Dolente l'uno, caustico l'altro: tolte le maschere da guitti dello spettacolo, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia così si scoprirono in una rara intervista concessa nel 1972 alla "Domenica del Corriere"
Nel marzo del 1972 Franco Franchi - nome d'arte di Francesco Benenato - e Francesco "Ciccio" Ingrassia avevano 44 e 49 anni.
La coppia era allora all'apice della notorietà.
Nel 1967 si era presentata alla ribalta televisiva in "Partitissima", conquistandosi i favori del pubblico e i primi giudizi sprezzanti dei critici, che li avevano bollati come "mestieranti della risata" o "guitti con cervello da ragionieri".
Incuranti di quegli apprezzamenti, Franchi aveva inciso numerosi dischi ed era arrivato secondo ad un Festival di Napoli con il motivo "Il divorzio".
Ingrassia, sempre nel 1972, aveva invece ottenuto buone recensioni per la sua interpretazione della tragica figura di vittima della mafia nel film di Florestano Vancini "La violenza, quinto potere".
Entrambi avevano da poco registrato il teleromanzo "Pinocchio" nei ruoli del Gatto e della Volpe, oggi ricordato come una delle più apprezzate produzioni Rai del periodo.
L'incessante proposta di film incentrati sulla loro semplice forza caricaturale, relegava tuttavia Franchi ed Ingrassia ai margini delle considerazioni della critica più ortodossa.
Da tempo residenti a Roma, agli inizi di quel 1972 i due attori palermitani stavano per completare negli studi De Paolis le riprese del film "I 2 gattoni a 9 code... e mezza ad Amsterdam", parodia de "Il gatto a nove code" di Dario Argento.
Diretti dal romano Osvaldo Civirani ( nelle locandine il suo nome era nascosto dalla pseudonimo di Richard Kean ), Franchi ed Ingrassia stavano per raggiungere in quei giorni il traguardo dei 110 film a basso costo ed a scarsa qualità artistica.
La pellicola, prodotta in un paio di settimane grazie ad un budget di 60 milioni di lire, non ha lasciato il ricordo di particolari meriti cinematografici.
Durante le riprese, tuttavia, i due - che in quel film interpretavano il ruolo di giornalisti - rilasciarono ad un cronista una delle rare interviste concesse in quegli anni alla stampa.
"Franchi ed io - spiegò allora Ciccio - non concediamo mai interviste, non ci siamo mai per nessuno. Sa perché? Perché nessun giornalista ha mai scritto la verità su di noi e tutti si sono sempre divertiti a fare sfoggio di cultura alle nostre spalle".
"Franchi ed io - spiegò allora Ciccio - non concediamo mai interviste, non ci siamo mai per nessuno. Sa perché? Perché nessun giornalista ha mai scritto la verità su di noi e tutti si sono sempre divertiti a fare sfoggio di cultura alle nostre spalle".
A vincere la riluttanza dei due attori ed a firmare il reportage fu Giovanna Grassi, che avrebbe pubblicato l'articolo sulle pagine del "Domenica del Corriere" del 21 marzo del 1972 con il titolo "Il nostro vero pubblico è quello dei bambini".
Oggi ReportageSicilia ripropone buona parte di quella testimonianza giornalistica e le fotografie che illustrarono il servizio della Grassi.
Le risposte dei due attori - dolenti quelle di Franchi, spesso caustiche quelle di Ingrassia - restituiscono un volto poco noto di entrambi, diverso da quello ridanciano consegnato a pubblico e censori dai loro film.
L'inviata del settimanale avvicinò Franco e Ciccio durante una pausa tra un ciak e l'altro.
Il primo si era rinchiuso nel suo camerino; seduto su un divano di plastica, mangiava pasta e fagioli servendosi con un mestolo da un grande pentolone.
Il secondo, nascosto dietro una tenda del ristorante della De Paolis, era concentrato al tavolo di una partita a scopone scientifico insieme ad alcuni tecnici di produzione.
Terminato il suo pranzo, fu Franco Franchi a rispondere per primo alle domande della giornalista, non senza sottoporsi all'ennesimo ricordo dei duri tempi della gavetta in strada a Palermo ed in altre piazze della Sicilia, quando i due "guitti" attingevano a piene mani al repertorio di Totò e Rascel.
GRASSI
"Riuscivate a far ridere le persone?"
FRANCHI
"Sì, e ci riusciamo ancora. Magari un pò meno perché ridiamo meno anche noi. Io, poi, non ho mai riso. Mi sentivo un ignorante, un burino e soffrivo. Perché dentro di me c'erano e ci sono cose belle. Ho letto tanto, sa, studiato, viaggiato. E sono diventato ancora più triste. Da due anni ho smesso di leggere per non diventare infelice del tutto. Vede quella chitarra? Me la porto sempre dietro. La musica mi piace, non mi stanca mai. Ho centinaia di canzoni scritte e musicate da me nei cassetti; a casa mia invito dei quartetti d'archi, dei violinisti celebri. Ascolto Bach, Brahms. Colleziono dischi d'operetta"
GRASSI
"Ha una bella casa?"
FRANCHI
"L'avevo comperata, una casa nobile ai Parioli. Era triste, mi annoiavo. Sono tornato nel quartiere Tuscolano, in via Cave. Sulle scale c'è odore di questo minestrone, ma io mi sento a casa. Ho una bella macchina, una Maserati. E' una delle mie poche debolezze. Ho i miei due bambini, Maria Letizia di undici anni e Massimo di sei, che occupano ogni mio momento libero. Spero che non mi pugnalino mai in futuro alle spalle: io non mi vergogno del mio lavoro, loro non si vergogneranno mai di me. Ingrassia ed io abbiamo detto di non a decine di pellicole 'nude', a tutti i 'decameroncini' sessuali. Magari la nostra satira è un pò volgare: ma tutto si ferma lì. I bambini sono il nostro vero pubblico"
GRASSI
"La imbarazza la bruttezza?"
FRANCHI
"Io sono sempre stato bene così. Anche un rospo, un topo, sono sicuro, potendo, non cambierebbero le loro sembianze. Ho gli occhi rotondi, i denti malformati, ma sono franchi. Mi piace Marlon Brando, questo sì. Lo ammiro come attore e la sua faccia mi affascina. Sordi, Tognazzi, Manfredi? No, non sono comici, ma attori legati a situazioni comiche. Io vaso a rivedermi Buster Keaton: entro alla chetichella, quasi vergognandomi, mi siedo nelle ultime file, sono capace di vedere tre volte di seguito un suo film: e, vedendolo, piango. No, non per allegria, ma per malinconia"
GRASSI
"Perchè continuate a girare questi filmacci?"
FRANCHI
"Non sono filmacci, ma film come tanti altri. Li facciamo in due settimane, a getto continuo, è vero. Ma anche i giornalini per ragazzi escono tutte le settimane. D'altro canto, quando abbiamo girato il film 'impegnato', 'Principe coronato cerca ricca ereditiera', è stato un fallimento"
GRASSI
"Rimpianti?"
FRANCHI
"Sì: avere interpretato una brutta edizione di 'Don Chisciotte'. Rifare bene quel film è il sogno più vero di Ciccio e anche il mio. Noi siamo Don Chisciotte e Sancho Panza. Io ho anche problemi religiosi, per non parlare poi di quelli morali. Le tentazioni sono tante. Non vado mai a una festa, sa? Mai fotografato Franchi in un night o a una prima: sono un asociale. Lo rimarrò tutta la vita anche se la gente pensa che sia un estroverso, uno dalla cadenza dialettale e dalla trovata comica facile"
INGRASSIA
"Neanch'io vado mai alle feste. Di noi tutti sanno tutto e nessuno sa nulla. Ci catalogano con facilità: ignoranti, guitti. I soldi non hanno cambiato la nostra vita, il successo non ci ha consumati dentro. Siamo ancora come ai tempi dell'avanspettacolo, forse solo un pò più amari, un pò più disincantati. L'avanspettacolo è morto. Vici De Roll non c'è più, la gente non va all'Ambra-Jovinelli o al Volturno. Cerca gli spogliarelli, il sexy facile. Franchi ed io ci guardiamo negli occhi, litighiamo per delle battute, ma riusciamo sempre a ritrovarci. E i bambini ci scrivono dopo avere visto 'I due sergenti del generale Custer', 'Due mattacchioni al Moulin Rouge', 'I due toreri'"
GRASSI
"Siete però sottoposti ad uno sfruttamento intensivo..."
INGRASSIA
"Sì, ma lo facciamo alla luce del sole e in buona fede. Senza camuffamenti intellettuali, che spesso riescono a rovinare quanto c'è di bello e vero nelle cose"
GRASSI
"Lei però veste con ottime giacche di tweed inglese, indossa maglioni di cachemire e calza scarpe di cuoio grasso. Poco fa mi ha confessato di leggere attentamente Alberto Moravia e di ammirare incondizionatamente Laurence Olivier..."
INGRASSIA
"E con questo? Dovessi leggere cento libri, studiare filosofia e recitare con Michelangelo Antonioni continuerei a girare film come 'I due mafiosi contro Al Capone'. Forse non sono Charles Chaplin, ma anche i tempi sono cambiati. Nel Sessanta siamo riusciti a far ridere, nel Settanta continuiamo a cercare di far sorridere gli italiani. La nostra non sarà una comicità universale, ma rimane pur sempre una forma di comicità"
GRASSI
"Ma non la spaventa invecchiare? Che cosa vuole dalla vita?"
INGRASSIA
"Ho 49 anni, ma il tempo si è fermato a circa dieci anni fa, quando il regista Mattoli credette per primo in me e Franchi. Credo di avere avuto già tutto dalla vita, non voglio molte altre cose. Vuol sapere se mi capita di sentirmi cretino sul set dei miei film? Sì, certo, a volte mi capita. Ma anche Leonardo da Vinci si sentiva cretino, a volte, nella vita. Eppure era un genio"
GRASSI
"Se tutti scrivessero che voi fate i tonti e gli allegri solo per guadagnarvi da vivere, il pubblico, i bambini potrebbero sentire odore di truffa..."
INGRASSIA
"Non è un peccato esaurire tutta la propria allegria sul lavoro, al massimo è una forma di onestà professionale. I nostri sono film poveri, non raffinati, e riescono a far ridere i poveri ed i ricchi: è già una grande vittoria. Ci siamo vestiti da principi, da ladri, da leoni, da frati e la gente, in cento cinematografi di periferia, ha continuato a voler bene solo a noi due. Franco Franchi e Ciccio Ingrassia"
Nel 1984, dodici anni dopo l'intervista rilasciata alla "Domenica del Corriere", Franco Franchi e Ciccio Ingrassia - reduci da liti e riappacificazioni - sarebbero stati chiamati dai fratelli Taviani sul set di "Kaos".
L'interpretazione della novella di Pirandello "La giara" li avrebbe riabilitati agli occhi della critica ufficiale come veri attori.
Molti anni prima, però, il regista Luigi Comencini aveva già pronunciato un giudizio definitivo su Franco e Ciccio:
"Sono due grandi attori, sono due uomini di spettacolo appassionati e sinceri".
Oggi ReportageSicilia ripropone buona parte di quella testimonianza giornalistica e le fotografie che illustrarono il servizio della Grassi.
Le risposte dei due attori - dolenti quelle di Franchi, spesso caustiche quelle di Ingrassia - restituiscono un volto poco noto di entrambi, diverso da quello ridanciano consegnato a pubblico e censori dai loro film.
L'inviata del settimanale avvicinò Franco e Ciccio durante una pausa tra un ciak e l'altro.
Il primo si era rinchiuso nel suo camerino; seduto su un divano di plastica, mangiava pasta e fagioli servendosi con un mestolo da un grande pentolone.
Il secondo, nascosto dietro una tenda del ristorante della De Paolis, era concentrato al tavolo di una partita a scopone scientifico insieme ad alcuni tecnici di produzione.
Terminato il suo pranzo, fu Franco Franchi a rispondere per primo alle domande della giornalista, non senza sottoporsi all'ennesimo ricordo dei duri tempi della gavetta in strada a Palermo ed in altre piazze della Sicilia, quando i due "guitti" attingevano a piene mani al repertorio di Totò e Rascel.
GRASSI
"Riuscivate a far ridere le persone?"
FRANCHI
"Sì, e ci riusciamo ancora. Magari un pò meno perché ridiamo meno anche noi. Io, poi, non ho mai riso. Mi sentivo un ignorante, un burino e soffrivo. Perché dentro di me c'erano e ci sono cose belle. Ho letto tanto, sa, studiato, viaggiato. E sono diventato ancora più triste. Da due anni ho smesso di leggere per non diventare infelice del tutto. Vede quella chitarra? Me la porto sempre dietro. La musica mi piace, non mi stanca mai. Ho centinaia di canzoni scritte e musicate da me nei cassetti; a casa mia invito dei quartetti d'archi, dei violinisti celebri. Ascolto Bach, Brahms. Colleziono dischi d'operetta"
GRASSI
"Ha una bella casa?"
FRANCHI
"L'avevo comperata, una casa nobile ai Parioli. Era triste, mi annoiavo. Sono tornato nel quartiere Tuscolano, in via Cave. Sulle scale c'è odore di questo minestrone, ma io mi sento a casa. Ho una bella macchina, una Maserati. E' una delle mie poche debolezze. Ho i miei due bambini, Maria Letizia di undici anni e Massimo di sei, che occupano ogni mio momento libero. Spero che non mi pugnalino mai in futuro alle spalle: io non mi vergogno del mio lavoro, loro non si vergogneranno mai di me. Ingrassia ed io abbiamo detto di non a decine di pellicole 'nude', a tutti i 'decameroncini' sessuali. Magari la nostra satira è un pò volgare: ma tutto si ferma lì. I bambini sono il nostro vero pubblico"
GRASSI
"La imbarazza la bruttezza?"
FRANCHI
"Io sono sempre stato bene così. Anche un rospo, un topo, sono sicuro, potendo, non cambierebbero le loro sembianze. Ho gli occhi rotondi, i denti malformati, ma sono franchi. Mi piace Marlon Brando, questo sì. Lo ammiro come attore e la sua faccia mi affascina. Sordi, Tognazzi, Manfredi? No, non sono comici, ma attori legati a situazioni comiche. Io vaso a rivedermi Buster Keaton: entro alla chetichella, quasi vergognandomi, mi siedo nelle ultime file, sono capace di vedere tre volte di seguito un suo film: e, vedendolo, piango. No, non per allegria, ma per malinconia"
GRASSI
"Perchè continuate a girare questi filmacci?"
FRANCHI
"Non sono filmacci, ma film come tanti altri. Li facciamo in due settimane, a getto continuo, è vero. Ma anche i giornalini per ragazzi escono tutte le settimane. D'altro canto, quando abbiamo girato il film 'impegnato', 'Principe coronato cerca ricca ereditiera', è stato un fallimento"
GRASSI
"Rimpianti?"
FRANCHI
"Sì: avere interpretato una brutta edizione di 'Don Chisciotte'. Rifare bene quel film è il sogno più vero di Ciccio e anche il mio. Noi siamo Don Chisciotte e Sancho Panza. Io ho anche problemi religiosi, per non parlare poi di quelli morali. Le tentazioni sono tante. Non vado mai a una festa, sa? Mai fotografato Franchi in un night o a una prima: sono un asociale. Lo rimarrò tutta la vita anche se la gente pensa che sia un estroverso, uno dalla cadenza dialettale e dalla trovata comica facile"
INGRASSIA
"Neanch'io vado mai alle feste. Di noi tutti sanno tutto e nessuno sa nulla. Ci catalogano con facilità: ignoranti, guitti. I soldi non hanno cambiato la nostra vita, il successo non ci ha consumati dentro. Siamo ancora come ai tempi dell'avanspettacolo, forse solo un pò più amari, un pò più disincantati. L'avanspettacolo è morto. Vici De Roll non c'è più, la gente non va all'Ambra-Jovinelli o al Volturno. Cerca gli spogliarelli, il sexy facile. Franchi ed io ci guardiamo negli occhi, litighiamo per delle battute, ma riusciamo sempre a ritrovarci. E i bambini ci scrivono dopo avere visto 'I due sergenti del generale Custer', 'Due mattacchioni al Moulin Rouge', 'I due toreri'"
GRASSI
"Siete però sottoposti ad uno sfruttamento intensivo..."
INGRASSIA
"Sì, ma lo facciamo alla luce del sole e in buona fede. Senza camuffamenti intellettuali, che spesso riescono a rovinare quanto c'è di bello e vero nelle cose"
GRASSI
"Lei però veste con ottime giacche di tweed inglese, indossa maglioni di cachemire e calza scarpe di cuoio grasso. Poco fa mi ha confessato di leggere attentamente Alberto Moravia e di ammirare incondizionatamente Laurence Olivier..."
INGRASSIA
"E con questo? Dovessi leggere cento libri, studiare filosofia e recitare con Michelangelo Antonioni continuerei a girare film come 'I due mafiosi contro Al Capone'. Forse non sono Charles Chaplin, ma anche i tempi sono cambiati. Nel Sessanta siamo riusciti a far ridere, nel Settanta continuiamo a cercare di far sorridere gli italiani. La nostra non sarà una comicità universale, ma rimane pur sempre una forma di comicità"
GRASSI
"Ma non la spaventa invecchiare? Che cosa vuole dalla vita?"
INGRASSIA
"Ho 49 anni, ma il tempo si è fermato a circa dieci anni fa, quando il regista Mattoli credette per primo in me e Franchi. Credo di avere avuto già tutto dalla vita, non voglio molte altre cose. Vuol sapere se mi capita di sentirmi cretino sul set dei miei film? Sì, certo, a volte mi capita. Ma anche Leonardo da Vinci si sentiva cretino, a volte, nella vita. Eppure era un genio"
GRASSI
"Se tutti scrivessero che voi fate i tonti e gli allegri solo per guadagnarvi da vivere, il pubblico, i bambini potrebbero sentire odore di truffa..."
INGRASSIA
"Non è un peccato esaurire tutta la propria allegria sul lavoro, al massimo è una forma di onestà professionale. I nostri sono film poveri, non raffinati, e riescono a far ridere i poveri ed i ricchi: è già una grande vittoria. Ci siamo vestiti da principi, da ladri, da leoni, da frati e la gente, in cento cinematografi di periferia, ha continuato a voler bene solo a noi due. Franco Franchi e Ciccio Ingrassia"
Nel 1984, dodici anni dopo l'intervista rilasciata alla "Domenica del Corriere", Franco Franchi e Ciccio Ingrassia - reduci da liti e riappacificazioni - sarebbero stati chiamati dai fratelli Taviani sul set di "Kaos".
L'interpretazione della novella di Pirandello "La giara" li avrebbe riabilitati agli occhi della critica ufficiale come veri attori.
Molti anni prima, però, il regista Luigi Comencini aveva già pronunciato un giudizio definitivo su Franco e Ciccio:
"Sono due grandi attori, sono due uomini di spettacolo appassionati e sinceri".
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