Le cave di Lipari in una fotografia di Josip Ciganovic pubblicata nel 1974 in "Sicilia" di Aldo Pecora ( UTET ) |
"Il cavatore di pomice ha la mentalità dei minatori improvvisati, non bada ai rischi e gli infortuni sul lavoro sono frequenti, spesso mortali.
Le montagne si elevano come orridi strapiombi immacolati fino a più di trecento metri e gli operai si arrampicano avanzando un passo dietro l'altro, lentissimi, scalfendo a poco a poco le pareti levigate a colpi di piccone e facendo scivolare a valle la breccia polverosa.
Restano lassù otto ore al giorno, coi piedi appoggiati su fragili sporgenze della friabilissima parete quasi verticale, in posizione di equilibrio instabile che gli spacca la schiena"
Così nel 1960 il giornalista Francesco Rosso descrisse il duro e pericoloso lavoro dei circa 500 operai abbarbicati sui fianchi delle cave di pomice a Lipari.
In quel periodo, la produzione destinata alle fabbriche di prodotti cosmetici ed all'edilizia raggiungeva i due milioni di quintali l'anno.
La fama della pomice di Lipari - la cui estrazione è documentata dal 1680 - risale molto indietro nei secoli; si vuole infatti che sia stata utilizzata per la costruzione della cupola emisferica del Pantheon di Roma e della Cappella di Santa Maria del Fiore, a Firenze.
L'attività dei cavatori è terminata agli inizi degli anni Duemila, quando l'Unesco minacciò di mettere a rischio per questioni paesaggistiche ed ambientali la permanenza delle Eolie nella lista dei siti dichiarati "patrimonio dell'umanità".
Oggi si discute di trasformare le vecchie cave in un Parco GeoMinerario.
Sul progetto gravano però le immancabili controversie burocratiche e legali, a causa di un contenzioso fra Comune di Lipari e la curatela fallimentare della proprietà degli impianti: vicenda che ricorda uno storico dissidio sullo sfruttamento delle cave nel 1813 fra Vescovo e Comune.
La fotografia di Josip Ciganovic - tratta dall'opera di Aldo Pecora "Sicilia" ( UTET, 1974 ) - ci restituisce l'immagine delle bianchissime colline di Porticello agli inizi degli anni Sessanta; lo stesso periodo cioè in cui ancora Francesco Rosso tratteggiava così lo scenario delle cave:
"Le cave di pomice esplodono con bianchezza delirante nel sole già spuntato, piccole macchie scure arrancano sulle pareti della vertigine levigata simili a formiche dannate a scavare il vuoto, nuvole di polvere bianca salgono come incenso opaco nel cielo limpido.
Così i turisti vedono le montagne di pomice: un remoto, drammatico angolo di mondo lunare confitto nel cuore di Lipari, isola di luce azzurra..."
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