Molto si è già detto e scritto sull’origine della Targa Florio – la cui prima edizione risale al 1906 – e sull’impulso determinante fornito da Vincenzo Florio al successo degli sport motoristici nella Palermo degli inizi del Novecento.
Scarse sono invece le pagine che raccontano la storia della fugace comparsa in quegli anni di due marche di autovetture in città: l’APIS e l’AUDAX.
Di queste vetture ‘veteran’ non è rimasta traccia negli annali storici delle automobili italiane a causa dei ridottissimi numeri di produzione: una quindicina di esemplari in tutto.
L’insuccesso dei due marchi fu certo favorito dalla fattura artigianale dei modelli e dalla preferenza accordata dai ricchi palermitani di allora a ben più prestigiosi modelli nazionali e stranieri.
Don Vincenzo Florio, ad esempio, si spostava a bordo di una prestigiosa “Itala” mentre Don Ignazio preferiva una “De Dion”.
Don Vincenzo Florio, ad esempio, si spostava a bordo di una prestigiosa “Itala” mentre Don Ignazio preferiva una “De Dion”.
ReportageSicilia ha tratto qualche notizia sull’oscura storia delle APIS e delle AUDAX dal saggio di Mario Taccari “Palermo l’altro ieri”, edito da S.F Flaccovio nel 1966 e dal volume di Francesco Brancato “Storia dell’industria a Palermo”, pubblicato da Edizioni Giada nel 1991.
Più documentate sono le vicende dell’APIS, nata – informa Brancato - all’interno dello “stabilimento di costruzioni meccaniche con fonderia del commendatore Eugenio Oliveri, senatore del Regno”.
Oliveri – tre volte sindaco di Palermo e una presidente della Cassa di Risparmio – rilevò nel 1903 lo stabilimento dal cavaliere Pietro Corsi, lasciandogli l’incarico di direttore tecnico.
La fabbrica – ancora secondo quanto documentato da Brancato – era specializzata nella costruzione di “caldaie a vapore, macchine di estrazione, macchine motrici, pompe elettriche, motori idraulici, presse idrauliche, motori a gas”, ed, appunto, “vetture elettriche da 4 a 10 hp, vetture a benzina da 5 a 10 hp con motori a 1, 2, 4 e 8 cilindri, con o senza leva di velocità per marcia indietro, trasmissione cardan ed a catena, raffreddamento a ventilatore ( proprio brevetto ), munite di tutti i perfezionamenti finora scoperti, automobili a vapore da 25 a 50 hp”.
La fabbrica – ancora secondo quanto documentato da Brancato – era specializzata nella costruzione di “caldaie a vapore, macchine di estrazione, macchine motrici, pompe elettriche, motori idraulici, presse idrauliche, motori a gas”, ed, appunto, “vetture elettriche da 4 a 10 hp, vetture a benzina da 5 a 10 hp con motori a 1, 2, 4 e 8 cilindri, con o senza leva di velocità per marcia indietro, trasmissione cardan ed a catena, raffreddamento a ventilatore ( proprio brevetto ), munite di tutti i perfezionamenti finora scoperti, automobili a vapore da 25 a 50 hp”.
Scarne sono invece le notizie sull’attività della concorrente palermitana dell’APIS, la AUDAX di Vincenzo Pellerito, “della quale – scrisse Taccari – si videro uscire dall’officina di via Malfitano non più di cinque esemplari”.
Dallo stesso autore del saggio “Palermo l’altro ieri” apprendiamo pure di un terzo costruttore cittadino di vettura a quattro ruote: l’industriale Savettiere, “il cui prototipo – informa Taccari – doveva finire nella bottega di un rigattiere di via Calderai che se n’era assicurato il possesso a buon prezzo, settantacinque lire”.
Un secolo dopo l’avvento e la rapida scomparsa dei costruttori d’auto palermitani, la dismissione della fabbrica FIAT di Termini Imerese ha rappresentato un ben più conosciuto esempio di fallimento dell’industria automobilistica in Sicilia.
La breve storia dell’APIS e dell’AUDAX è un esempio di velleità industriali soffocate dai limiti di una semplice capacità artigianale; la chiusura dell’impianto di Termini Imerese, al contrario, appare come il frutto delle moderne logiche del profitto, capaci di cancellare ogni identità nazionale delle ( ormai poche ) automobili vendute dalle grandi case.
L'archivio del sito www.senato.it conserva una fotografia che ritrae il senatore del Regno Eugenio Oliveri, che dal 1903 fu il proprietario dello stabilimento industriale che produsse i pochi esemplari di APIS. L'officina costruiva pure caldaie a vapore, macchine motrici, pompe elettriche ed altre attrezzature meccaniche |
Strepitosi squarci di storie dimenticate di una felicissima Palermo che fù.
RispondiEliminaCarmelo
Sapevo che i siciliani sono industriali di mentalità. Ora ho la conferma
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