Nelle fotografie di Lamberto Rubino la suggestione di una città che ha conservato un rapporto di intimità con le diverse tracce del suo passato millenario
"Siete venuti almeno una volta in vita vostra a Siracusa, e ora vivete a Oslo, Stoccolma o a Copenaghen?
Non fa niente, chiudete gli occhi e rivedrete il Teatro greco e il Ginnasio, la Via delle tombe, le Latomie e l'Orecchio di Dionisio, il portale del Castello Maniace, il cortiletto del Palazzo Bellomo.
Li rivedrete inondati di quella luce diffusa che è propria della Sicilia.
E se siete in vena di malinconia, ripensate ai papiri del Ciane.
Ma se sono passati degli anni dal vostro viaggio, allora dovete tornare a Siracusa, per ammirare i tesori artistici oggi raccolti nel Museo Archeologico e, ad intender meglio come l'uomo sia stato sempre lo stesso, venite a rivedere le statuette di Tabagra che sembrano figurine del nostro tempo e ricordano le cere di Medardo Rosso; oppure, passando, date solo una sbirciata a quei vasi, pur bellissimi e vivacissimi, di cui la censura moderna vieterebbe la visione ai minori di 16 anni..."
Era il 1960 quando il geografo Ferdinando Milone invitò così i lettori del saggio "La Sicilia, la natura e l'uomo" ( Boringhieri ) a visitare o a tornare a Siracusa.
La città, nell'antichità una delle capitali del Mediterraneo - qui la flotta di Atene subì una rovinosa sconfitta - ha oggi un rapporto talmente intimo con la grandezza del suo passato e del suo patrimonio storico e architettonico da non identificarsi con un singolo monumento.
La città invoglia alla visita più che per la varietà sorprendente delle bellezze naturali e artistiche che per lo stupore provocato da uno dei suoi numerosi monumenti; il godimento del tutto è qui più forte dell'ammirazione del particolare.
Siracusa è insomma un luogo che invita i visitatori ad un soggiorno di meditazione.
La concentrazione e la varietà di luoghi e monumenti vantate dalla città è forse superiore a quella di Palermo.
Rispetto al capoluogo dell'isola, la singolarità di queste presenze ( oltre al teatro, il castello Eurialo, le latomie, il duomo metà chiesa e metà tempio, le catacombe cristiane, il barocco di Ortigia, il castello Maniace, i papiri del Ciane, i musei "Paolo Orsi" e di palazzo Bellomo ) supera per suggestione la sovrabbondanza architettonica palermitana.
Le fotografie di Lamberto Rubino riproposte da ReportageSicilia documentano questa caratteristica e sono tratte da uno dei più bei libri dedicati alla città un tempo protagonista della storia e del mito del Mediterraneo.
In "Siracusa, le pietre della memoria" ( Erre Produzioni, 1993, con introduzione di Nunziatella Saccà ), Rubino restituisce il volto di una Siracusa che non ha bisogno dei monumenti più celebri ( su tutti, il teatro ) per dimostrare la ricchezza del suo patrimonio artistico ed ambientale.
Nel testo che accompagna la raccolta delle immagini, Nunziatella Saccà scrive non a caso che "questo libro potrebbe essere considerato un contributo fotografico ad una fruizione di Siracusa come città-museo en plein air".
L'essenza unica di quest'angolo di Sicilia venne così colta da Guido Piovene nel suo celebre "Viaggio in Italia" ( Mondadori, 1957 ):
"Soltanto una mente parziale può dimenticare che questa città è nota nel mondo come regno degli dei e delle ninfe, ed importante soprattutto per altre cause, non meno oggi di ieri.
E' infatti il più complesso centro archeologico del mondo classico mediterraneo.
Ma è anche, Siracusa, una delle città in cui l'archeologia, la mitologia e la storia si sono spontaneamente disposte in modo da offrire riposi, passeggiate ed idilli.
Agli dei ed alle ninfe si è poi aggiunta la vita di un porto siciliano rivolto all'Oriente, rendendoli casalinghi come i re delle fiabe..."
La fontana di Artemide, in piazza Archimede, a Siracusa. Le fotografie del post sono di Lamberto Rubino e sono tratte dal volume "Siracusa, le pietre della memoria", edito nel 1993 da Erre Produzioni |
"Siete venuti almeno una volta in vita vostra a Siracusa, e ora vivete a Oslo, Stoccolma o a Copenaghen?
Non fa niente, chiudete gli occhi e rivedrete il Teatro greco e il Ginnasio, la Via delle tombe, le Latomie e l'Orecchio di Dionisio, il portale del Castello Maniace, il cortiletto del Palazzo Bellomo.
Li rivedrete inondati di quella luce diffusa che è propria della Sicilia.
E se siete in vena di malinconia, ripensate ai papiri del Ciane.
Ma se sono passati degli anni dal vostro viaggio, allora dovete tornare a Siracusa, per ammirare i tesori artistici oggi raccolti nel Museo Archeologico e, ad intender meglio come l'uomo sia stato sempre lo stesso, venite a rivedere le statuette di Tabagra che sembrano figurine del nostro tempo e ricordano le cere di Medardo Rosso; oppure, passando, date solo una sbirciata a quei vasi, pur bellissimi e vivacissimi, di cui la censura moderna vieterebbe la visione ai minori di 16 anni..."
Le latomie dei Cappuccini. Fotografia di Lamberto Rubino, opera citata |
Era il 1960 quando il geografo Ferdinando Milone invitò così i lettori del saggio "La Sicilia, la natura e l'uomo" ( Boringhieri ) a visitare o a tornare a Siracusa.
La città, nell'antichità una delle capitali del Mediterraneo - qui la flotta di Atene subì una rovinosa sconfitta - ha oggi un rapporto talmente intimo con la grandezza del suo passato e del suo patrimonio storico e architettonico da non identificarsi con un singolo monumento.
La città invoglia alla visita più che per la varietà sorprendente delle bellezze naturali e artistiche che per lo stupore provocato da uno dei suoi numerosi monumenti; il godimento del tutto è qui più forte dell'ammirazione del particolare.
Siracusa è insomma un luogo che invita i visitatori ad un soggiorno di meditazione.
Un monumentale ficus nell'area delle latomie di Santa Venera. Fotografia di Lamberto Rubino, opera citata |
La concentrazione e la varietà di luoghi e monumenti vantate dalla città è forse superiore a quella di Palermo.
Rispetto al capoluogo dell'isola, la singolarità di queste presenze ( oltre al teatro, il castello Eurialo, le latomie, il duomo metà chiesa e metà tempio, le catacombe cristiane, il barocco di Ortigia, il castello Maniace, i papiri del Ciane, i musei "Paolo Orsi" e di palazzo Bellomo ) supera per suggestione la sovrabbondanza architettonica palermitana.
Le fotografie di Lamberto Rubino riproposte da ReportageSicilia documentano questa caratteristica e sono tratte da uno dei più bei libri dedicati alla città un tempo protagonista della storia e del mito del Mediterraneo.
In "Siracusa, le pietre della memoria" ( Erre Produzioni, 1993, con introduzione di Nunziatella Saccà ), Rubino restituisce il volto di una Siracusa che non ha bisogno dei monumenti più celebri ( su tutti, il teatro ) per dimostrare la ricchezza del suo patrimonio artistico ed ambientale.
Nel testo che accompagna la raccolta delle immagini, Nunziatella Saccà scrive non a caso che "questo libro potrebbe essere considerato un contributo fotografico ad una fruizione di Siracusa come città-museo en plein air".
La tonnara di S.Panagia con i resti delle mura dionigiane. Fotografia di Lamberto Rubino, opera citata |
L'essenza unica di quest'angolo di Sicilia venne così colta da Guido Piovene nel suo celebre "Viaggio in Italia" ( Mondadori, 1957 ):
"Soltanto una mente parziale può dimenticare che questa città è nota nel mondo come regno degli dei e delle ninfe, ed importante soprattutto per altre cause, non meno oggi di ieri.
E' infatti il più complesso centro archeologico del mondo classico mediterraneo.
Ma è anche, Siracusa, una delle città in cui l'archeologia, la mitologia e la storia si sono spontaneamente disposte in modo da offrire riposi, passeggiate ed idilli.
Agli dei ed alle ninfe si è poi aggiunta la vita di un porto siciliano rivolto all'Oriente, rendendoli casalinghi come i re delle fiabe..."
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