Ci sono scene che, a distanza di decenni, testimoniano le stesse pratiche e gli stessi gesti di persone nate nel solco della cultura dei luoghi da loro vissuti.
Uno scorcio della borgata di Sant'Elia - luogo della sequenza scattata da Paolo Di Salvo - in una fotografia di Ezio Quiresi pubblicata dal volume 'Sicilia', edito da Sansoni nel 1962 |
Così, quando Paolo Di Salvo ha concesso a ReportageSicilia altre fotografie dal suo personale scrigno di immagini siciliane – gli scatti di un gruppo di bambini che pescano su una secca del mare palermitano di Sant’Elia, nel 1976 – il riferimento immediato è andato verso i ‘pescatorelli’ ritratti da Francesco Lo Jacono a Palermo nella seconda metà del secolo XIX; da qui la scelta di corredare questo post con un intreccio di scatti in bianco e nero di Di Salvo ed di colori di Lo Jacono, pittore che – nel giudizio dello scrittore Salvatore Spinelli, “ci ha lasciato immagini indimenticabili per la luminosità, le trasparenze, la vaporosità del cielo, le sfumature e striature di toni del mare, il vivo senso della stagione e dell’ora”.
Una tela di Francesco Lo Jacono ( Palermo 1838-1915 ) coglie un gruppo di pescatorelli che giocano alla ricerca di telline ed altre piccole prede di scoglio lungo la costa palermitana |
Da parte sua, Di Salvo ricorda che i bambini che in quella giornata di 36 anni fa pescavano sulla secca, “sono attori di un gioco appartenente ad un mondo fanciullesco, oggi profondamente modificato dalla civiltà tecnologica, che tende all’imitazione dell’attività e del lavoro degli adulti.
Il sacco di juta usato per la cattura dei pesci non è che una riproduzione rudimentale della rete strumento di lavoro; appaiono inoltre evidenti l’azione di squadra e la gerarchia dei ruoli.
Il sacco di juta usato per la cattura dei pesci non è che una riproduzione rudimentale della rete strumento di lavoro; appaiono inoltre evidenti l’azione di squadra e la gerarchia dei ruoli.
Come scriveva Giuseppe Pitrè in ‘Giuochi fanciulleschi siciliani’, in Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane, volume XIII, 1883, ‘lo spirito di imitazione è il primo e principale carattere della fanciullezza… molti dei suoi giochi… sono ripetizione, contraffazione di atti, di pratiche, di abitudini degli uomini…’”
La quasi scomparsa delle attività artigianali di pesca – sostegno economico e patrimonio culturale per migliaia di famiglie siciliane, sino a qualche anno fa – già ai nostri giorni ha cancellato la possibilità di rappresentazione di altri ‘pescatorelli’; un motivo in più per conservare memoria di quelli fissati – con diversi strumenti documentari - da Lo Jacono e da Di Salvo.
Bei ricordi di un tempo passato......., mi rivedo in quei bambini "pescatorelli" ai quali bastava un sacco di juta ed una barchetta costruita con delle latte vuote, per passare una giornata di divertimento, immedesimandosi nel ruolo e facendo un lavoro di gruppo per catturare le "prede". In effetti bastava prendere qualche muletto (cefalo) e qualche gamberetto per divenire subito felici e appagati di quel risultato.Il sole cocente non faceva impressione, un'intera giornata in acqua a piedi scalzi tra sassi e quant'altro, tra tuffi e pesca,c'è chi pescava con la "latta", c'è chi approfittando della bassa marea svuotava le buche per prendere qualche murena o cernia ed altro ancora,c'è chi scavava con le mani sott'acqua a pochi metri dalla riva per raccogliere "accielli" (vongole) ed ogni tanto sentivi un grido di qualche pescatorello "un puilpu c'è",allora tutti li per vedere. Poi al tramonto quando si intravedevano le barche di lampara alla fonda ci ritiravamo stanchi ma soddisfatti,su richiamo delle mamme che dalle terrazze o balconi gridavano " acchiana ca iè tairdu, bei tempi e bellissima Sant'Elia.
RispondiEliminaLuigi Alioto - Sant' Elia
belle immagini e haimè memorie di un passato che purtroppo non può più tornare, difficilmente potranno trovarsi delle pozze in cui la bassa marea lasci al suo interno dei pesci degni di essere così chiamati; il massacro sconsiderato del nostro territorio ormai è un dato di fatto e dal mio modesto punto di vista occorre proteggere quel che rimane. Guardare la costa palermitana dal mare è una pena infinita case e case una dietro l'altra scarichi abusivi che terminano dove magari prima c'era una spiaggia; la mia età mi impedisce di arrivare con la memoria ai tempi delle foto, ma il mio profilo di studi mi fa capire che degli scempi immani sono stati fatti e tuttora continuano a essere fatti per cui sarebbe bello che ognuno di noi possa, nel proprio piccolo, custodire quello che rimane e rendersi portatore di quel che si è perso
RispondiEliminaMauro Castellini