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mercoledì 15 ottobre 2014

LA VIA ETNEA DI ALFREDO MEZIO

Il mito di Verga; e poi Brancati, Aniante, Patti e De Mattei, la Birreria e la Pasticceria Svizzera ed i circoli nella strada del "dandysmo" catanese in un reportage d'inizi anni Cinquanta


Una prospettiva di piazza Stesicoro
con i resti dell'anfiteatro romano, a Catania.
Le fotografie del post sono di Federico Patellani
e sono tratte da un reportage del giornalista e saggista Alfredo Mezio
apparso sul numero di Natale del 1952 
della rivista "L'Illustrazione Italiana"

Già in passato, ReportageSicilia ha dedicato un post al ruolo della via Etnea nella quotidiana vita di Catania http://reportagesicilia.blogspot.it/2013/07/linquieta-via-etnea-di-antonio-aniante.html.
L'occasione per tornare sull'argomento è ora offerto da un reportage realizzato nel 1952 da Alfredo Mezio ( 1908-1978 ), il giornalista e saggista di Solarino che rivestì a Roma anche l'incarico di caporedattore de "Il Mondo" di Mario Pannunzio
Mezio pubblicò il suo articolo sul numero di Natale del 1952 della rivista "L'Illustrazione Italiana", dedicato alla Sicilia.
A corredare il suo testo furono le fotografie di Federico Patellani, le cui immagini illustrarono tutti gli articoli di quel numero speciale della rivista edita da Garzanti.
Di Catania, Alfredo Mezio era profondo conoscitore dell'ambiente cittadino; soprattutto, quello degli intellettuali e degli scrittori che animavano la vita culturale dei circoli e dei luoghi d'incontro pubblico. 
La via Etnea descritta da Mezio svela così il volto della Catania degli intellettuali e della borghesia nel secondo dopoguerra, tenacemente legata a consuetudini e personaggi dalla caratterizzazione quasi teatrale, assai lontana dal volto offerto in quegli anni da Palermo.
Il viale della Libertà del capoluogo della regione autonoma non rivestiva infatti per i palermitani la stessa funzione di identificazione sociale e culturale.


Una classica veduta di Catania con lo sfondo dell'Etna fumante

Nel 1952, semmai, Palermo era una città cinicamente rivolta a far fruttare i privilegi politici e clientelari legati all'attività del suo parlamento e degli assessorati regionali.
Se la via Etnea era l'immutabile luogo di esibizione di "dandy" e letterati, il viale della Libertà era quello della distruzione del suo patrimonio edilizio liberty e della costruzione dei moderni palazzi, abitati da potenti burocrati e da qualche mafioso rampante.
Così Alfredo Mezio descriveva il cuore urbano catanese:
          
"Si dice che via Etnea è un po' per i catanesi quello che via Toledo è per i napoletani; ed è vero, a patto di aggiungere che via Etnea assolve anche tutte quelle funzioni di rappresentanza mondana che a Roma sono specifiche di via Veneto e a Milano di via Montenapoleone.


Giovani catanesi su una panchina del giardino Bellini

Il Duomo, il Municipio, l'Università, il circolo dei Nobili, i Tribunali, la Birreria Svizzera, il negozio del filatelico Taccetta, la Villa Bellini: tutti i monumenti pubblici e privati che danno il tono alla città, ma che altrove sarebbero dispersi in quattro o cinque quartieri differenti, qui si trovano incorporati nello scenario settecentesco di via Etnea, che è ancora quello sul quale si posarono gli occhi di Goethe; uno scenario di pietra nera, a base di palazzetti a due piani, non molto diverso da certi aspetti della Berlino verso la fine del Settecento, salvo la pietra nera, i vespasiani e il grande cono bianco del vulcano che fa da sfondo alla città come il Fusijama delle stampe giapponesi.


La via Etnea durante lavori di risistemazione della sede stradale,
nell'ottobre del 1952

Via Etnea non è soltanto l'arteria principale del traffico cittadino, ma anche la strada da parata dei cortei, dei funerali, dei matrimoni di lusso ( i protagonisti del 'Don Giovanni in Sicilia' si sposano nella piccola chiesa della Collegiata ) la strada del dandysmo locale ( che ha il suo quartier generale alla Pasticceria Svizzera ), degli schiaffi per ragioni politiche, dei patiti della letteratura ( che un tempo facevano tappa al Caffè Brasile ).
All'epoca della clamorosa polemica fra Carducci e Rapisardi, tutta Catania fu naturalmente anti-carducciana, ma le manifestazioni più clamorose avevano luogo nella parte bassa di via Etnea, da parte degli studenti, tutte le volte che il bardo della democrazia si recava all'Università col cravattone a fiocco e il cappello a falde larghe.
In quegli anni Catania si popolò di monumenti a Cavallotti, a Garibaldi, a Mazzini, a Victor Hugo.


Carrozzelle nei pressi di piazza Duomo

Difficilmente un forestiero potrebbe spiegarsi una simile foresta di personaggi in atteggiamento profetico, se non sa che verso la fine del secolo Catania fu una delle roccaforti più robuste del radicalismo meridionale e della Fraternità Massonica.
Si può dire che tutta la giovane letteratura catanese sia cresciuta sui marciapiede di via Etnea, da Aniante, di cui molti ricordano l'eroica difesa a colpi di bastoncino contro un furioso lancio di cuscini, dopo la rappresentazione di un suo dramma su Sant'Agata, a Vitaliano Brancati, giovane redattore del 'Giornale dell'Isola', campione di fioretto e poeta dannunziano; dal mite Rodolfo de Mattei, ancora incerto tra la letteratura e il successo mondano, a Ercolino Patti che in calzoncini corti spia dalle vetrate del Circolo Unione Giovanni Verga immerso nella lettura del giornale"

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