Il 12 luglio del 1954, all'età di 77 anni, un uomo moriva durante il trasporto con un'autoambulanza da una clinica palermitana al suo paese di origine, Villalba.
Quell'anziano si chiamava Calogero Vizzini; con la sua scomparsa si chiudeva un pezzo di storia di mafia siciliana, legata ancora al latifondo e ad una visione patriarcale del potere.
Le cronache raccontano che due giorni dopo, il funerale di Vizzini - per tutti i compaesani, Don Calò - venne celebrato fra decine di sontuose corone di fiori arrivate a Villalba da tutta l'Isola.
Alle esequie dell'anziano capomafia, industriale dello zolfo e possidente agrario ricchissimo, parteciparono notabili della politica locale e numerosi boss siciliani.
Di quel giorno, si tramandano alcune fotografie riprodotte in diversi saggi sulla mafia.
In una di queste, Paolino Bontade e Giuseppe Genco Russo ( succeduto a Vizzini alla guida di Cosa Nostra siciliana ), reggono i cordoni della bara del defunto.
In un'altra immagine, invece, un gruppo di donne leggono l'epitaffio funebre riportato su un catafalco all'esterno della chiesa:
"Calogero Vizzini, con l'abilità di un genio, innalzò le sorti del distinto casato, sagace dinamico mai stanco, diede benessere agli operai della terra e delle zolfare, operando sempre il bene, e si fece un nome assai apprezzato in Italia e fuori, grande nelle persecuzioni, assai più grande nelle disdette, rimase sempre sorridente, e oggi, con la pace di Cristo, ricomposto nella maestà della morte, da tutti gli amici dagli stessi avversari, riceve l'attestato più bello, fu un galantuomo"
L'immagine di quelle esequie di mafia riproposta da ReportageSicilia - senza attribuzione e pubblicata dal settimanale "Tempo" il 21 ottobre del 1958 - è invece poco conosciuta.
Ritrae un gruppo di donne di Villalba intabarrate di nero e di uomini con il cappotto al passaggio del corteo funebre: un arcaico gesto di postuma deferenza per il vecchio Don Calò in quella che Alfio Caruso ha ricordato essere stata "una caldissima giornata di luglio".
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