Le fotografie di Contessa Entellina riproposte in questo post da ReportageSicilia sono tratte da un’opera che si pose a metà strada fra lo studio antropologico e un saggio sulle dinamiche dello sviluppo della società mafiosa in Sicilia.
“La mafia in un villaggio siciliano 1860-1960, imprenditori, contadini, violenti” venne pubblicato nel 1974 a New York dall’antropologo olandese Anton Blok ( in Italia fu edito da Einaudi, 12 anni dopo ) , ed è ancora oggi un testo quasi unico nella vastissima produzione di saggi sulla mafia; il suo autore infatti lo completò analizzando il fenomeno mafioso “dall’interno”, non a partire dalla documentazione giornalistica o dagli atti giudiziari, ma dall’osservazione quotidiana dei comportamenti e della vita di relazione di una piccola comunità della Sicilia occidentale.
L’autore è uno studioso con esperienze didattiche presso le università americane del Michigan e della California ed è attualmente professore emerito presso l’Università di Amsterdam.
L’autore è uno studioso con esperienze didattiche presso le università americane del Michigan e della California ed è attualmente professore emerito presso l’Università di Amsterdam.
Come raccontato nel blog contessioto.blogspot.it – il cui autore ha riproposto in rete una “lettura collettiva” del libro – Blok, già autore di numerosi saggi sul banditismo nell’Olanda del secolo XVIII, dedicò la sua attenzione alla Sicilia trascorrendovi trenta mesi fra il 1961 ed il periodo compreso fra il 1965 ed il 1967.
Era quello un periodo in cui le cronache italiane offrivano spesso notizie riguardanti la faida mafiosa di Corleone, negli anni della definitiva affermazione della cosca di Luciano Liggio su quella di Michele Navarra, ucciso nel 1958.
L’antropologo olandese decise di raccontare le dinamiche di affermazione del banditismo e della mafia non nel paese di Liggio né in quello vicino di Bisacquino, noto per avere dato i natali al vecchio capomafia Vito Cascio Ferro.
L’antropologo olandese decise di raccontare le dinamiche di affermazione del banditismo e della mafia non nel paese di Liggio né in quello vicino di Bisacquino, noto per avere dato i natali al vecchio capomafia Vito Cascio Ferro.
La sua scelta - maturata, sembra, durante una chiacchierata in auto con un sacerdote locale, Papas Janni Di Maggio - cadde su un altro più piccolo centro del corleonese: Contessa Entellina.
Il contesto sociale ed economico del centro agricolo – dove agli inizi del XX secolo 24.000 dei 25.000 ettari di territorio erano in mano a grandi latifondisti - sembrò a Blok ideale per analizzare le dinamiche di controllo svoltovi dai mafiosi.
L’antropologo decise anche di non citare i reali nomi del paese e dei feudi, sostituendoli con toponimi non corretti o fittizi. Così, nel libro di Blok lo stesso nome di Contessa Entellina diventa “Genuardo”, termine che in realtà denomina una vicina montagna: una finzione – secondo quanto suggerito da contessioto.blogspot.it – dettata dalla volontà di “non creare malumori e difficoltà alle persone coinvolte nello studio”.
L’antropologo decise anche di non citare i reali nomi del paese e dei feudi, sostituendoli con toponimi non corretti o fittizi. Così, nel libro di Blok lo stesso nome di Contessa Entellina diventa “Genuardo”, termine che in realtà denomina una vicina montagna: una finzione – secondo quanto suggerito da contessioto.blogspot.it – dettata dalla volontà di “non creare malumori e difficoltà alle persone coinvolte nello studio”.
I giudizi sul lavoro svolto da Anton Blok in una zona della provincia di Palermo allora semisconosciuta alla comunità scientifica internazionale rimangono oggi sostanzialmente positivi.
Nel libro “Dalla mafia alle mafie”, Umberto Santino ha riassunto la ratio del saggio scrivendo che “Blok ha ricostruito la presenza mafiosa dagli inizi del XIX secolo agli anni Sessanta del XX, liquidando l’ipotesi dell’esistenza di un’organizzazione centralizzata ed analizzando i mafiosi come delegati al mantenimento dell’ordine con metodi violenti, in un contesto caratterizzato dalla debolezza dell’autorità centrale”.
Nella prefazione al saggio di Blok – che nel 1998 sarebbe tornato a Contessa Entellina per diventarne cittadino onorario – il sociologo americano Charles Tilly scrisse che l’antropologo aveva operato “una fusione tra la vita reale, osservata con partecipazione, e i grandi processi, investigati in modo penetrante”.
Nella prefazione al saggio di Blok – che nel 1998 sarebbe tornato a Contessa Entellina per diventarne cittadino onorario – il sociologo americano Charles Tilly scrisse che l’antropologo aveva operato “una fusione tra la vita reale, osservata con partecipazione, e i grandi processi, investigati in modo penetrante”.
“La caratteristica centrale della mafia, secondo Blok – si legge ancora nella prefazione di Tilly – risiede nell’uso privato della violenza illegale come strumento di controllo degli ambiti pubblici… L’importanza strategica dei legami verticali patrono-cliente, che caratterizzava i rapporti dei contadini con i diversi imprenditori e proprietari terrieri, impediva la formazione di estese solidarietà orizzontali tra i lavoratori. Il sistema nel suo complesso rendeva costoso e persino pericoloso instaurare contatti con altri villaggi e altre strutture di potere. Fino a quando l’emigrazione fu poco diffusa e la protezione dello Stato incerta, la popolazione rurale rimase esposta allo sfruttamento più intenso…”.
Una lettura del saggio offre ancor oggi un’analisi preziosa delle condizioni economiche e sociale in cui la così detta “mafia rurale” ha imposto le sue regole all’interno delle comunità siciliane: una base di potere su cui cosche e boss avrebbero poi esteso la loro influenza anche ai palazzi della politica regionale e nazionale.
Nessun commento:
Posta un commento