più rocciosa man mano che ci si allontana dalla spiaggia del paese.
I due casolari rurali fotografati da ReportageSicilia sono una testimonianza di quel passato lontano in cui - come scrisse il viaggiatore scozzese John Galt in "Voyages Travels in the years 1809-10-11" - "la campagna a ovest della città è ben coltivata e l'olio dei suoi oliveti ha fama di essere il migliore della Sicilia... Le case di campagna sono linde e decorose...".
Oggi quelle terre ed i ricchi oliveti che la rendevano famose sono quasi completamente scomparse, erose dalla crescita edilizia che ha cancellato parte della bellezza di quella Cefalù che agli occhi di Galt si presentava come una città "ben costruita, ma con le strade strette".
Le vecchie costruzioni rurali - adesso in malinconico stato di abbandono - sopravvivono su una vasta spianata di terra e polvere delimitata da via Maestro Pintorno e dal lungomare Giuseppe Giardina.
L'area - che un tempo doveva accogliere gli uliveti descritti dal viaggiatore scozzese - viene oggi utilizzata come parcheggio a pagamento.
Dove un tempo lavoravano i contadini, stazionano ora automobili e camper delle schiere di turisti che affollano Cefalù: visitatori attirati dalle testimonianze artistiche e dal mare di una cittadina che dallo sviluppo del turismo trae buona parte dei suoi guadagni.
Negli ultimi anni, il territorio è stato sempre più modellato per assecondare questo processo; non senza qualche rimpianto da parte di chi - sino a qualche decennio fa - ha potuto conoscere la genuina e silenziosa bellezza del paesaggio e degli scorci del centro storico cefaludese.
Le campagne descritte da Galt sono state nel frattempo urbanizzate, e pochi turisti possono immaginare che lì dove ora parcheggiano i loro camper crescevano i migliori uliveti siciliani.
Le due vecchie costruzioni rurali ancora sopravvissute alla demolizione rappresentano così un segno di quell'ambiente agricolo perso per sempre; con esso, è scomparsa anche una parte dell'identità storica di Cefalù, meno appariscente ma certo altrettanto preziosa rispetto alle testimonianze artistiche di età normanna.
Negli ultimi anni, il territorio è stato sempre più modellato per assecondare questo processo; non senza qualche rimpianto da parte di chi - sino a qualche decennio fa - ha potuto conoscere la genuina e silenziosa bellezza del paesaggio e degli scorci del centro storico cefaludese.
Le campagne descritte da Galt sono state nel frattempo urbanizzate, e pochi turisti possono immaginare che lì dove ora parcheggiano i loro camper crescevano i migliori uliveti siciliani.
Le due vecchie costruzioni rurali ancora sopravvissute alla demolizione rappresentano così un segno di quell'ambiente agricolo perso per sempre; con esso, è scomparsa anche una parte dell'identità storica di Cefalù, meno appariscente ma certo altrettanto preziosa rispetto alle testimonianze artistiche di età normanna.
La stessa zona di Cefalù in una fotografia attribuita a "Pasta, Milano" pubblicata nell'opera di Gabriel Faure "En Sicile", edita nel 1930 da B. Arthaud a Grenoble |
L'immagine di "quella" Cefalù era ancora visibile alla fine del secolo XIX, come mostrato da una incisione pubblicata nell'opera di Gustavo Chiesi "La Sicilia illustrata nella storia, nell'arte, nei paesi", edita nel 1892 da Edoardo Sonzogno.
Ancora, traccia del volto agricolo si ritrova in una fotografia pubblicata nel 1930 in "En Sicile" di Gabriel Faure per l'editore B.Arthaud di Grenoble.
Un decennio dopo quella data - nel gennaio del 1940 - l'ingegnere ed architetto palermitano Edoardo Caracciolo, allievo di Ernesto Basile, avrebbe scritto parole oggi purtroppo dimenticate in Sicilia da molte attive "proloco".
"Credo che veramente profonda sia la gioia del turista - si legge nel reportage "L'edilizia popolare in Sicilia", pubblicato da "Le Vie d'Italia" del TCI - nel comprendere ad un tratto, o lentamente, la più intima essenza di un paese o di un popolo, nel vedere rivelati ai suoi occhi i caratteri del paesaggio e come esso si armonizzi con le opere dell'uomo e con l'indole della popolazione, creando quel profondo equilibrio nel tempo e nello spazio che i filosofi hanno intravisto e tentato di spiegare, ognuno a modo suo...".
Un decennio dopo quella data - nel gennaio del 1940 - l'ingegnere ed architetto palermitano Edoardo Caracciolo, allievo di Ernesto Basile, avrebbe scritto parole oggi purtroppo dimenticate in Sicilia da molte attive "proloco".
"Credo che veramente profonda sia la gioia del turista - si legge nel reportage "L'edilizia popolare in Sicilia", pubblicato da "Le Vie d'Italia" del TCI - nel comprendere ad un tratto, o lentamente, la più intima essenza di un paese o di un popolo, nel vedere rivelati ai suoi occhi i caratteri del paesaggio e come esso si armonizzi con le opere dell'uomo e con l'indole della popolazione, creando quel profondo equilibrio nel tempo e nello spazio che i filosofi hanno intravisto e tentato di spiegare, ognuno a modo suo...".
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RispondiEliminaL'area del parcheggio, come tutte le aree retrostanti il lungomare erano orti e agrumeti e con la presenza di senie e pozzi per l'irrigazione, non uliveti. I primi uliveti si trovano principalmente agli inizi delle zone collinari per poi ampliarsi verso Palermo ad ovest e verso Messina ad est.. Lo sviluppo edilizio degli anni 60/70 si realizzò a spese degli orti e degli agrumeti che si affacciavano sulla statale 113.
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