Festa di Sant'Alfio a Lentini
nel maggio del 1960.
Le fotografie del post
furono realizzate da Lucio Ridenti
e pubblicate dal mensile "Sicilia"
nel dicembre del 1960
"A Lentini, tutto risuona del nome di Sant'Alfio glorioso, e dei suoi due fratelli, Filadelfio e Cirino, che proteggono le case e le campagne e rendono prosperi e doviziosi soprattutto gli aranceti. Lentini fu l'ultima tappa del loro cammino verso il martirio, che si concluse il 10 maggio del 253 dopo Cristo e i lentinesi ricordano l'evento ogni anno con una serie di manifestazioni che durano tre giorni: il 9, il 10 e l'11 maggio..."
Così nel 1961 Salvatore Lo Presti descrisse la devozione dei lentinesi nei confronti di Alfio, Filadelfio e Cirino, nati in Puglia e che secondo la tradizione, già flagellati a Roma, sarebbero sbarcati in Sicilia per subire lo stesso trattamento dal prefetto Tertullo; giunti a Lentini, i tre fratelli - di 22, 21 e 19 anni - avrebbero liberato dal demonio un giovane ebreo: miracolo per il quale sarebbero stati venerati dai lentinesi. Di questa fede - e della festa patronale che si svolge nella cittadina del siracusano - scrisse nel dicembre del 1960 l'attore di teatro e giornalista Lucio Ridenti ( pseudonimo di Ernesto Scialpi ). Il suo fotoreportage a Lentini - durante i festeggiamenti del precedente mese di maggio ed intitolato "I Santi giovanetti e bellissimi" - venne pubblicato dal mensile "Sicilia", edito dall'assessorato regionale al Turismo e Spettacolo. Del paese, Ridenti sottolineò - prima della devozione religiosa - anzitutto la fama legata al commercio delle arance:
"Lentini è un piccolo centro senza paludamenti storico evidenti benché molto possa narrare a sua gloria, essendo città antichissima. Ma non ne ha il tempo, dato il fervore dei commerci attuali: crediamo sia uno dei maggiori centri, se non il primo, esportatore di agrumi. Per questo il nome di Lentini è noto in tutto il mondo; risaputissimo soprattutto nel nord Europa, in quei fasciati di nebbie, per i quali le arance e le 'lumie' sono la fiaba mediterranea del sole, il richiamo di un mondo di luce e di calore. Una cassetta di arance ad Oslo è certamente più valida che qualsiasi altra propaganda per la Sicilia, e Lentini di cassette ne manda a piramidi, e con ogni frutto quel nome si ripete sulle veline d'involto, tra svolazzi ottocenteschi ed angioletti dorati..."
Quindi Lucio Ridenti così descrisse lo spettacolo dei giochi pirotecnici in onore di Sant'Alfio e dei suoi fratelli:
"Il giovane autista che ci trasportava correva troppo; glielo facemmo osservare e rispose che eravamo partiti in ritardo per poter giungere sul luogo indicato alle dieci precise. 'Altrimenti - concluse - non ci fanno entrare nemmeno vicino alla piazza; nessuno si può più accostare per gli spari: vossìa, ora vedrà: un finimondo accade'. Riuscì a raggiungere ugualmente la piazza, proprio pochi minuti prima che davvero la chiudessero e nel modo più impensato. Avevano cintato il tratto prospiciente la chiesa come si delimita un campo spinato, ma il filo era fulmicotone e le farfalline che si susseguivano intrecciate a quel filo, a distanza di un palmo, erano petardi. Assistemmo al rito. E il 'finimondo' annunciato dall'autista, venne. Le tradizioni popolari hanno sempre un'origine, e forse quell'esultanza al fulmicotone doveva avere una sua particolare ragione; lo sospettammo durante il giorno, perché percorrendo la processione ogni quartiere della città, si rinnovavano gli spari, con la stessa regolarità del richiamo delle campane di Roma. Appena il densissimo fumo si fu diradato un poco, Sant'Alfio apparve sul sagrato, sotto un sontuoso baldacchino a sei colonne. Il santo era seduto sul trono d'argento e la sua bella veste era anche a sbalzo, nello stesso prezioso metallo, lucentissimo..."
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