Così nell'aprile del 1960 la rassegna illustrata di vita regionale "Siciliamondo" diretta da Franco Nacci ironizzava sulla debacle funzionale del nuovo aeroporto di Palermo.
Il via ai lavori era stato dato il 18 gennaio del 1959, quando il senatore Giuseppe Caron - all'epoca sottosegretario di Stato alla Difesa per l'Aviazione Civile - si era prestato ad azionare il detonatore per il primo sminamento del terreno roccioso lungo la costa palermitana prescelta per la costruzione dell'opera.
Quel giorno, la stampa venne informata con dovizia di particolari sul progetto dell'impresa SAB di Roma.
Entro otto mesi, l'aeroporto di categoria continentale avrebbe potuto disporre di prima pista da 2600 metri con larghezza di 45; nei mesi successivi, ne sarebbe stata completata una seconda, lunga oltre tre chilometri e di maggiore larghezza.
L'accordo fra ministero dell'Aeronautica ed assessorato regionale ai Lavori Pubblici prevedeva cinque miliardi di lire di spesa: due a carico della Regione, il resto dello Stato.
Lo stanziamento doveva bastare per la costruzione finale delle due piste, di un'aerostazione, della torre di controllo, delle vie di comunicazione interne e tutti gli impianti tecnici.
L'impianto - nelle intenzioni di un Consorzio composto dalla Regione, dal Comune di Palermo, dalla Camera di Commercio, dal Banco di Sicilia e dalla Cassa di Risparmio - avrebbe dovuto prendere il posto dell'aeroporto di Boccadifalco, inadeguato ad ospitare i nuovi modelli di velivoli per il trasporto civile, evoluzione del classico DC3 ( DC6, Viscount, Convair, DC7, Caravelle ed altri ).
Inoltre, la Regione premeva per chiudere un accordo - in seguito mai ratificato - con Air France: utilizzare Palermo per istituire un volo Parigi-Nizza-Palermo-Catania, in grado di alimentare i flussi turistici verso la Sicilia.
Sin dal marzo del 1956, una perizia tecnica dell'ingegnere Sebastiano D'Agostino prospettò i limiti funzionali della scelta di punta Raisi come luogo da destinare ad aeroporto.
La relazione così riassumeva i limiti operativi ( ed i rischi ) rappresentati dalle condizioni ambientali locali:
"In genere le zone marine sono esposte ai venti, e tanto più quanto esse sono aperte e piatte.
Punta Raisi costituisce un lembo avanzato sull'acqua, un 'capo', come lo dice la sua stessa indicazione toponomastica, tra i litorali di Villagrazia di Carini, da un lato, e di Terrasini dall'altro ( ad Ovest ).
La zona aeroportuale è libera è libera da ostacoli verso mare, per circa 310 gradi, con asse N-N-W.
Monte Pecoraro, che sta immediatamente a Sud, si presenta con un costone molto ripido, a distanza ravvicinata; esso costituisce, con i suoi 900 metri di altezza e con la sua parete quasi a picco ( Pizzo Angelello e Cima Bosco Tagliato ), che si protende verso l'aeroporto, un'altra causa di perturbazioni ventose.
Se potessimo visualizzare come il fumo di una sigaretta i venti marini che incontrano il monte, vedremmo i filetti incurvarsi e tendere a salire le pendici.
Ad un bel momento essi ridiscendono in giù, compiendo giri su se stessi.
Invece i venti che spirano da terra, lambendo il dorso del monte, superatene la cresta, scendono con vortici a valle, cioè, nel nostro caso, verso mare.
Quest'ultimo fenomeno si verifica in genere dove un ostacolo montuoso si frappone ad una corrente d'aria.
Le perturbazioni che ne nascono sono chiamate venti di caduta, e sono moleste alla navigazione aerea, provocando dei sobbalzamenti, che è impossibile controllare.
Si va da radi scuotimenti di piccola ampiezza a frequenti e notevoli perdite di quota che, nei casi più gravi ed a piccola distanza dal suolo, possono addirittura compromettere la piena sicurezza dell'atterraggio.
Una terza causa di perturbazioni atmosferiche a punta Raisi, più grave di quella dovuta ai venti di mare e a quelli di caduta, è costituita dalle raffiche da terra..."
Scartata l'ipotesi di costruire il nuovo aeroporto di Palermo nell'area di Torre dei Corsari fra Villabate, Ficarazzi e Bagheria - una decisione su cui pesarono opposti interessi politici e, sembra, interessi mafiosi legati all'entità degli espropri dei terreni - l'appalto di punta Raisi venne affidato senza aver bandito un concorso internazionale.
La SAB se lo aggiudicò offrendo uno sconto del 29 per cento sulla cifra di tre miliardi e mezzo prevista per le due piste e l'aerostazione.
Già all'epoca, la pratica dei subappalti avrebbe lasciato campo aperto ad imprese per lo sbancamento terra ed edili della zona di Cinisi, non estranee agli interessi del boss locali ( il giornalista Mario Francese, anni dopo, ricorderà la Sifac, fondata da Emanuele Finazzo ed Antonio Nania di Partinico, proprietaria di una cava che fornì materiale da costruzione alle ditte costruttrici ).
Superando le perplessità di tecnici e di buona parte della stampa palermitana, lo scalo venne inaugurato la sera del 2 gennaio del 1960 con l'atterraggio di un Super Convair Metropolitan 440 partito da Ciampino.L'accordo fra ministero dell'Aeronautica ed assessorato regionale ai Lavori Pubblici prevedeva cinque miliardi di lire di spesa: due a carico della Regione, il resto dello Stato.
Lo stanziamento doveva bastare per la costruzione finale delle due piste, di un'aerostazione, della torre di controllo, delle vie di comunicazione interne e tutti gli impianti tecnici.
L'impianto - nelle intenzioni di un Consorzio composto dalla Regione, dal Comune di Palermo, dalla Camera di Commercio, dal Banco di Sicilia e dalla Cassa di Risparmio - avrebbe dovuto prendere il posto dell'aeroporto di Boccadifalco, inadeguato ad ospitare i nuovi modelli di velivoli per il trasporto civile, evoluzione del classico DC3 ( DC6, Viscount, Convair, DC7, Caravelle ed altri ).
Inoltre, la Regione premeva per chiudere un accordo - in seguito mai ratificato - con Air France: utilizzare Palermo per istituire un volo Parigi-Nizza-Palermo-Catania, in grado di alimentare i flussi turistici verso la Sicilia.
Sin dal marzo del 1956, una perizia tecnica dell'ingegnere Sebastiano D'Agostino prospettò i limiti funzionali della scelta di punta Raisi come luogo da destinare ad aeroporto.
La relazione così riassumeva i limiti operativi ( ed i rischi ) rappresentati dalle condizioni ambientali locali:
"In genere le zone marine sono esposte ai venti, e tanto più quanto esse sono aperte e piatte.
Punta Raisi costituisce un lembo avanzato sull'acqua, un 'capo', come lo dice la sua stessa indicazione toponomastica, tra i litorali di Villagrazia di Carini, da un lato, e di Terrasini dall'altro ( ad Ovest ).
La zona aeroportuale è libera è libera da ostacoli verso mare, per circa 310 gradi, con asse N-N-W.
Monte Pecoraro, che sta immediatamente a Sud, si presenta con un costone molto ripido, a distanza ravvicinata; esso costituisce, con i suoi 900 metri di altezza e con la sua parete quasi a picco ( Pizzo Angelello e Cima Bosco Tagliato ), che si protende verso l'aeroporto, un'altra causa di perturbazioni ventose.
Se potessimo visualizzare come il fumo di una sigaretta i venti marini che incontrano il monte, vedremmo i filetti incurvarsi e tendere a salire le pendici.
Ad un bel momento essi ridiscendono in giù, compiendo giri su se stessi.
Invece i venti che spirano da terra, lambendo il dorso del monte, superatene la cresta, scendono con vortici a valle, cioè, nel nostro caso, verso mare.
Quest'ultimo fenomeno si verifica in genere dove un ostacolo montuoso si frappone ad una corrente d'aria.
Le perturbazioni che ne nascono sono chiamate venti di caduta, e sono moleste alla navigazione aerea, provocando dei sobbalzamenti, che è impossibile controllare.
Si va da radi scuotimenti di piccola ampiezza a frequenti e notevoli perdite di quota che, nei casi più gravi ed a piccola distanza dal suolo, possono addirittura compromettere la piena sicurezza dell'atterraggio.
Una terza causa di perturbazioni atmosferiche a punta Raisi, più grave di quella dovuta ai venti di mare e a quelli di caduta, è costituita dalle raffiche da terra..."
Scartata l'ipotesi di costruire il nuovo aeroporto di Palermo nell'area di Torre dei Corsari fra Villabate, Ficarazzi e Bagheria - una decisione su cui pesarono opposti interessi politici e, sembra, interessi mafiosi legati all'entità degli espropri dei terreni - l'appalto di punta Raisi venne affidato senza aver bandito un concorso internazionale.
La SAB se lo aggiudicò offrendo uno sconto del 29 per cento sulla cifra di tre miliardi e mezzo prevista per le due piste e l'aerostazione.
Già all'epoca, la pratica dei subappalti avrebbe lasciato campo aperto ad imprese per lo sbancamento terra ed edili della zona di Cinisi, non estranee agli interessi del boss locali ( il giornalista Mario Francese, anni dopo, ricorderà la Sifac, fondata da Emanuele Finazzo ed Antonio Nania di Partinico, proprietaria di una cava che fornì materiale da costruzione alle ditte costruttrici ).
L'aereo - con la sigla I-DOGO, piloti Ferdinando Fioretto, Plinio Santini e Renato Bucciero - completò il viaggio in un'ora e dieci minuti, toccando la pista palermitana alle 20.32.
Sin dai giorni successivi, la pista rivelò la sua debolezza operativa a causa della situazione orografica - condizionata dalla presenza del massiccio roccioso del monte Pecoraro, prospiciente il mare - e dal gioco di venti e correnti, sfavorevole ad atterraggi e decolli in condizioni di sicurezza.
Molti DC3 e Convair Metropolitan riuscirono a poggiare le ruote in pista con difficoltà con venti tesi da 30 nodi; in presenza di raffiche di scirocco, anche di minore intensità, i piloti preferirono invece dirottare l'atterraggio su un altro aeroporto.
Nel primo anno di esercizio, l'impianto palermitano fece registrare una delle alte percentuali nazionali di annullamenti e dirottamenti di voli in altri aeroporti, a cominciare da quelli di Trapani e Catania.
Fu così che l'Alitalia decise di tenere lontani da punta Raisi la flotta dei propri Caravel e dei DC8, rinunciando ad utilizzare Palermo come città di scalo per voli intercontinentali.
Solo nel 1968, con la costruzione di una pista trasversale, lo scalo avrebbe superato una parte delle criticità operative del tempo, rilanciate all'attenzione dell'opinione pubblica nel maggio del 1972, in seguito dal tragico incidente di Montagna Longa ( 115 vittime a bordo di un DC8 Alitalia ).
Molti DC3 e Convair Metropolitan riuscirono a poggiare le ruote in pista con difficoltà con venti tesi da 30 nodi; in presenza di raffiche di scirocco, anche di minore intensità, i piloti preferirono invece dirottare l'atterraggio su un altro aeroporto.
Nel primo anno di esercizio, l'impianto palermitano fece registrare una delle alte percentuali nazionali di annullamenti e dirottamenti di voli in altri aeroporti, a cominciare da quelli di Trapani e Catania.
Fu così che l'Alitalia decise di tenere lontani da punta Raisi la flotta dei propri Caravel e dei DC8, rinunciando ad utilizzare Palermo come città di scalo per voli intercontinentali.
Solo nel 1968, con la costruzione di una pista trasversale, lo scalo avrebbe superato una parte delle criticità operative del tempo, rilanciate all'attenzione dell'opinione pubblica nel maggio del 1972, in seguito dal tragico incidente di Montagna Longa ( 115 vittime a bordo di un DC8 Alitalia ).
Così dunque la rivista "Siciliamondo" scriveva con sarcasmo ad appena tre mesi dall'inaugurazione dell'aeroporto sul quale "non si scende e non si sale":
"Raise ( o meglio, 'to raise' ) in inglese significa alzare, innalzarsi.
Raisi ( o meglio, punta Raisi ) in siciliano non solo significa 'non alzarsi' ma anche 'non' atterrare.
Colpa dei venti, dicono, riferendosi sia ai venti, correnti d'aria che disturbano i voli, che ai venti grandi tecnici, periti e competenti che hanno studiato, approfondito e decretato uno dei più consistenti Oscar dello Spreco mai realizzato in Sicilia.
Intanto quattro miliardi e rotti ( ed i rotti dei miliardi sono sempre almeno dei milioni ) infischiandosi dei venti, delle correnti e delle proposte, hanno preso ormai il volo ed a Palermo è rimasto un aeroporto internazionale di puro carattere teorico, mentre l'aeroporto di Boccadifalco, che funzionava regolarmente, è in disarmo e nel più favorevole dei casi si ha sempre il diversivo di una scarrozzata finale di almeno un'ora per raggiungere il centro della città.
Ci viene comunicato intanto che all'aeroporto di Roma già funzionano dei regolari sportelli dove i viaggiatori diretti a Palermo possono scommettere per indovinare dove si atterrerà.
Trapani generalmente viene data alla pari, Pantelleria a 3, Catania a 6, Tunisi a 15 e Palermo a 30, perché proprio lì è molto difficile toccare terra.
Altri diversivi si hanno poi con i così detti 'viaggi circolari'.
Così un viaggiatore parte da Roma per andare a Palermo per motivi urgenti.
L'aereo arriva su punta Raisi, vede che non può atterrare e lo porta a pernottare a Catania.
Il giorno dopo, si riparte da Catania per Palermo.
L'aereo ripiomba su punta Raisi, il pilota vede che non può atterrare e prosegue per Tunisi o Trapani.
Qui il viaggiatore può o prendere un automezzo per percorrere i cento chilometri che lo dividono da Palermo o sperare ancora.
Così l'indomani l'aereo riparte da Trapani, arriva ancora una volta su punta Raisi, vede che non può atterrare e se ne ritorna con tutto il suo carico a Roma.
Dove, all'arrivo, sono pronte le autoambulanze per praticare immediatamente le necessarie iniezioni anti rabbiche ed applicare le camicie di forza nei casi più gravi di sconvolgimento mentale.
Nel frattempo a Palermo ed a Roma sorgono i nuovi progetti per rimediare al fattaccio: pista sul mare, nuova pista in diagonale, getti di aria compressa controvento per neutralizzare le correnti disturbatrici, galleria d'atterraggio scavata nella montagna in modo da eliminare definitivamente i venti e altri casi.
Un giorno forse si deciderà in merito, poi si comincerà a costruire, appena finito ci si accorgerà di avere sbagliato e si ricomincerà un'altra volta.
Passeranno così gli anni e si continuerà ad attendere.
Poi infine verranno i razzi per viaggiatori e gli aeroporti saranno inutili.
E naturalmente, proprio allora Palermo riceverà il suo aeroporto funzionante, definitivo e controvento..."
Quale sarebbe la data dell'avvio della costruzione per la terza pista trasversale?
RispondiElimina